La responsabilità del capitalismo nel causare il cambiamento climatico ha ora nuova visibilità. Tale relazione è stata riaffermata dalla squadra di scienziati che consigliano i leader mondiali presenti alla 26° Conferenza delle Parti (COP26) dal 1° al 12 novembre a Glasgow. Per rallentare il cambiamento climatico e mitigarne gli effetti, dicono, si deve ridurre l’impatto del capitalismo sul clima.
di W. T. Whitney, Jr. – MLToday*
La crisi climatica sta peggiorando. Per la rivista Monthly Review, l’incontro COP26 rappresenta “un ultimo sforzo per raggiungere una soluzione globale in nome dell’intera umanità”. La COP è l’organo decisionale della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 1995.
Il Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (Panel on Climate Change, IPCC), sponsorizzato dall’ONU e composto da 230 climatologi provenienti da 66 paesi, controlla le tendenze e gli effetti del cambiamento climatico. Le sue osservazioni, analisi e raccomandazioni appaiono nei Rapporti di valutazione dell’IPCC, che vengono pubblicati periodicamente. Gli scienziati dell’IPCC, che “hanno passato gli ultimi 3 anni a rivedere più di 14.000 studi”, stanno per pubblicare il sesto Rapporto di valutazione, di 4.000 pagine.
Il 9 agosto 2021 hanno rilasciato la Parte I del Rapporto sulle “basi fisico-scientifiche del cambiamento climatico”. L’IPCC non rilascerà la Parte II, sugli impatti e la Parte III, sulla mitigazione, fino all’inizio del 2022, dopo che tutti gli stati membri delle Nazioni Unite avranno esaminato le due sezioni. Porzioni chiave delle due Parti sono trapelate e ampiamente diffuse e sono la base di questo articolo.
I precedenti Rapporti di valutazione attribuivano il cambiamento climatico all’attività umana, non specificata. Con il collegamento effettuato dagli scienziati dell’IPCC tra l’espansione della produzione industriale e del consumismo con l’aumento delle emissioni di gas serra, entra nel quadro il capitalismo.
Come riassunto dai redattori del Monthly Review, la Parte II afferma che: “La vita sulla Terra può riprendersi da un drastico cambiamento climatico evolvendo in nuove specie e creando nuovi ecosistemi. Gli esseri umani non possono… Abbiamo bisogno di un cambiamento radicale che operi su processi e i comportamenti a tutti i livelli: individuo, comunità, affari, istituzioni e governi. Dobbiamo ridefinire il nostro stile di vita e di consumo”.
Una scoperta importante della Parte III, secondo i redattori, è che “i miglioramenti tecnologici che permettono una relativa decarbonizzazione, non sono sufficienti. Piuttosto, ciò che è richiesto… ‘è un cambiamento strutturale fondamentale a livello globale’ … nei sistemi di produzione e consumo. Le transizioni accelerate del cambiamento climatico richiedono un passaggio a sistemi completamente nuovi di sviluppo sostenibile. Il ‘cambiamento trasformativo’ deve sostituire i cambiamenti incrementali favoriti dallo status quo”.
Monthly Review ha anche indicato che “per la prima volta nel processo dell’IPCC”, la Parte III ha richiesto una “svolta verso strategie dal lato della domanda, esplorando tagli nell’uso dell’energia e in tutti i settori economici, così come perseguendo con determinazione la conservazione e percorsi a basso consumo energetico”.
La parte III, in modo cruciale, indica ad un certo punto, riferendosi all’analisi di Malm e altri, che: ‘Il carattere dello sviluppo sociale ed economico prodotto dalla natura della società capitalista [è] …in definitiva insostenibile.’”
Questa non è un’idea nuova. I fautori della sostenibilità ambientale – marxisti, scienziati di orientamento socialista, eco-socialisti, ambientalisti – si sono a lungo preoccupati dell’impatto del capitalismo sull’ambiente. Il visionario studioso marxista Kenneth Neill Cameron ha invitato ad agire quasi 30 anni fa. Concludendo il suo libro Marxism, a Living Science (International Publishers, 1993), parla del riscaldamento globale.
