L’avrà detto per qualche motivo… Forse qualcuno ha cercato di giustificare l’ingiustificabile, di fare l’avvocato del diavolo, di trovare una ragione dove non c’è nulla che sia riconducibile alla bontà di un pensiero razionale. Anche a voler cercare una qualche strategia politica nelle parole del ministro Cingolani (quello della “transizione ecologica” voluto da Grillo in persona), una sorta di eterogenesi dei fini, una specie di captatio benevolentiae nelle parole durissime sull’ambientalismo e gli ambientalisti pronunciate all’assise scolastica di Italia Viva, riesce difficile pensare che davvero dietro a quelle espressioni ci fosse altro.

Un po’ di ironia ci serve per sdrammatizzare, perché i toni del rappresentante ecologista (qui servirebbero le virgolette…) dei Cinquestelle nel governo Draghi sono davvero detonanti e non fanno bene al dibattito sui tanti temi che coinvolgono l’ambiente con i diversi aspetti della quotidianità di tutti. Cingolani voleva dire quello che ha detto: «Il mondo è pieno di ambientalisti radical chic ed è pieno di ambientalisti oltranzisti ideologici. Loro sono peggio della catastrofe climatica». Poteva esprimersi con un politicamente corretto dallo stile barocco-istituzionaleggiante: ha scelto invece la schiettezza. Ed almeno di questo gli va dato atto.

La sincerità procura amici e nemici, ma ha il pregio di evitare tanti salamelecchi e formalismi che fanno soltanto perdere tempo. La scelta, dunque, è chiara e precisa: sì al nucleare anche se, chiosa il ministro, quello di ultimissima generazione, un po’ come le tecnologie telefonico-internettiane. Qui si tratta di esplorare le ricerche su una energia che possa essere prodotto senza uranio arricchito e acqua pesante, ma intanto l’apertura governativa alle centrali nucleari viene messa sul tappeto della discussione, cercando di analfabetizzare gli ambientalisti descrivendoli come dei noiosi impiccioni che sanno solo dire di “no“.

In quanto a stile e ricerca della sintesi tra le varie posizioni, Cingolani poteva fare di meglio. Volutamente imbocca la via dell’attacco frontale, del tentativo di sminuire le ragioni dell’ecologismo critico bollandolo come “ideologico“, quindi assegnando all’ideologia una fisionomia di antipaticità che va molto di moda e che è una delle pietre angolari della damnatio memorie che si porta appresso dopo la fine della democrazia sostanziale associata a quella apparente e simboleggiante della cosiddetta “prima repubblica“.

Accusare qualcuno di essere “ideologico“, vuol dire attribuirgli una sterilità mentale che poggia, fondamentalmente, su una serie di costrutti aprioristici votati al fideismo politico, ad una cecità fanaticheggiante che impedisce di vedere come stanno realmente le cose. Se sei legato ad una ideologia, allora vuol dire che non hai idee ma soltanto dogmi in testa. Gira e gira, si vuole intendere questo. Invece l’ideologia dovrebbe essere una libera interpretazione dei rapporti sociali, di quelli tra noi e il resto del mondo che ci circonda: guardando al futuro, provando ad immaginarlo per costruirlo, facendo tutto ciò senza precostituzioni di sorta, ma avendo comunque ben chiaro il proprio pensiero, la propria volontà di agire.

Cingolani definisce gli ambientalisti dei “radical chic“,  stereotipando i peggiori luoghi comuni che si possono utilizzare per denigrare chi invece si batte quotidianamente per un mondo a misura di tutti gli esseri viventi, per un rispetto da parte della specie umana nei confronti della natura nel suo complesso e nella sua straordinaria complessità. Il ministro insulta gli ecologisti, li ridicolizza caricaturizzandoli e, nella scala della gravità di tutte le sciagure che possono piombare addosso all’ecosistema, li mette addirittura un gradino più in alto dell’emergenza climatica globale.

Peggio dello tsunami che investì le coste del Giappone e ruppe tutti gli argini di sicurezza della centrale di Fukushima, superando il livello 7 della scala INES, ci sono solo gli ambientalisti. L’ironia ci serve nuovamente, per rinfrancare lo spirito dopo tanta pesantezza nelle parole del ministro. Ma le parole sono pietre, pesano e, allo stesso tempo, mostrano quale sia la linea del governo Draghi in materia di transizione ecologica: l’esatto opposto dell’ecologia stessa.

Il ministro dovrebbe ricordare che nel nome dell’ambiente sono state fatte tante lotte contro le mafie, contro la criminalità organizzata, contro tutto quel groviglio di interessi economici e finanziari che sono il punto di partenza delle devastazioni di interi territori sia del nostro Paese sia del resto del pianeta. Secondo la visione nuclearista del ministro, se applicassimo la sua illogica retrodatandola al passato e facendone un universale interpretativo delle lotte ambientaliste degli ultimi cinquanta, sessant’anni, dovremmo dire che Chico Mendes era un antimodernista, un radical chic che voleva solo rompere le scatole all’avanzare del progresso…

E cosa dovremmo dire, tornando nella nostra attualità, delle decine di migliaia di ragazze e ragazzi che hanno marciato con Greta nelle piazze e nelle vie di tutti i paesi? Sono degli “oltranzisti” anche loro? Sono mossi da una icasticità ideologizzazione dei loro princìpi che gli impedisce di vedere tutte le potenzialità di un nucleare che ancora non esiste senza acqua pesante e uranio arricchito?

Dipingere gli ecologisti come se fossero dei talebani dell’ambiente e della difesa della natura tutta (animali non umani compresi) è banalizzare così tanto la portata della discussione sul futuro dell’umanità da renderla vuota a priori. E’ una mortificazione delle buone intenzioni tanto della scienza, che cerca di progredire in un compromesso tra produzione energetica e sostenibilità ambientale, quanto di quella grande parte di popolazione italiana, europea e mondiale che giustamente si dimostra criticamente scettica nei confronti di un ritorno al nuclearismo.

Il rapporto costi-benefici, se valutato in termini ormai quasi secolari, non è proprio a favore dei secondi… Ma dalle parole intransigentemente supponenti del ministro parrebbe l’esatto contrario. Ed allora, qual’è il vero approccio ideologico e oltranzista? Quello di noi ambientalisti, animalisti ed antispecisti o quello di chi si fa portavoce della bontà del nucleare senza lasciare spazio alle critiche, al confronto e, perché no, anche allo scontro?

Nel mentre discutiamo di obsolescenze che interessano soltanto a grandi magnati e costruttori di centrali, il punto di non ritorno per salvare il salvabile del pianeta si avvicina sempre più minacciosamente…

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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