Voci dalla piazza del 9 aprile contro il cosiddetto decreto Renzi-Lupi, la norma che nega il diritto alla residenza a chi vive in un’occupazione: tra esponenti politici e i racconti di chi vive il disagio dell’invisibilità ogni giorno

Interventi istituzionali, testimonianze dirette e slogan di denuncia si sono alternati ieri al microfono della manifestazione Batti il 5. Organizzata dal comitato Blocchi Precari Metropolitani e supportata da numerose altre associazioni romane, la mobilitazione si è volta in sicurezza in piazza della Bocca della Verità ed è l’ennesimo capitolo della lotta contro il cosiddetto decreto Renzi-Lupi, l’articolo 5 della legge n. 80 del 23 maggio 2014. «Questa norma crea cittadini di serie A e di serie B, va cancellata», dice Irene dei Blocchi Precari Metropolitani.

«Il decreto Renzi-Lupi nega la residenza a chi si trova a non aver un contratto regolare, a chi per bisogno occupa una casa o viene costretto a occupare edifici dismessi», illustra Michelangelo Giglio, rappresentante dell’Unione sindacale di base Asia. Mascherina sul volto, prosegue definendo la norma «fascista e razzista».

Senza residenza non è possibile, infatti, accedere a tutta una serie di diritti civili sociali e politici.

Non si può avere la carta d’identità, non si può votare, non ci si può iscrivere ai centri per l’impiego o aprire una partita Iva, non si può chiedere la tessera sanitaria o accedere al sistema di welfare, non si può fare domanda per l’assegnazione di un alloggio popolare e, per le persone migranti, non è possibile ottenere la cittadinanza italiana o anche solo la carta di soggiorno.

Per tutti questi motivi Giglio non esita a parlare di «un odio di classe che da tanti anni persiste verso i settori più deboli della società. Le politiche di privatizzazione hanno aumentato quelli che erano i disagi nel nostro paese». Anche il deputato Stefano Fassina, intervenuto al microfono del partecipatissimo presidio, sviluppa un ragionamento simile: «Ogni problema sociale diventa problema di ordine pubblico da affrontare con gli sgomberi, con la repressione».

Precedentemente al 2014 e all’entrata in vigore del decreto Renzi-Lupi, la residenza veniva concessa senza problemi a chi viveva in un’occupazione. Lo sa bene Rosanna D’Andrea. «Per tantissimi anni c’era addirittura un rapporto di collaborazione tra alcuni municipi e alcuni stabili occupati: dove stavo prima io, in fondo a Cinecittà, era così. Addirittura ci mandavano persone o famiglie sfrattate a cui avevano proposto l’occupazione».

Già da qualche anno Rosanna partecipa alle manifestazioni per il diritto all’abitare indossando un lenzuolo bianco, da fantasma.

«Senza residenza siamo fantasmi» è lo slogan che ripete e spiega: «A parte la sanità, la scuola, la pensione, il permesso di soggiorno per gli stranieri (ancora legato ai contratti di lavoro, se sei invisibile nessuno ti mette in regola), non possiamo neanche prendere internet: io ci ho provato varie volte, ma quando venivano e vedevano che quello è un palazzo occupato, non possiamo dargliela. In quest’epoca di pandemia e di Dad è un’ulteriore discriminazione».

Rosanna dal 2013 si muove all’interno del Coordinamento cittadino Lotta per la casa: «Ho abitato per un anno e mezzo in un’occupazione, poi sono passata in un’altra, quella di Caravaggio». L’occupazione nel quartiere di Tor Marancia è la prima nella lista degli sgomberi prevista dalla prefettura romana.

Come ha ricordato sempre Fassina, «Roma è l’unica città al mondo dove c’è un piano decennale di sgomberi, ma non c’è un piano di edilizia residenziale pubblica». Su questo punto l’esponente politico ha insistito a più riprese: «Vanno aumentate il numero di case popolari a canone sociale: perché non si occupa perché si è delinquenti, chi occupa è disperato e bisogna dargli una casa».

Anche i consiglieri regionali Marco Cacciatore (Verdi) e Marta Bonafoni (Lista civica per Zingaretti) portano sostegno alla manifestazione e dicono che si impegneranno a portare in Regione la richiesta di abrogare l’articolo 5.

Dal microfono interviene anche Lello, che ha le idee chiare su come risolvere i problemi abitativi di Roma e non solo: «In questa città ci sono decine di migliaia di appartamenti sfitti. Se uno vuole accumulare, che accumuli brillanti, non accumuli beni di prima necessità: queste case sfitte vanno confiscate. È immorale che si accumulino beni di prima necessità, equivale ad accumulare il pane e lasciarlo marcire».

Mentre gli interventi al microfono si susseguono, una delegazione di Blocchi Precari Metropolitani si è recata negli uffici dell’anagrafe, nell’edificio di via Petroselli adiacente la piazza, per consegnare una lettera aperta a impiegati e impiegate.

C’è scritto: «Una legge denominata impropriamente “Piano casa”, che invece di affrontare il fabbisogno di edilizia residenziale pubblica ha prodotto conseguenze nefaste per migliaia di uomini e donne in questo paese. Di fatto un numero enorme di persone è escluso da diritti civili, sociali e politici, nonostante la nostra Costituzione affermi la loro inviolabilità».

Margherita Grazioli, attivista dei Blocchi Precari Metropolitani, era parte della delegazione e spiega: «Crediamo che anche questi lavoratori e lavoratrici possano condividere esattamente quanto l’articolo 5 crei problemi prima di tutto a chi lo subisce, ma anche a chi lavora dentro i municipi, a chi sta nelle Asl, a chi lavora nelle anagrafi e si ritrova a doversi confrontare con la rabbia, lo sconforto, il malcontento delle persone».

La richiesta più immediata è quella di «un incontro con l’anagrafe per discutere di questioni che tra l’altro si sono ulteriormente aggravate da quando le procedure sono state digitalizzate. Abbiamo infatti assistito anche a cancellazioni improvvise e inspiegabili».

Ma ciò che tutte le persone scese in piazza ieri chiedono sopra ogni altra cosa è che l’articolo 5 del decreto Renzi-Lupi non arrivi a festeggiare il settimo compleanno. Perché, come sottolinea in maniera colorata e particolarmente azzeccata Malika, dell’occupazione 4 Stelle in via Prenestina, «Noi abitanti delle occupazioni, non siamo extraterrestri».

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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