Riceviamo e pubblichiamo

di Franco Astengo

In pochi giorni si sono verificati alcuni fatti politici di notevole importanza destinati a modificare un “trend” in apparenza al momento ‘prevalente nel sistema politico italiano: due ex-presidenti del Consiglio, Conte e Letta, arrivano da “papi stranieri” ad assumere il comando delle operazioni nei due soggetti politici (M5S e PD) chiamati, una volta esaurita questa fase, a costituire (almeno nelle intenzioni di alcuni) l’asse per una nuova alleanza di governo.

Il Sindaco di Milano, Sala, con un altro atto di determinazione che un tempo avremmo definito come volontaristica, si sta assumendo il compito di trapiantare in Italia (fatto mai riuscito in passato) una dimensione politica ecologista posta al di fuori delle logiche di spartizione minoritaria che fin qui avevano accompagnato l’avventura dei Verdi nostrani.

L’idea espressa dal Sindaco di Milano sembra quasi essere quella di una “terza forza”, nel ruolo che un tempo avevano avuto (almeno come intenzione) i laici e i radicali.

Si tratta di tre iniziative che determinano un passaggio molto significativo nella stessa struttura del sistema.

Nel procedere delle trasformazioni intervenute a partire dalla modifica del sistema elettorale del 1993 e dello scioglimento della ” Repubblica dei partiti”, avevamo analizzato due fenomeni che si erano progressivamente imposti: quello della “personalizzazione della politica” e dell’affermarsi di una modificazione profonda nel ruolo dei partiti e dei movimenti con il passaggio dalla democrazia parlamentare a quella “del pubblico” (con il tentativo svolto dal M5S dell’uno vale uno e della partecipazione esclusiva attraverso il web) cui aveva corrisposto un’accentuazione nei meccanismi di quella che avevamo definito, forse impropriamente, “autonomia del politico”.

Oggi proprio questi tre fatti cui si faceva cenno, ci fanno pensare ad un vero e proprio salto in avanti nel processo di distacco dell’agire politico dalla complessità della tensione sociale.

Una “tensione sociale” che si è arricchita, con l’emergenza sanitaria, di nuove motivazioni e di diverse espressioni di bisogno. Emergenza sanitaria che sta assumendo dimensioni infinite, sia sul piano dello spazio occupato nella realtà (e nell’immaginario) della vita delle persone e nella scansione temporale.

Non si sono però verificati fenomeni di reale incidenza da parte dei movimenti via via sorti dalle diverse insorgenze sociali verificatesi nel frattempo : anzi la capacità di intervento di corpi intermedi associativi (a partire dai sindacati) o frutto di aggregazioni da “single issue”(come quelle referendarie) ha assunto piuttosto funzioni lobbistiche che non di vero movimento sociale oppure, come si era preteso un tempo dal sindacato, di “soggetto politico”.

Si sta affermando, infatti, una forma di autonomia dell’imprenditorialità politica: gruppetti e personaggi, posti proprio in una logica imprenditoriale, “affittano” loghi e marchi di soggetti esistenti per affermare una propria identità e una propria presenza nel sistema politico, distaccata dal contesto e dal possibile retroterra ideale e culturale.

Ci troviamo di fronte all’emergere di una logica deterministica applicata alla politica e sviluppata in forma “imprenditoriale”.

Ciò sta avvenendo per quale scopo? Forse la soddisfazione per un intreccio di lobbies (inclusa quella ambientalista) oppure per partecipare al governo delle strutture della tecnologia avanzata che pretendono di assumere l’egemonia culturale nella modifica delle condizioni di vita delle persone o ancora per realizzare una sorta di “ibernazione” di un ceto politico che ha assolutamente bisogno di essere “coperto” mediaticamente al fine di mantenersi competitivo nella somma delle proprie diverse articolazioni di potere.

Tra soggetti, movimenti, lobbies più o meno mascherati lo scopo rimane quello di affermare una propria concezione del potere come sovrapposizione di semplice comando su di una società sfibrata dall’egemonia dell’individualismo competitivo.

Il potere è ormai inteso come partecipazione alla governabilità quale fattore esaustivo dell’agire politico, escludendo così retroterra ideale, partecipazione, rappresentanza politica (e articolazione della rappresentanza).

Il M5S ha rappresentato l’interpretazione più autentica di questa idea “esclusiva e insieme sostituiva” del potere e il PD si è affrettato a tentare di adeguarsi.

E’ evidente come questo stato di cose abbia aperto un varco a destra di rilevanti dimensioni. Varco che abbiamo definito “populismo” adesso provvisoriamente coperto dal governo Draghi . Un’operazione di provvisoria copertura che non potrà sventare i pericoli insiti nella stessa natura della destra italiana.

In sostanza cosa sta avvenendo:

1) affermazione dell’ autonomia dell’imprenditorialità politica in funzione lobbistica nell’esercizio del potere;

2) sviluppo della forma di “recitazione della democrazia”.

3) Pericolo vero: affermazione di un populismo capace di incrociare una dimensione di insorgenze sociali al riguardo delle quali è finora mancato uno sviluppo di analisi seria e concreta.

C’ è materia su cui riflettere attentamente, in ispecie se si intende ancora provare a ri/costruire una sinistra politica.

Di AFV

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