Come in molti altri Paesi, anche in Bulgaria il sistema politico della democrazia borghese è in piena crisi. Dopo le elezioni legislative di aprile e quelle di luglio, i partiti del Paese dell’Europa orientale non sono riusciti a trovare un accordo per formare una maggioranza di governo, costringendo all’organizzazione di una terza tornata elettorale nell’arco di pochi mesi, che avrà luogo il prossimo 14 novembre, in concomitanza con le elezioni presidenziali che erano già programmate da tempo.
In effetti, il presidente Rumen Radev (in foto) ha provato tutte le strade possibili per riuscire a mettere d’accordo le forze politiche del parlamento di Sofia, assegnando a diversi partiti il compito di comporre il nuovo esecutivo. Tuttavia, nessuno dei tre partiti più votati alle ultime elezioni è riuscito nell’intento, costringendo il capo di Stato ad indire nuove elezioni, secondo quanto previsto dalla Costituzione.
Gli ultimi ad alzare bandiera bianca sono stati i socialisti del Partito Socialista Bulgaro (Българска Социалистическа Партия, БСП; Bălgarska Socialističeska Partija, BSP), secondo i quali formare un governo avrebbe dovuto rappresentare un atto di responsabilità per le forze politiche. Ad inizio settembre, la leader socialista Korneliya Ninova ha però dovuto restituire il mandato nelle mani del presidente Radev, affermando che tutti i potenziali alleati si sono rifiutati di sostenere un eventuale governo guidato dal BSP. “Abbiamo fatto del nostro meglio e abbiamo fatto appello al buon senso e alla responsabilità, ma non ha funzionato“, ha detto Ninova.
Questo significa che le redini del governo sono nel frattempo rimaste nelle mani del primo ministro ad interimStefan Yanev, ex ministro della Difesa che è stato incaricato da Radev di traghettare il Paese alle nuove elezioni dopo il fallimento di aprile, ma che oramai si trova in quella posizione da quasi cinque mesi. Il governo provvisorio ha poteri limitati rispetto ad un governo appoggiato dalla maggioranza parlamentare, e secondo molti analisti questo ha ostacolato la capacità della Bulgaria di affrontare in modo efficiente la pandemia di Covid-19, proprio mentre il Paese si trova nel bel mezzo di una quarta ondata.
Tuttavia, i problemi della Bulgaria in campo sanitario non sono certamente iniziati con il governo provvisorio di Yanev, ma affondano le proprie radici nelle criticità sistemiche che affliggono la Bulgaria post-comunista, accentuate da anni di privatizzazioni sotto i governi di destra dell’ex primo ministro Boyko Borisov e del suo partito, Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria (Граждани за европейско развитие на България – ГЕРБ; Graždani za evropejsko razvitie na Bălgarija – GERB). “La rinomata rivista medica ‘Lancet’ ha pubblicato un’analisi dei risultati della pandemia di coronavirus. Il primo è che il livello di qualità dell’assistenza sanitaria deve essere uguale ad ogni gradino della scala sociale. In caso contrario, si verificano l’intera struttura dell’assistenza sanitaria può crollare. La seconda conclusione è che i sistemi sanitari sono importanti per il mondo quanto i sistemi bancari. E devono essere trattati con estrema cura. Questi due fattori non esistono in Bulgaria ed è per questo che siamo al primo posto in termini di mortalità e ultimi in termini di vaccinazione”, ha detto il professor Georgi Mihailov in una trasmissione televisiva della tv nazionale.
Secondo il Movimento Comunista “Che Guevara”, un partito bulgaro che fa parte dell’Unione di Sinistra, “l’assistenza sanitaria deve essere un sistema pubblico, l’assistenza pre-ospedaliera e ospedaliera deve essere pubblica, le attività private nel settore sanitario devono essere fermate, i bambini, gli studenti, le madri e i pensionati devono ricevere farmaci gratuiti”.
Tornando alle vicende politiche delle ultime settimane, l’11 settembre, Radev ha annunciato lo scioglimento del parlamento ed ha fissato la data delle nuove elezioni al 14 novembre, data che era già stata fissata per le elezioni presidenziali, nelle quali lo stesso Radev, politicamente vicino ai socialisti, cercherà la riconferma. Si tratterà anche della prima volta nella storia della Bulgaria in cui le due elezioni più importanti avranno luogo in contemporanea. Radev ha spiegato di aver effettuato questa scelta “per risparmiare i fondi del tesoro pubblico e il tempo degli elettori”.
Le elezioni del 14 novembre saranno dunque decisive per il futuro politico della Bulgaria, e non solo per i meri risultati elettorali. Una nuovo tentativo mancato di formare un governo rappresenterebbe un fallimento totale della democrazia borghese in Bulgaria, che del resto andrebbe a sommarsi alla crisi che questo sistema politico ha vissuto e sta vivendo in numerosi altri Paesi occidentali. Pensiamo ad esempio ad Israele, dove si sono svolte quattro tornate elettorali in un lasso di tempo molto breve, oppure ai Paesi Bassi, dove, con più di sei mesi di ritardi rispetto alle elezioni di marzo, ancora non è stata proclamata la nascita del nuovo governo. In generale, in quasi tutti i Paesi, i tempi di attesa tra le elezioni e la formazione di una maggioranza di governo si stanno dilatando sempre più, mettendo a nudo le lacune di un sistema che non riesce più a garantire né la rappresentatività né la governabilità.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog