(Foto di Avvenire)
Il quotidiano El Espectador riferisce che la sindaca del Resguardo del Cabildo Camentzá Biyá, nonché leader indigena María Bernarda Juajibioy, che fa parte delle 15 popolazioni indigene del dipartimento di Putumayo, è stata uccisa da un commando armato che ha visto anche la morte della nipotina neonata di un anno e mezzo, Jazzlín Camila Luna Figueroa.
La figlia, Paola Patricia Pujimuy, 22 anni, con Sofía Solarte, sono rimaste ferite e si trovano all’ospedale di Puerto Asís.
E’ accaduto mercoledì 17 marzo, alle 6:45 del pomeriggio; secondo le prime informazioni, la leader si stava mobilitando con altre donne in motocicletta, tra la strada del Cabildo, nel villaggio di La Esmeralda, a Orito (Putumayo), per l’ispezione di El Placer, nel comune di Valle del Guamuez. Secondo le prime informazioni, la sua moto è stata bloccata da uomini armati che hanno aperto il fuoco sulla donna e la nipote, uccidendole.
L’Organizzazione nazionale indigena della Colombia (Onic) ha condannato l’assassinio di Juajibioy sottolineando che “le donne indigene sono le guardiane della sopravvivenza dei popoli”. Si tratta di femminicidi politici che stanno sterminando leader indigene nel silenzio complice del governo colombiano neoliberista di Iván Duque.
L’organizzazione zonale indigena Putumayo (Ozip) ha espresso solidarietà ai parenti della leader e al popolo Kamentsá: “Dichiariamo dinanzi alla comunità nazionale e internazionale un richiamo all’allerta per l’integrità e la protezione di donne, bambini e ragazze appartenenti alle popolazioni indigene del dipartimento di Putumayo. Ribadiamo la nostra preoccupazione e indignazione per questi atti di sterminio fisico e culturale che aumentano ogni giorno”, hanno detto in una nota. Allo stesso modo, l’organizzazione ha affermato che questi atti “sono il prodotto della mancanza di garanzie da parte del governo” e che il caso rappresenta una maggiore serietà, tenendo conto che l’11 marzo 2021 il ministro dell’Interno, Daniel Palacios Martínez, e Il Governatorato di Putumayo ha partecipato al tavolo territoriale delle garanzie per il lavoro dei leader sociali e dei processi comunitari. Per l’organizzazione, l’omicidio mostra che non ci sono stati risultati, affermando: “Riteniamo lo Stato colombiano responsabile della continuità della violenza nei territori, a causa della sua omissione nel dovere legale di garante dei diritti umani e della sua riluttanza a rispettare ordini, sentenze e altre disposizioni legali per la protezione delle popolazioni indigene”.
Secondo una statistica della Ong colombiana Indepaz, con María Bernarda Juajibioy, sono 34 gli attivisti indigeni e i difensori dei diritti umani assassinati nel 2021.
Vittime che si sommano alle circa 1.148 vittime avvenute dopo l’inizio della firma degli Accordi di pace fra le Farc e il governo di Bogotà nel 2016.
Le organizzazioni per i diritti umani chiedonobindagini e azioni penali nei confronti dei responsabili, nei territori indigeni sono presenti gruppi armati che mettono a riachio la sopravvivenza delle comunità.