“La maggior parte dei marxisti scrivono come se… il progresso sociale avvenisse in una bolla sociale isolata dalla natura. L’evidenza scientifica, tuttavia, indica un’era di stress ambientale. L’evidenza era già forte nel 1984 quando questo libro andò in stampa per la prima volta… [È] una prospettiva al di là di qualsiasi cosa che Marx ed Engels dovettero affrontare… Chiaramente la lotta per il socialismo avrà luogo allora in un mondo tormentato da disastri naturali di origine sociale”.
Cameron esplora il contenimento del combustibile fossile e l’affidamento all’energia alternativa. Suggerisce che “c’è solo un modo conosciuto per rallentare e poi eliminare questi disastri, cioè eliminare gradualmente i gas che li causano”. Egli dichiara che:
“Sostituire completamente la struttura industriale basata sui combustibili fossili va oltre la capacità del capitalismo e richiede un’economia pianificata socialista… Con il progredire di questa lotta diventerà evidente che la sopravvivenza umana dipenderà non solo dall’energia pulita, ma da un sistema socio-economico gestito dal popolo nel proprio interesse. In breve, è stata aggiunta una nuova dimensione alla lotta per il socialismo, che non mira più solo alla ‘giustizia sociale’ universale ma ad assicurare la sopravvivenza umana”.
I marxisti come Cameron, tuttavia, si rendono conto che le parole e la teoria non sono sufficienti. Da Marx, sanno che limitarsi a interpretare il mondo non basta; “Il punto… è cambiarlo”.
I marxisti sono in grado di inquadrare l’azione per il cambiamento climatico in modo diretto. Nella misura in cui il loro obiettivo primario è combattere il capitalismo e il capitalismo causa il cambiamento climatico e il cambiamento climatico mette in pericolo l’umanità, i marxisti hanno il dovere di coinvolgersi nella lotta per il clima come studenti, insegnanti e attivisti.
Come potrebbero farlo e quali potrebbero essere le prospettive?
Le opinioni degli scienziati dell’IPCC, essendo circolate, costituiscono una sorta di avallo dell’ONU alla lotta contro il capitalismo. Nella misura in cui la posizione dell’ONU guadagna rispetto, il capitalismo può diventare oggetto di legittima critica all’interno della società nel suo complesso. Questo è utile.
I marxisti, autodefinitisi “socialisti scientifici” e inclini a teorizzare, analizzare i problemi e fare strategie, sono preparati. Come materialisti, abbracciano l’indagine scientifica e lo studio del mondo naturale. L’intersezione di scienza e politica è un territorio familiare.
Marx stesso ha ideato questo approccio. Per esempio, fece l’associazione tra la diminuzione della produttività del suolo in Gran Bretagna e la fiorente industrializzazione. Dopo essersi consultato con scienziati tedeschi, concluse che lo spostamento dei piccoli agricoltori dalla terra alle fabbriche britanniche, come operai industriali, aveva portato a ridurre la concimazione delle colture: poiché i contadini avevano abbandonato la terra, il fertilizzante sotto forma di escrementi animali e umani scarseggiava.
I marxisti sono versatili. Avendo elaborato teorie e strategie e avendo agito in situazioni molto diverse, hanno dimostrato di essere probabilmente in grado di affrontare la crisi climatica. Hanno studiato e difeso il lavoro salariato impoverito dall’estrazione del plusvalore, i piccoli agricoltori sfollati ed oppressi dai proprietari terrieri, le donne (per lo più) che lavorano nella riproduzione sociale senza salario e coloro i cui corpi, la cui terra o le cui risorse del sottosuolo sono stati saccheggiati.
Ma il capitalismo non scomparirà rapidamente. Dopo tutto, la preparazione del capitalismo per come appariva nel 1800 aveva richiesto un paio di secoli. Finché permane il capitalismo, la formazione di un movimento di massa pronto a difendere la sostenibilità ambientale e il clima, non avverrà presto, soprattutto nel mondo industrializzato.
Per salvaguardare i loro posti di lavoro, i salari e gli stipendi, i lavoratori impiegati da entità dipendenti direttamente o indirettamente dall’economia di mercato richiedono stabilità economica e prevedibilità. Sotto il capitalismo, questo significa un’economia che produce e cresce, sempre: un’economia che, lungo la strada, aggrava il cambiamento climatico. I lavoratori, quindi, possono trovare più interessante a preservare lo status quo che perseguire obiettivi realizzabili solo in futuro, per quanto virtuosi possano essere.
Analogamente, molti lavoratori salariati, disoccupati, sindacalisti e anziani sono diffidenti nei confronti del movimento ambientalista. Possono titubare per il coinvolgimento apparentemente sproporzionato di attivisti con stili di vita agiati o obiettare sulla scarsità di neri o comunque non bianchi in tali campagne. Non è ancora chiaro come questi progetti gemelli, sostituire il capitalismo e affrontare il cambiamento climatico, alla fine si uniranno.
Emerge comunque la possibilità che il capitalismo in crisi, carico di contraddizioni, affronti una sorta di collasso. In agguato ci sono disastri come pandemie, guerre, massicci default del debito, sottoproduzione dovuta a catastrofi causate dal clima, carenza di petrolio e altro. In situazioni di caos come queste, potrebbe verificarsi la costruzione di una risposta di massa alla crisi climatica, che sia collettiva, anticapitalista e necessaria.
Lo stimolo deriverebbe da paure e preoccupazioni. Queste, naturalmente, potrebbero anche portare alle soluzioni autoritarie dei fascisti e dei loro simili. Un tale esito potenziale aggiunge l’urgenza di preparare la grande mobilitazione di carattere socialista di cui abbiamo bisogno.
Nel frattempo, socialisti e marxisti hanno promosso programmi diretti a proteggere l’ambiente e il clima. Questi sono i programmi polivalenti spesso indicati come Green New Deals, come delineato nel libro Green Strategy di Mark Brodine, nell’articolo di John Molyneux su Climate & Capitalism e da Sean Sweeney che scrive su New Economic Forum. Come immaginato, accompagnerebbero proposte di vasta portata per un cambiamento sociale e politico progressivo. Tali imprese sono a rischio di cooptazione da parte dei colossi imprenditoriali e di altre forze capitaliste.
Mentre la lotta per migliorare il cambiamento climatico procede, i marxisti dovrebbero approfittare della trasferibilità del loro messaggio [che può essere insegnato e appreso, ndt]. L’idea che i fenomeni siano collegati – capitalismo, espansione della produzione e aumento delle emissioni – è basata sui fatti e logica. Spiegazioni più deboli danno la colpa alla perversione degli individui. L’attenzione esclusiva sulla miopia, il disprezzo per la verità, l’ignoranza, la mancanza di cuore e/o l’immoralità distrae dai fattori sociali in gioco.
La lotta di classe si intensificherà senza dubbio negli anni a venire. Di fronte al caos climatico, le classi superiori, con i loro soldi, le loro proprietà e le loro relazioni, cercheranno di isolarsi dalle turbolenze e dalle vittime, forse persino di assumere dei sicari per proteggere i loro rimanenti privilegi.
Rovinate dal cambiamento climatico e dalle sue conseguenze – desertificazione, siccità, inondazioni, senza case, senza mezzi di sussistenza – le persone in fuga in tutto il mondo diventano gli scarti delle società opulente. Facilmente demonizzati, servono come pedine per dividere e paralizzare la classe lavoratrice. La loro condizione, come null’altro con altrettanta forza, pretende una ridistribuzione della ricchezza e delle risorse, se le nozioni di bene comune significano qualcosa.
Lo scopo di questo articolo è quello di aumentare la coscienza dei marxisti, dei socialisti e di chiunque altro. I marxisti dovrebbero rendersi conto che possono contribuire e persino guidare gli sforzi collettivi per prevenire il cambiamento climatico e per mitigarne gli effetti negativi. Hanno due grandi risorse: la catena di causalità dal capitalismo al cambiamento climatico e l’anticapitalismo, che è il loro principio fondamentale.
Stiamo affrontando “la tragedia dei nostri tempi” e i paesi sono “ora così pericolosamente vicini al baratro”. (Il primo ministro delle Barbados Mia Mottley) Il tempo è scaduto; i socialisti rivoluzionari di tutti i tipi devono stabilire delle priorità. Che la discussione e il lavoro abbiano inizio.
*Traduzione in italiano a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare per Resistenze
http://www.sinistraineuropa.it/approfondimenti/per-gli-scienziati-dell-onu-il-capitalismo-e-responsabile-del-cambiamento-climatico/