di Gianluca Cicinelli
Mentre le cifre della vaccinazione di massa contro il covid spingono a un leggero ottimismo, con il calo drastico di morti e infezioni, proprio perchè il mantra ripetuto all’infinito consisteva nell’equazione tutti vaccinati uguale tutti al sicuro c’è una categoria che non solo non è stata vaccinata ma nemmeno lo sarà nell’immediato futuro se la situazione resta quella attuale. Parliamo di 500 mila persone, mezzo milione, la popolazione di Genova o quella di Bologna o due volte gli abitanti di Venezia e Bari. In Italia 500 mila persone non esistono per le autorità, sono fantasmi per le amministrazioni perchè senza fissa dimora: sia italiani che stranieri senza documenti o permesso di soggiorno, cittadini comunitari in condizione di irregolarità, gli apolidi, una parte della popolazione Rom e Sinti. Le statistiche relative al piano vaccini fanno a meno di loro.
Le associazioni che aderiscono al Tavolo immigrazione e salute (Tis), fra cui Caritas, Emergency, Medici senza frontiere, Associazione Studi Giuridici Immigrazione (Asgi), Società italiana di Medicina delle migrazioni (Simm), Sanità di frontiera, hanno scritto al ministro della Salute Speranza affinchè nelle indicazioni per le vaccinazioni vengano incluse queste 500 mila persone, prevedendo una procedura per poter vaccinare le persone presenti nel territorio nazionale ma senza tessera sanitaria, carta di identità, codice fiscale. I firmatari chiedono che l’amministrazione dello Stato preveda una flessibilità per consentire le vaccinazioni. “Tra le persone straniere – si legge nella missiva a Speranza – c’è un certo numero di diagnosi ritardate che, comportando un aggravamento clinico, portano ad una maggiore ospedalizzazione rispetto agli italiani. Il ritardo diagnostico, spesso, è determinato dalla scarsa assistenza socio-sanitaria”.
Un problema individuato dalle associazioni consiste nell’aver individuato nel medico di famiglia il tramite per l’accesso al vaccino, pratica che nel caso delle persone in esame rischia di diventare ulteriormente penalizzante, a meno che ogni Asl non individui un medico di riferimento per la categoria. L’appello fa riferimento al documento dell’European Centre for Disease Prevention and Control intitolato “Covid-19 vaccination and prioritisation strategies in the EU/EEA”, dove si consiglia di prendere in considerazione, tra le priorità, strutture come i centri per i migranti, gli alloggi affollati e i rifugi per senza tetto. Eppure a oggi – nonostante gli inviti della stessa Edcd – migranti, rifugiati e senza dimora non risultano tra i gruppi target beneficiari dei vaccini.
E concludono: “Anche l’impostazione esclusiva di iscrizione tramite piattaforma nazionale o regionale per la prenotazione del vaccino presso il proprio medico di medicina generale o in altro luogo, potrebbe essere un ostacolo”. La legge va esattamente nella direzione indicata dai firmatari dell’appello. Come spiega l’Aifa, nelle risposte alle domande frequenti sul suo sito, il Piano nazionale vaccini per il covid prevede la vaccinazione di tutte le persone presenti sul territorio italiano, residenti, con o senza permesso di soggiorno ai sensi dell’articolo 35 del testo unico sull’immigrazione. L’Agenzia del Farmaco stessa prevede un’elasticità amministrativa che consente le vaccinazioni anche in assenza di documenti di identità e tessera sanitaria. Una soluzione per i senza dimora è stata adottata in alcuni Comuni con l’iscrizione della residenza a un indirizzo fittizio, ma il più delle volte questo non avviene perchè l’ente locale teme poi di doversi fare carico di altri settori di assistenza e prestazioni sociali. Le strutture di accoglienza, abbandonate da subito a gestire da sole la pandemia, chiedono però alle istituzioni di recepire dal basso soprattutto le modalità di monitoraggio e mediazione culturale necessarie per avvicinare le categorie oggi invisibili.