Nel quadro della lotta dei lavoratori TNT contro licenziamenti e ristrutturazione artificiale dell’azienda in chiave antisindacale, i padroni non si fanno più scrupoli ad assoldare mercenari per attaccare i picchetti di sciopero, con la complicità delle forze dell’ordine.
La scorsa notte un picchetto di operai TNT FedEx davanti al magazzino della multinazionale statunitense a Lodi, impianto fatto oggetto di diverse manifestazioni negli ultimi mesi, è stato brutalmente aggredito da un gruppo di individui vestiti da lavoratori. Dai video risulta chiaramente la preparazione e l’assoluta unilateralità dell’attacco, svolto con bastoni, tirapugni e pistole taser. Riportiamo il video pubblicato dal SI Cobas, che dirige questa lotta.
Diversi lavoratori in sciopero sono rimasti feriti, uno in condizioni gravi ricoverato in ospedale. Dopo le aggressioni da parte dei bodyguard assoldati dall’azienda a Milano questo segna un’ulteriore impennata di tensione. La lotta in FedEx iniziata dopo che la multinazionale aveva reso pubblica la propria intenzione di mettere in campo una ristrutturazione che avrebbe portato a oltre 6.000 licenziamenti in tutta Europa, aggravatasi dopo la chiusura del magazzino di Piacenza (chiusura costata 300 posti di lavoro e arrivata dopo le rassicurazioni della stessa azienda che in Italia non si sarebbero verificati esuberi), entra in una nuova fase dopo le aggressioni di stampo squadrista messe in atto per rompere i picchetti che in tanti stabilimenti stanno bloccando a scacchiera la filiera.
Nonostante persino parecchie figure istituzionali si siano espressi in maniera critica verso la FedEx per l’unilateralità della decisione di chiusura dell’impianto piacentino, rimane un largo disinteresse degli organi di stampa e la completa contiguità tra i picchiatori assoldati dai padroni e le forze dell’ordine, sempre presenti in massa ai picchetti ma attivi solo nel reprimere gli operai. Tutto ciò dovrebbe fare capire al di là di ogni ragionevole dubbio che non esiste una via di soluzione a questa vertenza che passi per la delega al governo e alle istituzioni della lotta tra aziende e lavoratori: sono le stesse istituzioni che mandano le forze dell’ordine o a reprimere direttamente i lavoratori in lotta, o a fare da spettatori se l’azienda ha già pronte delle sue squadracce.
L’unica soluzione oggi per difendersi (sul luogo di lavoro, ma anche fisicamente, fuori i cancelli) deve essere riposta nella più larga solidarietà operaia possibile, nell’unità d’azione delle forze della sinistra di classe. E qui arriviamo a dover denunciare il grande assente in tutta questa vicenda: i grandi sindacati confederali alla mercé di burocrati senza scrupoli e senza dignità, e una passività preoccupante da parte della classe operaia nel nostro paese, nonostante gli esempi positivi di piccoli settori che hanno alzato la testa contro questa collusione, e nonostante l’offensiva dichiarata da governo e aziende su licenziamenti e non solo.
Decenni di attriti, tanto politicizzati quanto poco vissuti dalla base, tra i gruppi dirigenti dei sindacati di base completano un quadro incentrato sullo spezzettamento di fatto della classe operaia proprio in un momento in cui dovrebbe agire nel modo più unitario possibile.
Eppure bisogna prendere posizione in questa battaglia, non si tratta solo di solidarietà sacrosanta verso lavoratori che perdono il lavoro, vengono picchiati selvaggiamente e denunciati dallo Stato. Si tratta del fatto che far vincere FedEx significa oggi far vincere tutte le fazioni schierate compattamente contro la classe operaia: dalle multinazionali disposte a versare il sangue dei lavoratori e delle lavoratrici, alle burocrazie sindacali prime artefici all’interno del corpo dei lavoratori della loro divisione, alle tendenze più ferocemente repressive e reazionarie ed infine del governo a guida Draghi.
La lotta in TNT-Fedex va avanti e si incammina verso la due giorni del 18 giugno con lo sciopero della logistica indetto dal SI Cobas e il 19 giugno, con la manifestazione nazionale a Roma contro lo sblocco dei licenziamenti. Tutti i militanti del movimento operaio e della sinistra sono chiamati a rispondere chiaramente e attivamente a questi attacchi violenti, gravissimi a danni di un intero settore di lavoratori in lotta.
Non lo si può fare in ordine sparso, ma rispondendo su scala nazionale, non solo a partire dal compito immediato dell’autodifesa di fronte ai cancelli, ma con mobilitazioni nei territori e la costruzione di uno sciopero generale, a partire dalla rivendicazione del rigetto dei licenziamenti, che coinvolga quanti più settori economici e sigle sindacali possibili.