Affinché la prospettiva democratica di un unico Stato multietnico e laico per palestinesi ed ebrei divenga effettivamente realistica, ci sarebbe bisogno di un radicale mutamento dei rapporti di forza, in quanto gli occupanti manterranno i loro privilegi sino a quando non diverrà per loro controproducente tenerli in vigore.

 di Renato Caputo  

L’ennesima escalation del conflitto israeliano-palestinese sembra giunta a una nuova tregua. D’altra parte, possibilità di pace senza giustizia sono solo parventi e funzionali al mantenimento dello status quo, ovvero dell’occupazione. Allo stato attuale l’unica realistica soluzione del conflitto sembra essere una soluzione sul modello sudafricanoossia uno Stato democratico e laico dove possano convivere con gli stessi diritti tutti, a prescindere dalla religione, l’etnia etc. Naturalmente si tratta di un obiettivo democratico, da programma minimo per i comunisti, visto che non metterebbe in discussione le differenze sostanziali socio-economiche, né porrebbe fine allo sfruttamento, all’alienazione e alla schiavitù del lavoro salariato. Evidentemente, affinché la stessa prospettiva democratica divenga effettivamente realistica ci sarebbe bisogno di un radicale mutamento dei rapporti di forza, in quanto gli occupanti manterranno i loro privilegi sino a quando non saranno costretti a cedere, ovvero sino a quando non diverrà per loro controproducente mantenerli in vigore.

Il rovesciamento degli attuali rapporti di forza deve avvenire sia sul piano nazionale che sul piano internazionale. Da quest’ultimo punto di vista, sino a che l’imperialismo occidentale, Ue e Usa, sarà schierato a sostegno del sionismo, il mondo arabo manterrà complessivamente l’attuale neutralità e i paesi antimperialisti e in via di sviluppo non prenderanno le parti dei palestinesi, difficilmente vi sarà una sostanziale modificazione dei rapporti di forza. Affinché ciò avvenga ci sarebbe bisogno a livello globale di una forte mobilitazione delle masse popolari che facciano una tale pressione sui propri governi affinché Israele resti isolato, come lo fu il Sudafrica ai tempi dell’apartheid. Allo stesso tempo, in Israele dovrebbero essere messe da parte le forze della destra radicale, che dopo l’assassinio di Rabin hanno conquistato il potere e reso impossibile qualsiasi progetto di pace.

Affinché ciò avvenga ci vorrebbe una ripresa a livello internazionale delle forze antimperialiste. Allo stesso modo ci vorrebbe una ripresa delle forze realmente di sinistra palestinesi. Sino a che i palestinesi rimarranno divisi fra il partito liberal-democratico borghese Al-Fatah – che si mantiene al potere in Cisgiordania ponendosi a difesa degli accordi di Oslo, che gli israeliani non rispettano dall’assassinio di Rabin – e le forze conservatrici e oscurantiste islamiste dominanti nella Striscia di Gaza, difficilmente gli occupati sapranno conquistarsi, come avvenne al fronte antiapartheid in Sudafrica, il sostanziale e convinto appoggio dell’opinione pubblica internazionale

Inoltre sarebbe essenziale che Al-Fatah ponga immediatamente fine a ogni forma di collaborazione con gli apparati repressivi della potenza occupante e rompa a livello internazionale ogni cooperazione con le potenze imperialiste occidentali. Allo stesso modo le forze ora dominanti nella striscia di Gaza dovrebbero rompere la loro alleanza con le forze oscurantiste dei Fratelli musulmani, oggi rappresentate dai governi conservatore turco e reazionario del Qatar.

Sarebbe necessario eliminare una volta per tutte la fantomatica Autorità nazionale palestinese, per rendere evidente a livello internazionale l’iniquità dell’occupazione sionista della Palestina e per favorire l’organizzazione della lotta popolare degli oppressi contro gli occupanti. Sarebbe, infine, necessario, portate avanti lotte popolari di massa come quelle della prima Intifada e abbandonare le politiche avventuriste che hanno preso il sopravvento già durante la seconda Intifada e hanno favorito la sconfitta dei palestinesi in tutti i successivi scontri. Accettare lo scontro sul piano militare con un avversario enormemente meglio armato, dando l’impressione che si tratti di uno scontro fra due entità nazionali, non può che favorire lo scarso sostegno che ricevono dalle masse popolari internazionali le forze palestinesi.

Da parte nostra, occorrerebbe una importante mobilitazione che impedisca, in primo luogo, al nostro paese di continuare a essere il terzo fornitore di armi a livello internazionale allo Stato di Israele. A questo scopo andrebbero isolate e ridotte a una opposizione minoritaria le forze filoatlantiche e fautrici dell’imperialismo europeo, che ora non solo governano il paese ma sono anche egemoni fra le forze di opposizione.

A tale scopo, occorrerebbe far emergere la posizione sostanzialmente oligarchica dell’attuale governo, in primo luogo facendo venire meno la copertura a sinistra che riceve da parte di Pd, Movimento 5 stelle, Leu e i sindacati di massa. Per raggiungere l’obiettivo bisognerebbe ricostruire un blocco sociale alternativo a quello dominante, indispensabile per riaggregare un fronte unico delle forze realmente di sinistra, sulla base di un intransigente spirito di scissione nei confronti delle forze che da ala destra del movimento degli sfruttati, hanno cercato di ricollocarsi come ala sinistra delle forze politiche filoborghesi, tese a rappresentare politicamente il blocco sociale dominante. Tale spirito di scissione deve necessariamente manifestarsi anche nella chiara scelta di campo contro l’imperialismo – in primo luogo nazionale in secondo luogo europeo – che la sinistra borghese mira a rappresentare nelle istituzioni.

Solo a partire da tale spirito di scissione sarà possibile rilanciare una sinistra di classe, che non si limiti a rappresentare politicamente i ceti medi riflessivi e il cui perimetro non coincida più con la Ztl del centro cittadino. Da questo punto di vista è assolutamente indispensabile la più decisa rottura con tutte le forze politiche che sostengono il governo Draghi, a cominciare dal Pd che, spostandosi su posizioni sempre più liberali, ha finito per farsi guidare da un emblematico esempio di politico filo-oligarchico moderato.

Un politico che non solo nel discriminante scontro in Palestina si è apertamente schierato dalla parte degli occupanti e degli oppressori, ma che mira a conquistarsi la fiducia degli oligarchi alla guida dell’imperialismo europeo, presentandosi come il più fedele sostenitore dell’attuale governo italiano del capitale finanziario. Senza contare che l’attuale segretario del Pd, eletto all’unanimità, mira a spazzare via quel poco che resta della sinistra di classe, anche a costo di lasciare il governo del paese alle impresentabili destre radicali italiane. La prospettiva maggioritaria volta a rilanciare il bipolarismo rischia, in effetti, non solo di soffocare ogni forma di vita a sinistra, ma di fare il gioco del populismo della destra radicale “sociale”, che potrebbe governare con una larga maggioranza, senza una reale opposizione di sinistra.

Così facendo il Pd è riuscito non solo a farsi superare stabilmente nei sondaggi dalla Lega, ma a farsi ormai quasi raggiungere dagli stessi postfascisti, cui è stata quasi completamente abbandonata la rappresentazione dell’opposizione al governo del grande capitale finanziario. Peraltro lo sforzo del Pd di divenire il più fedele rappresentante della maggioranza Ursula in Italia – maggioranza egemonizzata dai popolari e ancorata ancora più a destra dall’ampliamento della grande coalizione di governo del parlamento europeo ai liberali – porta tale “partito” a farsi interprete di una Unione Europea sotto diversi aspetti spostata ancora più a destra dell’attuale imperialismo democratico a stelle e strisce.

