Afghanistan, militari americani in attesa di andarsene

Francesco Cecchini

“Non vi è alcun esempio di un paese che abbia beneficiato di una guerra prolungata”.                             

Sun Tzu nell’Arte della Guerra

Domenica 7 ottobre 2001, mentre si faceva notte in Afghanistan, gli Stati Uniti, sostenuto dalla Coalizione Internazionale contro il Terrore (NATO e paesi sostenitorìi), lo attaccò e lo invase. L’ attacco e l’   invasione furono la risposta all’ Afghanistan dei talebani,  divenuto una base per le attività terroristiche di Al Qaeda, che poche settimane prima, l’   11 settembre 2001 aveva attaccato gli Stati Uniti, con una serie di quattro attacchi suicidi coordinati compiuti contro obiettivi civili e militari. Questa fu l’  interpretazione ufficiale americana. L’ invasione dell’ Afghanistan non ebbe nulla a che fare con l’attacco alle Torri Gemelle. Lo scopo di Washington era rafforzare il controllo sull’ area, mantenere acceso il motore del complesso militar-industriale e ribadire il comando assoluto sul Patto Atlantico ed il suo ruolo a sostegno degli obiettivi imperiali statunitensi, inoltre il commando che allora agì era  composto per la maggior parte da sauditi  legati ai servizi di Ryad, che aprì la stagione della “guerra al terrorismo” e attaccando l’Afghanistan con lo scopo di deporre il regime dei Talebani, neutralizzare al-Qaida e catturare o uccidere il suo leader Osama bin Laden. Joe Biden allora senatore, come la stragrande maggioranza dei membri del Congresso, votò nel 2001 a favore dell’invasione dell’Afghanistan .  Presidente della Commissione Esteri del Senato mise insieme il dossier per l’invasione Afganistan e appoggiò a Bush jr in quella drammatica impresa. Il costo in termini economici  e di vite civili e militari è stato altissimo. In  20 anni di guerra, 1000 miliardi spesi  nelle operazioni belliche ,140 mila morti uficiali, il doppio reali di cui diverse migliaia bambini, la distruzione quasi totale di un Paese. Anche l’ Italia ha pagato il suo prezzo:  53  caduti e  numerosi feriti e invalidi a causa delle ferite riportate, 8 miliardi in spese militari e solo 260 milioni in cooperazione civile.

Joe Biden, presidente degli Stati  ha ora detto: “È ora di porre fine alla guerra più lunga d’America”. Così ha annunciato l’inizio del ritiro delle truppe Usa e alleate dall’Afghanistan, che avrà inizio a partire dall’1 maggio e si concluderà entro l’11 settembre, 20esimo anniversario dei propagandati attacchi di Al Qaeda agli Usa.  Una dichiarazione che maschera la sconfitta, l’   ennesima per gli USA dal 1945 in poi. E sconfitta è stata e non solo militare, ma di un modello occidentale, che con il pretesto di modernizzare il Paese e di sottrarlo ai talebani  (peraltro a suo tempo creati e allevati proprio dagli Usa in funzione antisovietica) il risultato è stato che l’  Afghanistan ha ancora oggi il tasso più elevato al mondo di mortalità infantile, tra le più basse aspettative di vita del pianeta, una cinquantina d’   anni ed è uno dei paesi più poveri del mondo, l’   economia più fiorente è quella dell’ oppio. Il regime integralista islamico afgano è tra i più inefficienti e corrotti al mondo. Inoltre non vi èi democrazia: censura e repressione del dissenso sono la regola.

La decisione di andarsene si basa sul fatto che non vi è soluzione militare e la realtà  è che, nonostante l’   accordo di Doha del  29 febbraio 2020, non tutti in Afghanistan vogliono la pace. Non la vuole l’  Isisis, non la vogliono alcuni talibani e innanzitutto le milizie scite, che si chiamano Fatimyiun e sono diffuse soprattutto nell’etnia Hazar; sostenuti dal governo iraniano, sono entrati in campo contro talebani e Isis, che sono sunniti, e contro il governo finora  protetto dalle forze degli Stati Uniti e della Nato.  L’  Afghanistan è una Repubblica Islamica complessa. Quattro gruppi etnici, Pashtun, Hazara Aimak e Balochi; molte lingue, Afghano Persiano, Pastho, Turkic e una trentina minori; vi sono mussulmani sunniti e mussulmani sciti, che si combattono tra loro.

Nel togliere le tndee gli Stati Uniti sono in armonia con l’ Impero Britannico dell’  800 e con l’ Unione Sovietica  secolo scorso, che hanno dovuto andarsene da questo paese.                                                                              L ‘ Afghanistan non è terra per paesi stranieri e per le loro truppe straniere, ma solo per bande armate locali.

USA e NATO se ne vanno e i Talebani restano.

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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