Da ventinove anni, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite condanna costantemente il blocco economico criminale imposto dagli Stati Uniti contro Cuba. Anche quest’anno, il verdetto della votazione è stato schiacciante, con ben 184 Paesi su 189 partecipanti che si sono schierati in favore della fine di questa ingiustizia che dura da sessant’anni. Solamente due Paesi si sono espressi contro la risoluzione, ovvero gli Stati Uniti e Israele, i due massimi esponenti della criminalità internazionale attraverso l’imperialismo e il sionismo. Altri Paesi vassalli dell’imperialismo statunitense, ovvero BrasileColombia e Ucraina, hanno avuto quanto meno la dignità di astenersi, mentre tutti gli Stati membri dell’Unione Europea hanno compattamente votato per la fine del blocco economico, appoggiando la risoluzione intitolata “Necessità di porre fine al blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli  Stati Uniti d’America contro Cuba”.

Il ministro degli Esteri cubano Bruno Rodríguez Parrilla ha classificato il voto all’Assemblea generale delle Nazioni Unite contro il blocco degli Stati Uniti come una grande vittoria per il popolo dell’isola: “Ancora una volta, dalle Nazioni Unite il mondo dice NO all’aggressione e alla fallimentare politica Usa contro Cuba”, ha scritto il ministro attraverso i social network.

Lo stesso capo della diplomazia cubana ha tenuto un discorso alle Nazioni Unite che ha preceduto il voto sulla risoluzione. Rodríguez Parrilla ha fatto una lunga presentazione sui danni causati alla popolazione dell’isola e sull’ingiustizia che viene commessa contro Cuba per mezzo delle manovre che Washington ha esercitato per decenni, in flagrante violazione del diritto internazionale. Il ministro ha sottolineato come questa politica abbia finito per screditare e isolare gli stessi Stati Uniti: “Molti sostengono pragmaticamente, anche all’interno del governo degli Stati Uniti, che il blocco dovrebbe finire perché è una politica anacronistica e inefficace, che non ha raggiunto e non raggiungerà il suo obiettivo”, ha affermato Rodríguez.

Secondo le stime, da aprile a dicembre 2020, il blocco ha causato a Cuba perdite dell’ordine di 3.586,9 milioni di dollari, che si sono sommate agli effetti del periodo precedente, per un totale di 9.157,2 milioni di dollari, da aprile 2019 a dicembre 2020. La pandemia di Covid-19 ha ulteriormente acuito le conseguenze del blocco economico nei confronti dell’isola, e l’amministrazione statunitense non ha mostrato nessuna volontà di allentare le misure coercitive.

Il rappresentante permanente di Cuba presso le Nazioni Unite, Pedro Luis Pedroso, ha denunciato che il governo degli Stati Uniti pretende di avere il diritto di mettere in discussione il modello cubano imponendo un blocco illegale alla nazione caraibica. Il diplomatico cubano ha anche precisato che Cuba non chiederà il permesso di continuare a costruire una società prospera, sostenibile, democratica e socialista e ha assicurato che il Paese ha ragioni sufficienti per essere orgoglioso in materia di diritti umani: “Abbiamo fatto molti progressi nel godimento dei diritti umani nonostante il blocco che il Paese affronta con insuperabile dignità e che è stato respinto oggi in questa Assemblea“, ha affermato Luis Pedroso. 

Il rappresentante dell’isola caraibica ha invece ricordato alla comunità internazionale quali sono i diritti umani che quotidianamente non vengono rispettati negli Stati Uniti: “Questo è il Paese in cui le cure mediche hanno costi eccessivi. È il Paese che rinchiude migliaia di bambini migranti in centri di detenzione separati dai genitori e dove le donne, di regola, percepiscono salari più bassi degli uomini a parità di lavoro. È il Paese che non può risolvere il razzismo strutturale e sistemico contro gli afro-discendenti, in particolare in termini di brutalità della polizia, profilazione razziale, accesso alla giustizia, popolazione carceraria, partecipazione elettorale, accesso all’istruzione e ai servizi sanitari. Questo è il Paese in cui si giustificano l’apologia dell’odio, la promozione di idee suprematiste, xenofobe e razziste. È il Paese in cui le armi da fuoco provocano circa 30.000 morti all’anno e in cui nella prima metà del 2021 ci sono state circa 280 sparatorie di massa”.

Numerosi governi stranieri hanno sostenuto la causa cubana, non solamente attraverso il voto alle Nazioni Unite. Il presidente del VenezuelaNicolás Maduro, ha valutato che “ancora una volta il mondo rifiuta l’aggressione imperialista contro l’isola della dignità, la nostra eroica Cuba. Un chiaro segno dell’emergere di un mondo nuovo, senza egemonia, più umano e solidale”. Il presidente della Bolivia, Luis Arce, ha elogiato la risoluzione emessa dalle Nazioni Unite e ha esortato i governi di il mondo a proseguire nella richiesta di revoca delle sanzioni contro Cuba: “Ancora una volta, il mondo chiede che il blocco criminale contro il degno popolo cubano finisca”. “C’è stato un voto alle Nazioni Unite e la stragrande maggioranza dei paesi del mondo ha votato contro il blocco. Hanno detto che il blocco deve essere revocato, con tutta chiarezza“, gli ha fatto eco il presidente del NicaraguaDaniel Ortega. Inoltre, il leader sandinista ha espresso la sua solidarietà al popolo di Cuba, che “ha conosciuto la tirannia e la dittatura imposte dall’impero yankee fino a quando non è stato finalmente liberato. Questo è ciò che gli imperi non ammettono, che una nazione e un popolo, che sono stati colonizzati e sfruttati da loro, decidono di essere indipendenti”.

Tra i pochi Paesi che si sono astenuti, come detto, c’è anche la Colombia, storico avamposto dell’imperialismo statunitense nel continente sudamericano. L’ex presidente colombiano Ernesto Samper ha tuttavia definito “vergognosa” la decisione del governo del suo Paese di astenersi dal voto alle Nazioni Unite. “Un altro contributo alla storia nera della politica estera“, ha detto.

In definitiva, l’ennesima votazione contro il blocco economico imposto dagli Stati Uniti contro Cuba da parte delle Nazioni Unite dimostra due cose: innanzi tutto, che l’embargo rappresenta un’ingiustizia palese anche agli occhi della maggioranza dei Paesi imperialisti a capitalismo avanzato, in quanto flagrante violazione del diritto internazionale, ed oggi anche del tutto anacronistico ed ingiustificato a trent’anni dalla fine della guerra fredda; in secondo luogo, che gli Stati Uniti continuano ad arrogarsi il diritto di decidere delle sorti degli altri Paesi, ritenendosi al di sopra del diritto internazionale e delle stesse Nazioni Unite, ignorandone dunque le risoluzioni. Il governo degli Stati Uniti – non ci stancheremo mai di ripeterlo – rappresenta la massima organizzazione criminale del pianeta, e come tale andrebbe combattuto da parte di tutta la comunità internazionale, indipendentemente dalle posizioni politiche ed ideologiche dei singoli governi.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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