Era il luglio del 2009, esattamente dodici anni fa, quando Boyko Borisov saliva per la prima volta alla guida del governo in Bulgaria. Da allora, il leader del partito GERB (Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria, in bulgaro Граждани за европейско развитие на България, traslitterato Graždani za evropejsko razvitie na Bălgarija), ha guidato in maniera quasi ininterrotta l’esecutivo di Sofia, ad eccezione del periodo tra il marzo del 2013 ed il novembre del 2014, e di un altro breve lasso di tempo di tre mesi nel 2017. A livello elettorale, il GERB sotto la guida di Borisov ha conquistato cinque vittorie consecutive, compresa quella dell’aprile di quest’anno, quando la forza di centro-destra ha raggiunto il 25,80%, confermandosi come prima forza del Paese.
Nonostante questo, tuttavia, Borisov non è riuscito a formare un’alleanza per mantenere la guida del governo, neanche rinunciando alla carica di primo ministro per proporre un nome di compromesso, quello del suo ex ministro degli Esteri, Daniel Mitov. Dopo diversi tentativi falliti anche da parte di altri partiti, la parola è a quel punto passata al presidente Rumen Radev, che non ha potuto far altro che indire nuove elezioni per l’11 luglio. Nel frattempo, l’indipendente Stefan Yanev ha assunto la carica di primo ministro ad interim per traghettare il Paese verso la scadenza elettorale.
La nuova tornata elettorale è risultata fatale per il GERB, che, per la prima volta dalla sua fondazione, non ha conquistato il primo posto alle legislative. Va detto, in realtà, che il partito di Borisov ha raggiunto il suo miglior risultato di sempre all’esordio elettorale, nel 2009, e da allora il trend è stato quello di un lento ma inesorabile calo. Questa volta, con il 23,21% dei consensi, la formazione di centro-destra ha dovuto cedere il primato alla piattaforma “populista” denominata C’è un popolo come questo (Има такъв народ; Ima takav narod), guidata da Slavi Trifonov, che per una manciata di consensi ha spodestato il GERB, chiudendo con il 23,78%, pari ad una differenza di circa 15.000 voti.
Il risultato è che la lista di Trifonov avrà a disposizione 64 seggi, uno in più del GERB e del suo parner di coalizione, l’Unione delle Forze Democratiche (Съюз на Демократичните Сили, СДС; Săjuz na Demokratičnite Sili, SDS). Una differenza minima, ma sostanziale, in quanto il presidente Radev sarà chiamato ad assegnare ad un rappresentante della lista populista l’incarico di formare il nuovo esecutivo.
Per quanto riguarda gli altri partiti, resiste al terzo posto il Partito Socialista Bulgaro (Българска Социалистическа Партия, БСП; Bălgarska Socialističeska Partija, BSP), che elegge 36 deputati con il 13,22% delle preferenze, ma che vede pericolosamente avvicinarsi la coalizione liberale Bulgaria Democratica (Демократична България, ДБ; Demokratična Bălgarija, DB), quarta con il 12,48% e 34 scranni conquistati. Restano nell’emiciclo di Sofia anche il Movimento per i Diritti e le Libertà (Движение за Права и Свободи, ДПС; Dviženie za Prava i Svobodi, DPS), che rappresenta in particolare la popolazione di origine turca, capace di ottenere 29 seggi (10,57%), e infine la lista In piedi! Mafia fuori! (Изправи се! Мутри вън!; Izpravi se! Mutri van!), che conferma i suoi 14 rappresentanti (4,95%).
In seguito alla pubblicazione dei risultati Trifonov ha proposto la formazione di un governo di minoranza da parte del suo partito, rifiutandosi di formare una coalizione con una delle forze politiche tradizionali. Potrebbero invece appoggiare il nuovo esecutivo sia Bulgaria Democratica che In piedi! Mafia fuori!, la lista di Maya Manolova, che ha un programma molto simile a quello del partito primo classificato. I tre partiti insieme collezionerebbero 112 seggi su 240, un numero insufficiente per ottenere la maggioranza.
Trifonov sarebbe inoltre pronto a rinunciare alla carica di primo ministro, che vorrebbe affidare invece a Nikolay Vasilev, il quale ha ricoperto diversi incarichi di governo tra il 2001 ed il 2009, compresi quelli di vice premier e di ministro dell’Economia. Economista cinquantunenne, Vasilev era infatti vicino al partito di centro-destra Movimento Nazionale per la Stabilità ed il Progresso (Национално движение за стабилност и възход, Natsionalno dvizhenie za stabilnost i vazhod, NDSV), oggi una forza politica minore, ma che tra il 2001 ed il 2009 ha fatto parte di due governi.
La proposta di Trifonov, tuttavia, ha suscitato subito malcontento tra le altre forze politiche, soprattutto tra quelle che vorrebbero appoggiarlo, anche perché la nomina di Vasilev sarebbe in netto contrasto con quanto proposto in campagna elettorale dallo stesso Trifonov. Per una lista che si propone di farla finita con la vecchia politica, proporre il nome di un ex membro del governo come premier non è di certo il massimo. Hristo Ivanov, leader di Bulgaria Democratica, uno dei potenziali alleati di Trifonov, ha a sua volta criticato questa scelta, affermando che è del tutto “ovvio che la gente non ha protestato né votato per un simile approccio”. Ivanov ha anche accusato Trifonov di trattare sottobanco con Mustafa Karadayi, leader del partito della minoranza turca: “Ovviamente Slavi Trifonov non fa affidamento sul nostro sostegno, sembra che si affidi a qualcun altro“, ha detto Ivanov.
Trifonov ha risposto facendo notare che lo stesso Hristo Ivanov è stato ministro della Giustizia del governo Borisov tra il 2014 ed il 2015, così come altri importanti esponenti politici hanno avuto una carriera politica in altri partiti: “Se Hristo Ivanov era ministro di Boyko Borisov, questo vuol dire per caso che il suo partito è il GERB 2? E Maya Manolova è stata vicepresidente dei socialisti, ma questo vuol dire che il suo partito è il BSP 2?”.
Altri hanno criticato Trifonov per aver annunciato il suo programma di governo attraverso i social network, e non attraverso i canali ufficiali. I suoi oppositori lo accusano infatti di voler trasformare la Bulgaria in una “Repubblica di Facebook”.
Per la Bulgaria, dunque, lo stallo di governo potrebbe non essere finito qui: molto dipenderà dalla capacità di Trifonov di ottenere il sostegno degli altri partiti “populisti”.
CLICCA QUI PER LA PAGINA FACEBOOK
Giulio Chinappi – World Politics Blog