Le elezioni presidenziali peruviane dell’11 aprile verranno ricordate come le più equilibrate nella storia del Paese sudamericano, con nessuno dei diciotto candidati alla successione di Francisco Sagasti in grado di superare la soglia del 20%. I risultati hanno inoltre ribaltato tutte le previsioni di poche settimane fa, premiando i candidati dell’estrema sinistra e dell’estrema destra, e penalizzando invece quelli moderati.
Il primo turno ha sancito la vittoria provvisoria del cinquantunenne Pedro Castillo, leader del Partido Político Nacional Perú Libre, una forza socialista che trae ispirazione dalle teorie del filosofo marxista José Carlos Mariátegui. Castillo ha ottenuto un incoraggiante 19,11%, andando oltre ogni più rosea aspettativa, con un totale di oltre 2,6 milioni di voti.
Insegnante di scuola elementare nella regione andina di Cajamarca, Castillo ha acquisito notorietà a partire dal 2017, quando ha guidato un grande sciopero nazionale di insegnanti che ha interrotto le lezioni per tre mesi per chiedere un aumento salariale. Tuttavia, Castillo ha militato in politica sin dal 2002, quando si è presentato per la prima volta al sindaco di Anguía nella lista dell’allora presidente Alejandro Toledo. In seguito, Castillo si è spostato su posizioni sempre più di sinistra, approdando al partito Perú Libre.
Tra le proposte più importanti di Castillo troviamo quella di destinare il 10% del PIL del Paese all’istruzione, la ristrutturazione del sistema pensionistico e la nazionalizzazione delle risorse di gas naturale. Inoltre, il candidato di sinistra ha proposto la convocazione di un’Assemblea Costituente per sostituire la carta fondamentale, redatta nel 1993 sotto la presidenza di Alberto Fujimori.
L’avversaria di Castillo in occasione della sfida decisiva del 6 giugno sarà la candidata di estrema destra Keiko Fujimori, leader del partito conservatore Fuerza Popular (FP). La quarantacinquenne, figlia proprio dell’ex presidente criminale Alberto Fujimori, al potere dal 1990 al 2000, tenterà per la terza volta di conquistare la presidenza, avendo ottenuto il 13,36% dei consensi al primo turno.
Il primo degli esclusi dal ballottaggio è Rafael López Aliaga, del partito nazional conservatore Renovación Popular, che ha ottenuto l’11,67% delle preferenze, supernado per circa novemila voti l’economista Hernando de Soto, nuovo leader della forza liberista Avanza País – Partido de Integración Social (11,60%). Secondo molti, de Soto potrebbe stringere un’alleanza elettorale con Fujimori al secondo turno, il che permetterebbe alla candidata di destra di ottenere un’ingente quantità di voti supplementari.
Nessuno degli altri candidati è riuscito a superare la soglia del 10%. Tra questi troviamo anche l’altra candidata di sinistra, Verónika Mendoza, considerata fino a pochi giorni fa come un nome da tenere d’occhio in vista del ballottaggio. Candidata per la seconda volta come leader della coalizione Juntos por el Perú (Insieme per il Perù, abbreviato in JP), che riunisce, oltre al Movimiento Nuevo Perú della stessa Mendoza, anche il Partido Humanista Peruano, il Partido Comunista Peruano, il Partido Comunista del Perú – Patria Roja e il Movimiento por el Socialismo, l’unica altra candidata donna oltre a Keiko Fujimori ha chiuso solamente sesta, con il 7,85% delle preferenze. L’apporto di Mendoza potrebbe comunque risultare fondamentale al secondo turno, nella speranza che questa stringa un’alleanza con Castillo.
Tra i grandi delusi anche l’ex presidente Ollanta Humala, che ottiene appena l’1,59%, mentre Yohny Lescano, considerato da molti sondaggi come il favorito di queste elezioni, si è accontentato del quinto posto con il 9,12%.
I risultati pubblicati, tuttavia, non sono ancora ufficiali, come sottolineato dal presidente della Giuria nazionale elettorale, Jorge Luis Salas, secondo il quale il conteggio definitivo dei voti del primo turno verrà reso noto solamente ad inizio maggio.
L’11 aprile, i peruviani hanno votato anche per le elezioni legislative, ovvero per rinnovare la composizione del Congresso. I risultati provvisori danno in testa il partito di Pedro Castillo, Perú Libre, con il 14,54% dei consensi, precedendo FP di Keiko Fujimori, seconda con l’11,06%. Nessuno degli altri partiti è riuscito a superare il 10% dei consensi, a cominciare da Acción Popular (AP), la forza guidata da Lescano, che si è classificata terza con il 9,39% delle preferenze.
Secondo gli analisti, dovrebbero essere almeno undici i partiti politici in grado di assicurarsi una rappresentanza al Congresso, ovvero di superare la soglia di sbarramento fissata al 5%. L’ultimo di questi dovrebbe essere il Partido Morado (PM), la formazione dell’attuale presidente Francisco Sagasti. Questo significa che l’emiciclo di Lima risulterà assai frammentato, e sarà dunque necessario scendere a compromessi per riuscire a comporre una solida maggioranza.
La lista di Perú Libre guida anche il conteggio per le elezioni del Parlamento Andino, con una proiezione che dà il partito di sinistra oltre il 20% delle preferenze. Quest’organismo sovranazionale è composto da venticinque deputati, cinque per ognuno dei Paesi membri: oltre al Perù, ne fanno parte Bolivia, Cile, Colombia ed Ecuador.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog