Il sistema politico algerino è oramai da anni in una profonda crisi di delegittimazione: la popolazione del Paese nordafricano, infatti, non sembra più avere nessuna fiducia nel processo elettorale, né nelle istituzioni dello Stato. Da anni, oramai, l’affluenza alle urne è in caduta libera: per quanto riguarda le legislative, già nel 2012 più della metà degli elettori (il 57%) aveva deciso di non votare, mentre nel 2017 solamente il 35% degli aventi diritto aveva partecipato alle votazioni; alle presidenziali, che destano generalmente un interesse maggiore nella popolazione, aveva partecipato il 51,70% nel 2014 e solamente il 39,88% nel 2019. Tuttavia, le elezioni legislative dello scorso 12 giugno hanno battuto ogni record negativo, con solamente il 23,03% di partecipazione, di fatto un’elezione priva di qualsiasi legittimazione popolare.
L’Algeria, come noto, è da anni alle prese con grandi sommosse di protesta popolare, racchiuse sotto la denominazione di movimento Hirak. La fine della lunga presidenza di Abdelaziz Bouteflika, incarica dal 1999 al 2019, sebbene importante dal punto di vista simbolico, non ha realmente significato un cambiamento di rotta, ed il nuovo presidente eletto due anni fa, Abdelmadjid Tebboune, è in realtà proveniente dalla cerchia dello stesso Bouteflika. Tebboune, va detto, ha tentato di riguadagnare la fiducia della popolazione, attraverso un referendum costituzionale organizzato lo scorso novembre. Anche in quel caso, però, l’affluenza alle urne fu particolarmente bassa (23,14%), sebbene i due terzi di coloro che si recarono alle urne si espressero favorevolmente alle riforme proposte.
Considerando il contesto, i risultati delle elezioni legislative non rispecchiano realmente le posizioni politiche della popolazione. Di fatto, coloro che si sono recati alle urne sono principalmente sostenitori del sistema vigente ma, nonostante tutto, il partito al potere ha subito importanti perdite. Il Fronte di Liberazione Nazionale (Jabhatu l-Taḥrīri l-Waṭanī), che deve la sua celebrità alla guerra di liberazione condotta contro la potenza coloniale francese, ha ottenuto il secondo peggior risultato della sua storia, ottenendo 105 seggi sui 407 che compongono l’Assemblea Nazionale del Popolo (al-Majlis al-Sha’abi al-Watani). Il FLN resta la prima forza politica dell’emiciclo, ma di fatto ha oramai esaurito il proprio compito storico, né rappresenta più un punto di riferimento del socialismo arabo.
Il secondo partito più rappresentato in parlamento sarà il Movimento della Società per la Pace (Harakat mujtama’ as-silm), forza conservatrice islamista, che ha quasi raddoppiato la propria rappresentanza, passando da 34 a 64 seggi. Anche questo partito, comunque, fa parte della cosiddetta alleanza presidenziale, così come il Raggruppamento Nazionale Democratico, il partito dell’ex primo ministro Ahmed Ouyahia, che perde ben 47 seggi, passando da 100 deputati a 53. Questo significa che, nel complesso, l’alleanza presidenziale possiede 222 seggi su 407, un numero sufficiente per ottenere la maggioranza, ma nel complesso ha perso ben 69 scranni.
Tra gli altri partiti, hanno ottenuto un buon risultato il Fronte Futuro, partito nato nel 2012 da una costola del FLN, che ha eletto 48 deputati contro i quindici che aveva nella precedente legislatura, e il Movimento di Costruzione Nazionale, noto come El Binaa, che ha mantenuto gli stessi 40 scranni conquistati quattro anni fa. Da notare anche che ben 78 deputati sono stati eletti come indipendenti, mentre nel complesso sono ben tredici i partiti che hanno ottenuto almeno un seggio.
Nonostante la bassissima affluenza alle urne, il presidente Tebboune ha affermato di non considerare questo dato come un problema. Secondo il capo di Stato, “non c’è soglia di legittimità per un’elezione”. “Ho già detto che non mi interessa l’affluenza”, ha affermato Tebboune attraverso un comunicato stampa. “Quello che mi interessa è che chi uscirà dalle urne abbia la legittimità popolare che gli consentirà, domani, di esercitare il potere legislativo”. “Sono sempre ottimista indipendentemente dall’affluenza alle urne“, ha continuato il presidente Tebboune, osservando che l’affluenza alle elezioni legislative è spesso inferiore a quella registrata alle elezioni presidenziali.
Prima dello svolgimento delle elezioni, diversi partiti dell’opposizione avevano chiesto il rinvio delle stesse. A tal proposito, Tebboune ha risposto che “alcune persone cercano di imporre il proprio diktat senza che noi sappiamo chi rappresentano. Nessuna persona o gruppo può imporre il suo diktat a un intero popolo”. “Le elezioni legislative sono un passo nel processo di cambiamento”, ha detto ancora il presidente algerino, aggiungendo che “come tutti i cittadini, ho adempiuto al mio dovere elettorale. Si tratta di una seconda pietra miliare nel processo di cambiamento e di costruzione di un’Algeria democratica ancora più vicina di prima ai cittadini”.
Tuttavia, per il momento, il popolo al quale Tebboune si appella non sembra aver colto il processo di cambiamento di cui parla il presidente.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog