I sondaggi dicono che i favorevoli al Certificato verde Covid sono il 75% della popolazione italiana. C’è da crederci, perché la vexata quaestio che si dibatte da settimane si incaglia nel cospirazionismo riduzionista e negazionista per una parte oggettivamente minoritaria della popolazione. Tuttavia, è una parte importante del Paese che non va lasciata a sé stessa e nemmeno stigmatizzata con anatemi, con condanne preventive e con altezzosi giudizi che vorrebbero pretendere di essere scevri da qualunque dubbio, analisi e critica propositiva.
Al comportamento dogmatico e intransigente dei No-Vax va contrapposto il massimo del ragionamento possibile, la più ostinatamente libera dialettica democratica che sia intavolabile in una discussione aperta, franca e senza simulazioni di alcun tipo, smontando uno per uno gli slogan deteriori dietro cui si muove un movimento eterogeneo in cui c’è chi dà le parole d’ordine volutamente confuse e confondibili e chi recepisce un messaggio già ampiamente compromesso nella sua pretesa di dimostrare il contrario di quanto afferma la scienza medica.
Settori della sinistra, sindacati confederali e di base, movimenti storici di opposizione alle privatizzazioni, alla trasformazione in merce di scambio di interi territori, dei beni comuni, quelli in lotta per la pace e per l’espansione dei diritti sociali e civili, hanno assunto posizioni contraddittorie, rimarcando ancora una volta la disomogeneità che pervade un mondo progressista italiano incapace di unirsi almeno nella condivisione di valori che vadano dalla difesa della salute del singolo a quella dell’intera comunità.
La difesa dei lavoratori e delle lavoratrici dovrebbe passare dalla tutela della loro salute entro il luogo dove prestano la loro mano d’opera o il loro intelletto al padrone o all’ente amministrativo. Il Green pass avrebbe, dunque, dovuto essere interpretato come strumento di eliminazione di un pericolo: quello di rischiare, oltre ad altri incidenti dovuti alla mancanza di sicurezza, anche quello di ammalarsi di Covid.
Il governo ha gestito superficialmente la questione, l’ha volutamente lasciata nel chiaroscuro delle più ampie e controvertibili interpretazioni: si è dato così adito ad una recrudescenza del negazionismo peggiore, quello che non si limita alla contestazione del Green pass, ma che utilizza una serie di pretesti per fantasticare di complotti che si fanno beffe della storicità dei fatti, paragonando l’Olocausto ad una misura di salute pubblica. Vedere nelle medesime piazze i sindacati di base con gente che porta magliette e cartelli con sopra scritto: “Green pass macht frei” è una bestemmia contro le vittime del Terzo Reich, contro la Storia con la esse maiuscola, contro la verità dei fatti che, nonostante tutto, sono l’ultimo argine che rimane davanti a tanta (voluta o meno) stupidità.
I messaggi e le lotte sindacali, sociali e politiche possono essere i più giusti, dettati dalla più genuina buona fede, ma se come conseguenza hanno anche quella di avere come compagni di strada persone che recitano giaculatorie ossessive contro il sistema paragonando Auschwitz all’Italia di oggi e scrivendo “Green pass” con le esse runiche tanto care ad Himmler, ebbene qui si è scavalcato un limite invalicabile che è la coscienza civile e morale, quel rispetto che dobbiamo a tutte e tutti nel doverlo a noi stessi.
I No-Vax hanno platealmente abusato della libertà di parola e di espressione affidandosi ad una approssimazione dei temi da cui hanno tratto una narrazione veramente altamente tossica che, esponenzialmente, ha alzato il tiro contro l’oggettività dei dati scientifici e ha mescolato la lotta sacrosanta alle multinazionali del farmaco e alla vergogna dei brevetti privati un sistematico attacco alla scienza vista unilateralmente e miopemente come collaborazionista del complotto per instaurare tante “dittature sanitarie” in altrettanti paesi del mondo.
I sindacati e le organizzazioni progressiste avrebbero dovuto, nel difendere i lavoratori dagli eccessi antisociali della pandemia (provocati per lo più dalle politiche economiche difese dai governi liberisti) tenere lontane le critiche sociali da quelle delle fantasie di complotto, operando una distinzione fondamentale per interpretare pragmaticamente l’azione di un governo che ha obbedito a logiche di stabilizzazione della maggioranza di unità nazionale piuttosto che al senso di responsabilità verso la popolazione.
Salvaguardare le lotte dalla propaganda No-Vax avrebbe consentito di ampliare il fronte delle manifestazioni antigovernative, permettendo di mettere un argine al rimestare nel torbido delle pulsioni popolari da parte delle destre sovraniste e fasciste. Mettere accanto diritto alla salute e lavoro, scienza e diritti sociali, sostenuti da una cultura del dubbio e al tempo stesso del rispetto per i progressi dei ricercatori, per una medicina rivolta al bene collettivo e singolo, senza scadere in vortici vertiginosi fatti di mere illazioni, di tanti, troppi “sentito dire”, davvero avrebbe permesso di contenere la protesta fine a sé stessa.
Il Green pass ha finito, invece, col discriminare una parte di lavoratori, ha esacerbato la rabbia cavalcata dai complottisti destrorsi, mentre i sindacati inseguivano questa stessa rabbia e le abborracciate soluzioni dei No-Vax, temendo di perdere consenso, paventando una ulteriore restrizione della propria rappresentanza nei luoghi di lavoro. Invece bisognava avere il coraggio di sostenere le ragioni della scienza unendo due critiche distinte e parallele: all’esecutivo e agli estremisti antivaccinisti.
Un’occasione persa, quella pandemia, per una costituente sociale, sindacale e politica di un progressismo vero, riformista quanto si vuole, ma senza dubbio migliore dell’accrocchio governativo e della istrionica, inquietante galassia No-Mask, No-Vax, No-Pass.