“Il ministro Brunetta non sta facendo altro che riprendere il lavoro da dove l’ha lasciato”. Intervento di Federico Giusti
Ricordate le famose tre I (internet, inglese e impresa) che avrebbero dovuto risollevare le sorti dela scuola pubblica? Si sono dimostrate un fallimento e la scuola ha continuato ad accumulare ritardi, dagli organici alla manutenzione dei plessi scolastici con tanti istituti ancora oggi privi di aule multimediali e palestre.
Oggi Brunetta propone una sorta di nuovo alfabeto per la Pa costituito da Buona amministrazione, accesso, capitale umano e digitalizzazione.
Forse buone intenzioni che all’atto pratico paleseranno innumerevoli limiti e contraddizioni perchè finalizzate a piegare la Pubblica amministrazione ai desiderata delle imprese. Basterebbe pensare alla assenza di formazione nei comparti pubblici, sovente circoscritta ai corsi obbligatori per legge e non al costante aggiornamento del personale, oppure alla buona amministrazione che si traduce nel raggiungimento ad ogni costo dei programmi di mandato dei sindaci e degli amministratori (magari anche quando hanno impatti solo negativi sulla macchina organizzativa), gli enormi ritardi accumulati da Amministrazione trasparente (tanti sono i dati senza aggiornamento) o nel collegare uffici e servizi a banche date. Negli Enti pubblici ci sono computer vecchi di 15 anni inaccessibili a programmi inispensabili per il lavoro quotidiano. E che dire poi del capitale umano in una Pa che vanta la forza lavoro piu’ vecchia d’Europa e con progressioni di carriera sostanzialmente bloccate per la maggioranza dei dipendenti stando alle ultime indicazioni dell’Aran sulle progressioni orizzontali?
In pochi anni la Pa ha perso oltre 300 mila posti di lavoro, sanità , ricerca ed enti locali sono i settori piu’ colpiti da tetti di spesa e regole d’austerità costruite ad arte solo per contenere la spesa di personale.
Un cambiamento radicale nella Pa necessiterebbe la rimozione di tutte queste regole, non ultima la sostenibilità finanziaria negli enti locali e i tetti di spesa per il personale a tempo indeterminato, al contrario si va verso deroghe alla spesa per i tempi determinati e i contratti flessibili in una Pa nella quale non si ha neppure il coraggio di avviare una vera stabilizzazione dei precari.
A leggere il dossier sulla Pa del ministro Brunetta si capiscono i reali obiettivi del Governo ossia
rafforzare il sistema della performance e del cosiddetto merito che ha prodotto solo danni alimentando disuguaglianze salariali
accrescere la produttività a costo zero per le amministrazioni dimenticando che nel corso degli anni i servizi sono stati erogati con meno personale e quindi la stessa produttività non puo’ che essere accresciuta tenuto conto anche delle mansioni esigibili per i profili professionali oggi esistenti destinati, con il sostegno di cgil cisl uil, a una deformatio in pejus
invocare la soppressione delle disuglianze nel paese alimentandole invece all’interno della Pa come dimostrano per altro le dinamiche del salario accessorio
indebolire la Pa e i servizi pubblici a favore dei soggetti privati come per altro dimostrano i tanti, e costosi, project financing
assumere in toto i dettami della Ue in materia di gestione dei servizi pubblici che sappiamo essere funzionali non agli interessi dei cittadini ma del capitale privato
invocare la modernizzazione senza investire nell’ammodernamento effettivo degli strumenti di lavoro come per altro dimostra l’utilizzo dello smart alla stregua del telelavoro, senza corrispondere alla forza lavoro ticket restaurant e compensazione delle spese sostenute. Nel frattempo migliaia di uffici oggi sono ancora privi di collegamenti alle reti e la formazione al personale inesistente con tanti\e lavoratori\trici costretti\e a colmare a proprie spese, e nel tempo libero, le lacune derivanti dall’ignavia \paralisi della Pa.
invocare la semplificazione amministrativa e normativa che potrebbe tradursi in norme, come nel caso del codice degli appalti, destinate a tradursi in minori tutele per la forza lavoro negli appalti e nella riduzione delle tutele individuali e collettive.
modificare i criteri di accesso alla Pa e soprattutto limitare al minimo l’utilizzo delle risorse economiche per l’assunzione di nuovo personale. Avete capito bene? La Pa perde oltre 300 mila posti di lavoro e l’obiettivo del Governo è ridurre ulteriormente la forza lavoro! Solo tra il 2019 e il 2020 abbiamo perso 190 mila dipendenti, nei prossimi 3\4 anni sono previste 300 mila uscite, le procedure assunzionali arrivano con il contagocce per la pandemia e il Ministero pensa solo a contratti a tempo determinato e flessibili e a un numero di nuovi assunti al ribasso.
nascondersi dietro a frasi roboanti come la transizione ideologica e digitale quando la Pa non è neppure capace di gestire i Pola, i piani dello smart working con gran parte degli uffici pubblici in grave ritardo rispetto ai tempi dettati dal Ministero.
stravolgere il sistema di reclutamento magari per non avere in futuro graduatorie aperte da scorrere , del resto in molti Enti si continua a privilegiare la mobilità di personale piuttosto che favorire nuova occpazione
rivendicare una grande anagrafe delle competenze del personale quando non si è neppure capaci di valorizzare le risorse interne che ogni giorno sono mortificate
favorire processi di mobilità piuttosto che investire in nuove assunzioni
alimentare la lotta tra poveri, tra vecchi e nuovi assunti senza alcun vantaggio effettivo per la Pa
rivendicare la tecnologia quando gran parte degli Enti sono perfino incapaci di accedere al software gratuito
favorire una gestione gerarchica e verticale del settore pubblico con crescenti disuguaglianze anche economiche
rilanciare l’idea della scuola nazionale dell’amministrazione quando non si è capaci di assicurare percorsi formativi permanenti al personale anche per acquisire competenze derivanti da nuove normative di legge
far crededere che la performance sia un valore aggiunto in nome di uno pseudo valore premiale utile solo per alimentare disuguaglianze economiche e riduzione del salario accessorio
Invocare la partecipazione dei cittadini che oggi chiedono invece piu’ fatti e servizi funzionanti e accessibili, on line e in presenza
scaricare ulteriori responsabilità sui dirigenti e sul personale nell’ottica di salvaguardare la impunibilità della politica e degli amministratori
lanciare un monitoraggio sulle politiche pubbliche quando da anni si depotenzia il settore pubblico per favorire processi di privatizzazionee delocalizzazione produttive
Queste sono le basi dell’accordo che il Governo sta per concludere con cgil cisl uil denominato patto di coesione sociale e per la innovazione del lavoro pubblico.
Non ci sono altre parole per denunciare la complicità dei sindacati firmatari ( e dei loro stessi delegati rsu se accetteranno in silenzio l’intesa senza rompere con le sigle che sottoscriveranno l’intesa) rispetto allo smantellamento della Pubblica amministrazione occultata dietro a un suo presunto rilancio.