Il 28 luglio 1821, il generale José de San Martín dichiarava l’indipendenza del Perù dalla Spagna, assumendo dal 3 agosto la carica di Protector del Perú, e divenendo di fatto il primo presidente del Paese sudamericano. La guerra con i realisti spagnoli proseguì poi fino al 1824, quando l’esercito della corona venne definitivamente sconfitto dagli uomini di Simón Bolívar nella decisiva battaglia di Ayacucho.
Il 28 luglio 2021, il Perù ha festeggiato il bicentenario, i duecento anni d’indipendenza, con il giuramento del nuovo presidente Pedro Castillo Terrones, vincitore delle recenti elezioni presidenziali. Castillo ha tenuto un discorso di insediamento in cui ha ripercorso le tappe della storia del Paese andino, ma ha anche fatto riferimento alle proprie umili origini, rivolgendosi alla maggioranza della popolazione peruviana, composta da lavoratori rurali: “Questa volta è arrivato un governo del popolo per governare con il popolo e per il popolo. Per costruire dal basso. È la prima volta che un partito politico formato nell’entroterra del Paese vince democraticamente le elezioni e che un insegnante, più precisamente un insegnante di campagna, viene eletto presidente della Repubblica”, sono state le prime parole del nuovo capo di Stato.
Castillo ha anche parlato della difficile situazione che vive il Perù in questo momento, afflitto da una grave crisi economica acuita dalla pandemia di Covid-19. Ad oggi, infatti, il Perù è il quarto Paese sudamericano più colpito dal virus con 2,1 milioni di casi ufficiali, ma è il secondo dopo il Brasile per numero di morti, con oltre 196.000 decessi, ed il primo al mondo nel rapporto tra morti e popolazione. “Dobbiamo governare in un momento di grande gravità per il Perù. Dobbiamo massimizzare i nostri sforzi per ottenere la vaccinazione di massa”, ha affermato al riguardo Castillo, assicurando che la salute nel suo governo sarà un diritto fondamentale che lo Stato deve garantire. Nel programma del partito di sinistra Perú Libre, infatti, è prevista la realizzazione di un sistema sanitario universale.
Dal punto di vista economico, nel 2020 il Perù ha subito una perdita dell’11,1% del proprio PIL, interrompendo una striscia di un ventennio in cui il Paese aveva sempre registrato una crescita. Castillo ha sottolineato come il Perù sia rimasto imbrigliato nel sistema neoliberista imposto nel corso degli anni ‘90, nel corso del decennio di presidenze di Alberto Fujimori: “Vogliamo costruire un Paese più prospero, più giusto”, ha detto il capo di Stato. “La proprietà delle persone ottenuta con i propri sforzi e nel quadro della legalità è garantita dallo Stato”, ha sottolineato, ma questa ad avere precedenza devono essere sempre “gli interessi della nazione”.
Castillo agirà anche per la riduzione del tasso di disoccupazione, attualmente superiore al 10%, e per aumentare i salari della classe lavoratrice. Il presidente ha promesso di creare un milione di posti di lavoro in un anno attraverso la costruzione di opere da parte dello Stato e dei governi locali. Inoltre verrà istituito un programma che prevede il versamento di 700 soles (pari a circa 150 euro) alle famiglie più povere.
Come ricordato dal diretto interessato, il nuovo capo di Stato del Perù è un insegnante, e come tale non potrà far altro che puntare molto sul settore dell’istruzione pubblica. Castillo ha a lungo denunciato lo stato in cui versa l’educazione peruviana, definendola in “stato di emergenza“. “Garantiremo il miglioramento dell’apprendimento dei bambini e dei giovani. Garantiremo che i curricula nazionali e i piani scolastici siano promossi dagli stessi docenti”, ha affermato. Inoltre, il nuovo governo promuoverà una politica di accesso gratuito all’università e all’istruzione superiore. Verrà infine creato un ministero della Scienza, della Tecnologia e dell’Innovazione Tecnologica per promuovere la conoscenza necessaria per “lo sviluppo e l’innovazione tecnologica in Perù“.
Castillo, infine, ha annunciato la volontà di promuovere una nuova carta costituzionale, sull’esempio di quanto sta avvenendo proprio in questo momento nel vicino Cile. Come il Cile sta cancellando la Costituzione nata sotto la dittatura di Augusto Pinochet, il Perù dovrà ora liberarsi della pesante eredità lasciata dalla dittatura di Alberto Fujimori. Tuttavia, Castillo dovrà fare i conti con un parlamento che cercherà di mettergli i bastoni fra le ruote: sebbene il suo partito sia il più rappresentato nell’emiciclo di Lima, con 37 seggi, anche aggiungendo i cinque scranni dell’altra lista di sinistra, Juntos por el Perú, resterebbe molto lontano dalla maggioranza di 66 seggi su 130. Le forze liberiste e reazionarie, rappresentate in massa, tenteranno in ogni modo di fermare la spinta progressista di Castillo.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog