La disputa tra Israele e Palestina si combatte tutti i giorni non solo a suon di missili, ma anche di guerra demografica: non è un caso che entrambe le popolazioni abbiano registrato una fortissima crescita numerica negli ultimi decenni, attraverso un alto tasso di natalità tra i palestinesi e soprattutto grazie all’incentivazione dell’immigrazione di persone di origine ebraica da parte del governo di Tel Aviv.
Negli ultimi giorni, il bombardamento della Striscia di Gaza da parte di Israele ha coinvolto sempre più civili, sterminando intere famiglie e colpendo anche l’unico centro attrezzato per combattere il Covid-19 in tutta la Striscia. Inoltre, è noto come la campagna di vaccinazione lanciata da Israele abbia di fatto escluso la popolazione palestinese dal poter beneficiare del trattamento, mentre la popolazione israeliana è stata inoculata a ritmi record, sancendo ancora una volta il carattere di regime di apartheid dello Stato israeliano, come confermato di recente dalla ONG Human Rights Watch.
Tornando ai bombardamenti, le vittime civili vengono spesso giustificate dal governo israeliano del sanguinario Benjamin Netanyahu ricorrendo a termini quali “errore” o “incidente”. Ma si tratta davvero solo di incidenti, o c’è invece un disegno ben definito dietro questi episodi? Amira Haas, giornalista del primo quotidiano israeliano, Haaretz, non ha dubbi a riguardo, come dimostra il titolo dell’articolo da lei pubblicato nella giornata del 19 maggio: “Le vite di Gaza cancellate: Israele sta spazzando via intere famiglie palestinesi di proposito”.
Nata a Gerusalemme nel 1956 e corrispondente di Haaretz sin dal 1959, Amira Haas ha una grande esperienza per quanto riguarda il conflitto israeliano-palestinese. Per molti anni ha vissuto a Gaza, mentre dal 1997 si è trasferita nell’altro territorio palestinese, la Cisgiordania, e più precisamente nella città di Ramallah.
“Sabato, un rappresentante del ministero della Sanità palestinese ha riportato i nomi di 12 famiglie uccise, ognuna in casa propria, ognuna in un singolo bombardamento. Da allora, in un raid aereo prima dell’alba di domenica, durato 70 minuti e diretto a tre case in via Al Wehda, nel quartiere Rimal di Gaza, tre famiglie per un totale di 38 persone sono state uccise”, scrive Haas. Tuttavia, la giornalista non sembra sposare affatto la tesi secondo la quale questi sarebbero solamente incidenti non voluti: “Genitori e figli, neonati, nonni, fratelli e nipoti sono morti insieme quando Israele ha bombardato le loro case, che sono crollate su di loro. Per quanto è noto, non è stato dato alcun preavviso in modo che potessero evacuare le case prese di mira”.
La giornalista ricorda come Israele abbia agito allo stesso modo già in occasione dei terribili bombardamenti del 2014: “Nei circa 50 giorni di guerra di allora, i dati delle Nazioni Unite dicono che 142 famiglie palestinesi sono state cancellate (742 persone in totale)”. Troppi “incidenti” per credere davvero alla tesi dell’errore da parte di Israele, generalmente considerato come uno dei Paesi militarmente più avanzati del mondo: “I numerosi incidenti di ieri e di oggi attestano che non si tratta di errori: e che il bombardamento di una casa mentre tutti i suoi abitanti sono all’interno deriva da una decisione dall’alto, sostenuta dall’esame e dall’approvazione di giuristi militari”.
Secondo le testimonianze ed i dati raccolti da Amina Haas, in molti casi Israele ha dimostrato di avere la possibilità di avvertire le persone coinvolte prima di un bombardamento, come ad esempio avvenuto di recente con il bombardamento – comunque scandaloso – della “torre dei giornalisti” di Gaza, il principale centro mediatico della Striscia, da dove i corrispondenti di tutto il mondo si collegavano per diffondere informazioni dal territorio palestinese. In quel caso, l’edificio è stato evacuato in tempo e, seppur con gravi perdite di documenti ed attrezzature, non sono stati registrati decessi.
Inoltre, Haas fa notare come le autorità israeliane dispongano di un registro della popolazione palestinese, con il quale potrebbero facilmente verificare chi sono i residenti di ciascun edificio ed avvisarli di abbandonare le proprie case prima del bombardamento: “Come richiedono gli Accordi di Oslo, il ministero degli Interni palestinese, attraverso il ministero degli Affari Civili, trasferisce regolarmente le informazioni correnti alla parte israeliana, in particolare riguardo alle nascite: i dati del registro devono ricevere l’approvazione israeliana, perché senza di essa i palestinesi non possono ricevere una carta d’identità quando sarà il momento, o nel caso dei minori, non potranno viaggiare da soli o con i loro genitori attraverso i valichi di frontiera controllati da Israele. È chiaro, quindi, che l’esercito conosce il numero e i nomi dei bambini, delle donne e degli anziani che vivono in ogni edificio residenziale che bombarda”.
La verità è che Israele mostra un grande disprezzo per la vita umana, in particolare quando si tratta delle vite dei palestinesi, e queste morti, nella migliore delle ipotesi, sono considerate solamente un “danno collaterale”. Come afferma Haas, “l’esercito ha affermato e sostiene di agire secondo il principio di “proporzionalità” tra il danno ai civili non coinvolti e il raggiungimento del legittimo obiettivo militare”, ma gli israeliani dimostrano di essere pronti ad accettare ”danni collaterali” molto gravi pur di raggiungere il proprio obiettivo. “Una volta che l’”importanza” di un membro di Ḥamās è considerata alta e la sua residenza è definita come un obiettivo legittimo per i bombardamenti, il danno collaterale “ammissibile”, in altre parole il numero di persone non coinvolte uccise, inclusi bambini e neonati, è molto ampio”.
Nel frattempo, il governo israeliano sta diffondendo ogni tipo di fake news per incolpare Ḥamās, affermando ad esempio che alcuni dei morti civili palestinesi sarebbero stati causati dai razzi lanciati da questa stessa organizzazione. Addirittura, Tel Aviv ha tentato di far ricadere su Ḥamās la responsabilità di alcuni bombardamenti che di recente hanno colpito il sud del Libano: secondo l’esercito israeliano, quattro razzi sarebbero partiti dal sud del Libano verso le città israeliane, ed in risposta Israele, che con frequenza periodica bombarda i vicini Stati di Siria e Libano, avrebbe colpito “diversi obiettivi in Libano”.
Di fronte ai crimini sionisti, l’ONU questa volta non è rimasta a guardare. Le Forze Provvisorie delle Nazioni Unite in Libano (UNFIL), agli ordini del generale italiano Stefano Del Col, hanno schierato le proprie truppe in seguito ai bombardamenti israeliani, sottolineato che “le nostre forze di pace sono sul campo insieme all’esercito libanese ufficiale per valutare la situazione“. Ma le Nazioni Unite dovrebbero prendere al più presto una posizione più dura e di netta condanna dei crimini israeliani in Palestina, Siria e Libano.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog