‘Siete proprio come vi vogliono i padroni: servi, chiusi e sottomessi. Se il padrone conosce 1000 parole e tu ne conosci solo 100 sei destinato ad essere sempre servo‘, don Lorenzo Milani
I livelli di istruzione e partecipazione nel nostro Paese sono tra i più bassi in Europa. A certificarlo è l’Istat. I laureati in Italia sono il 20,1% della popolazione, mentre nel Vecchio continente sono il 32,8%. Ampie sono anche le differenze sul territorio nazionale. Nel Mezzogiorno sono il 16,2%, al Nord sono il 21,3% ed al Centro il 24,2%.
L’Istituto di statistica registra un’analoga distanza con la quota di popolazione che ha almeno un diploma. Nell’Unione europea a 27 sono il 79,0%, nel nostro Paese il 62,9%. Le disparità sono evidenti anche tra il Nord ed il Sud Italia. Nel Meridione solo il 38,5% di adulti ha il diploma di scuola superiore, mentre nel Nord e nel Centro sono circa il 45%. Nel 2020 i giovani che hanno abbandonato gli studi sono stati il 13,1%. Il maggior numero, cioè il 16,3%, è stato registrato nel Mezzogiorno, l’11,0% al Nord e 11,5% al Centro.
L’abbandono scolastico, sottolinea l’Istituto di ricerca, è maggiore tra gli studenti i cui genitori hanno conseguito solo la licenza media o che esercitano una professione non qualificata oppure non hanno un’occupazione stabile.
Il report dell’Istat è una ulteriore conferma dell’esistenza delle ingiustizie e delle disuguaglianze sia a livello continentale che sul territorio nazionale. I giovani meridionali come i loro padri non hanno le stesse opportunità formative e professionali dei loro coetanei del centro e del nord del Paese.
Il livello di istruzione ha anche implicazioni politiche e sociali. Per i populisti ed i sovranisti tanto più basso è il livello culturale dei cittadini tanto più facile sarà per loro ottenerne il consenso. La crescita culturale è indispensabile per il progresso civile di una comunità, ma questa non potrà esserci se non sarà accompagnata da una riduzione delle ingiustizie e delle disuguaglianze economiche e sociali.
Fonte istat.it