I Riva, ex proprietari e amministratori dell’acciaieria tarantina, figurano tra le 44 persone e le tre società imputate nel procedimento per inquinamento ambientale. Facoltà d’uso per impianti sequestrati
BARI – Concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari e all’omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. Queste le accuse che hanno portato alla condanna, rispettivamente a 22 e 20 anni di reclusione, per Fabio e Nicola Riva. La sentenza dalla Corte d’Assise di Taranto nell’ambito del processo “Ambiente Svenduto”.
I Riva, ex proprietari e amministratori dell’acciaieria tarantina, figurano tra le 44 persone e le tre società imputate nel procedimento per inquinamento ambientale. Per loro l’accusa aveva fatto richiesta, rispettivamente, per 28 e 25 anni di carcere. Tra le condanne, spicca anche il nome dell’ex presidente di Regione, Nichi Vendola, condannato a oltre tre anni di reclusione per aver, secondo i giudici, fatto pressioni per ‘ammorbidire’ la posizione dell’agenzia ambientale sulle emissioni dell’Ilva.
L’ex direttore dello stabilimento siderurgico di Taranto e attuale direttore generale di Acciaierie d’Italia, Adolfo Buffo, è stato condannato a 4 anni nell’ambito. L’accusa aveva chiesto la condanna a 20 anni. Al dirigente era contestata anche la responsabilità di due incidenti mortali avvenuti in fabbrica. Luigi Capogrosso e Girolamo Archinà, rispettivamente l’ex direttore del siderurgico e l’ex consulente della famiglia Riva, sono stati, invece, condannati a 21 anni di reclusione.
La Corte di Assise di Taranto ha inoltre disposto la confisca degli impianti di area a caldo dell’Ilva di Taranto per il reato di distastro ambientale imputato alla passata gestione Riva. La misura, presente nella richiesta dei pm, è presente nel corpo della sentenza letta questa mattina in aula dal presidente Stefania D’Errico. Gli impianti dell’area a caldo (parchi minerali, agglomerato, cokerie, altiforni e acciaierie) restano sottoposti a sequestro con falcoltà di uso. La confisca chiesta dall’accusa diventerà esecutiva in caso di giudizio definitivo emesso dalla Corte di cassazione.
AMBIENTE SVENDUTO, LEGALE FABIO RIVA: SEMPRE RISPETTATO NORME
“I Riva hanno costantemente investito ingenti capitali in Ilva al fine di migliorare gli impianti e produrre nel rispetto delle norme. Il totale degli investimenti erogati sotto la loro gestione ammonta a 4,5 miliardi di euro, di cui 1,2 miliardi di natura specificatamente ambientale. Cifre e numeri che sono stati certificati dal Tar e dalle due sentenze del Tribunale e della Corte di Appello di Milano di assoluzione piena perché i fatti non sussistono, perché non c’è stato dolo e perché gli investimenti realizzati sono stati veri e cospicui“. Così l’avvocato difensore di Fabio Riva, Luca Perrone, nel commentare la sentenza emessa dalla Corte d’Assise di Taranto, nell’ambito del processo ‘Ambiente Svenduto’, che ha visto Fabio e Nicola Riva condannati a 22 e 20 anni di reclusione per concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari e all’omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro.
“Come inoltre ammesso dagli stessi periti – puntualizza Perrone -, sotto la gestione dei Riva Ilva ha sempre operato e prodotto rispettando tutte le normative vigenti“.
“Come anche certificato dall’Arpa – aggiunge l’avvocato – nel corso della gestione Riva sono state adottate le migliori tecniche/tecnologie allora disponibili (Best Available Technology del 2005) e come sempre i Riva si sarebbero prontamente adeguati anche a quelle del 2012 nei quattro anni successivi previsti dalle normative. Si pensi che il Piano ambientale del gestore odierno ha un termine fissato al 2023 – che verrà tra l’atro probabilmente prorogato al 2025 – che corrisponde all’adeguamento alle stesse sopracitate Bat del marzo del 2012. Nella condotta della gestione Riva non c’è mai stata nessuna forma di dolo, ma solo lo sforzo continuo di adeguare gli impianti e il loro operato ai limiti sempre più stringenti delle normative ambientali, limiti – ripeto – sempre rispettati”.
Per Pasquale Annicchiarico, difensore di Nicola Riva, il suo assistito “è stato presidente solamente due anni, dal 2010 al 2012 e sotto la sua presidenza si sono raggiunti i migliori risultati ambientali della gestione Riva con valori di diossina e benzoapirene bassissimi che si collocano a meno della metà dei limiti consentiti dalla legge”. Si tratta quindi, chiosa Annicchiarico, di “risultati straordinari dovuti agli investimenti quantificabili in oltre 4 miliardi di euro e alla gestione degli impianti sempre tesa al massimo rispetto delle normative ambientali”.
AMBIENTE SVENDUTO, EMILIANO: SENTENZA È PUNTO DI NON RITORNO
“La giustizia ha finalmente fatto il suo corso accertando che i cittadini di Taranto hanno dovuto subire danni gravissimi da parte della gestione Ilva facente capo alla famiglia Riva. La sentenza è un punto di non ritorno che deve essere la guida per le decisioni che il governo deve prendere con urgenza sul destino degli impianti”. È il commento del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, alla sentenza odierna emessa dalla Corte di Assise di Taranto.
“Gli impianti a ciclo integrato, che hanno determinato la morte di innumerevoli persone tra le quali tanti bambini, devono essere chiusi per sempre e con grande urgenza per evitare che i reati commessi siano portati ad ulteriori conseguenze e ripetuti dagli attuali esercenti la fabbrica”, evidenzia Emilianmo ribadendo che “l’attività industriale attuale a ciclo integrato a caldo va immediatamente sospesa e si deve decidere il destino dell’impianto e dei lavoratori”.
“Non ci arrenderemo mai alla sottovalutazione colpevole della tragica e delittuosa vicenda ex Ilva e agiremo su tutti i fronti che le normative italiane ed europee ci concedono. Sarà guerra senza quartiere a tutti coloro che in ogni sede hanno colpevolmente sottovalutato o agevolato i reati commessi”, annuncia il presidente ricordando che “la Regione Puglia, parte civile, ha richiesto e ottenuto la condanna degli imputati e della società al risarcimento dei danni che saranno quantificati in separata sede ottenendo una provvisionale di 100mila euro. E pertanto ha titolo per iniziare una causa civile contro tutti coloro che hanno provocato il danno e contro coloro che eventualmente stanno continuando a cagionare danni ambientali e alla salute”.
“Per quanto riguarda il risarcimento che la Regione Puglia deve assicurare per fatti accaduti prima della attuale amministrazione, siamo pronti a far fronte alla richiesta risarcitoria ove essa sia confermata dalla sentenza definitiva – conclude – Siamo consapevoli però che la Regione Puglia dal 2005 in poi è stata l’unica istituzione ad aver concretamente agito per fermare quella scellerata gestione della fabbrica, almeno fino a quando non è stata estromessa per legge da ogni possibilità di intervento sui controlli ambientali, con leggi nazionali che hanno fatto eccezione alle regole in vigore per il resto d’Italia”.