Non a caso l’Ue è riuscita nell’ardua impresa di farsi scavalcare a destra, sulla decisiva questione dei brevetti dei vaccini, dagli stessi Stati Uniti in nome della sacralità della proprietà privata, e la Germania, saldamente alla guida dell’Unione Europea, è riuscita a porsi ancora più in sintonia con la destra radicale israeliana di Benjamin Netanyahu, rispetto alla stessa amministrazione Biden che, spinta dalla sinistra interna, ha finito con il fare delle pressioni decisive per porre fine, almeno per il momento, alla nuova escalation israeliana nel conflitto contro i palestinesi.

D’altra parte a forza di spostarsi a destra l’attuale leadership del Pd rischiava di lasciare una prateria a una forza credibile realmente di sinistra, purtroppo ancora colpevolmente assente. Così ha deciso di seguire la tattica di Matteo Salvini, ossia di stare comodamente al governo, facendo al contempo le parti di un’opposizione, sostanzialmente assente. Ecco, allora, la proposta schiettamente liberale e populista di tassare del 20% le eredità dei nababbi, per finanziare con qualche migliaia di euro la metà meno ricca dei diciottenni, che vorranno divenire imprenditori o proseguire gli studi. Con la giustificazione che gli attuali aiuti finanziari del governo porteranno a un aumento esponenziale del debito pubblico, che dovranno pagare principalmente le nuove generazioni. Nel teatrino della politica politicante italiana tale imbelle petizione di principio, prontamente respinta dal capo del governo, ha fatto stracciare le vesti a molti liberali, anche pseudo di “sinistra”, e ha portato l’unico quotidiano (sedicente) comunista a titolare “Letta barricadero” , con tanto di foto del post democristiano, aficionado della Trilateral (centro propulsore del capitalismo finanziario transnazionale), a occupare buona parte della prima pagina del giornale.

Tutto ciò, nonostante si tratti di uno storico cavallo di battaglia liberale contro l’attitudine medievale che consente ai padri di lasciare tutti i propri averi agli eredi, che si ritrovano così per nascita privilegiati – in barba alla meritocrazia e al self made man – sostituendo l’antica aristocrazia latifondista, con la nuova aristocrazia del denaro. Non a caso si tratta di una misura presente, peraltro in modo decisamente più incisivo, in praticamente tutti i paesi imperialisti e durante tutti i governi democristiani, anche negli anni più neri della guerra fredda. 

Si tratta, peraltro, di una pura e opportunista petizione di principio, dal momento che non è stata accompagnata da nessuna azione volta a tradurla in realtà, dinanzi alla ovvia contrarietà di buona parte dei soci di governo, dalla Lega, da Forza Italia a Renzi, con i Cinque Stelle al solito pronti a difendere il proprio qualunquismo, né di destra, né di sinistra, non prendendo posizione. Tanto più che, nel momento stesso in cui faceva questa del tutto imbelle proposta, Enrico Letta si precipitava a rassicurare i poteri forti dell’Unione Europea della propria assoluta fedeltà al governo Draghi. Peraltro, mirando populisticamente a distribuire reddito ai diciottenni, si tratta di una proposta che non sarà quasi certamente realizzata, non essendo funzionale a mobilitare i lavoratori e gli stessi sindacati concertativi e non.

Infine, davvero imbarazzante è stata la risposta del capo del governo dei peggiori, che ha ricordato che la proposta è fuori luogo, in quanto non si tratta del tempo del chiedere, ma del dare, senza naturalmente specificare a chi. Del resto era implicito, visto che si tratta come al solito di socializzare le perdite, privatizzando i profitti. Così, subito dopo, nonostante il governo ha sin dall’inizio fatto propaganda sulla necessità che gli studenti recuperassero il tempo perso in Dad – che resta però la panacea per ogni male, con il ministro dell’istruzione che la ha dichiarata permanente – è stata fatta una ordinanza per imporre alle scuola di fare gli scrutini prima della fine delle lezioni, per non pagare i precari impegnati negli scrutini, dopo la fine delle lezioni.

https://www.lacittafutura.it/editoriali/per-una-pace-giusta

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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