Jeremy Corbin e Julian Assange
Francesco Cecchini
L avvocato James Lewis, rappresentante gli Stati Uniti, ha presentato lo scorso 27 ottobre una nuova richiesta di estradizione per Julian Assange dalla Gran Bretagna, sostenendo che le preoccupazioni sulla salute mentale del fondatore di WikiLeaks non dovrebbero impedirgli di affrontare la giustizia degli Stati Uniti. Il cinquantenne australiano è ricercato negli Stati Uniti con 18 capi di accusa penali, inclusa la violazione di una legge sullo spionaggio, dopo che il suo gruppo ha pubblicato migliaia di file segreti classificati e cablogrammi diplomatici nel 2010. Il 7 dicembre 2010 Julian Assange si presentò spontaneamente negli uffici di Scotland Yard e venne arrestato in seguito al mandato di cattura europeo per un’ accusa pretestuosa proveniente dalla Svezia, mantenuta artificialmente in vita per anni e infine archiviata il 19 maggio 2017. Dal 7 dicembre 2010 Julian non è più stato un uomo libero, alternando brevi periodi di libertà vigilata a lunghissimi periodi di segregazione, tutti nel Regno Unito, prima nell’ambasciata dell’Ecuador e poi nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, la Guantanamo britannica. Tra poco scoccherà l’ undicesimo anno consecutivo di privazione della libertà per un essere umano cittadino di un paese democratico, sul suolo di un secondo paese democratico, con la complicità di altri due paesi democratici e su istigazione di un quinto paese democratico, tutto questo in assenza di una condanna, neppure in primo grado, per un fatto specifico. E tutto questo a causa della strumentale alternanza di svariati capi di imputazione, mutevoli come le stagioni politiche, variabili come il tempo una giornata di marzo. Forse dovremmo parlare non di paesi “democratici”, ma di paesi “a democrazia limitata”.
L’ ex leader laburista britannico, Jeremy Corbyn, ha affermato che Julian Assange andrebbe ringraziato per aver fatto emergere, attraverso i documenti segreti intercettati da WikiLeaks, tanti fatti inconfessabili e crimini di guerra imputati agli americani in Afghanistan e in Iraq; non certo consegnato agli Usa, che gli danno la caccia da oltre un decennio e dove rischia di andare incontro a una condanna a 175 anni di galera.
La difesa di Julian Assange continua a dubitare sull’ affidabilità delle garanzie offerte dagli Stati sul suo trattamento in carcere se estradato in quel paese, che aspira a processarlo per le rivelazioni del suo portale WikiLeaks sui crimini di guerra e a tal fine si attende l’ esito di un’ udienza di appello.
Julien Assange libero
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