Nella giornata del 4 dicembre, i cittadini del Gambia, il più piccolo Stato dell’Africa continentale, sono stati chiamati alle urne per le elezioni presidenziali. Indipendente dal 1965, il Gambia ha avuto solamente tre presidenti nella sua storia: Dawda Jawara (1970-1994), Yahya Jammeh (1994-2017) ed Adama Barrow. In nessuno dei due casi precedenti, il passaggio del potere è avvenuto in maniera pacifica.
Alle elezioni di quest’anno, il grande favorito non poteva che essere il presidente in carica, Adama Barrow, che andava alla ricerca di un secondo mandato quinquennale per il National People’s Party (NPP), una formazione che si colloca al centro dello spettro politico. Come previsto, Barrow ha ottenuto una vittoria schiacciante con il 53,23% delle preferenze, ottenendo quasi il doppio dei voti del suo rivale più accreditato, l’ex vicepresidente Ousainou Darboe (27,72%). Leader dello United Democratic Party (UDP), Darboe ha sostenuto Barrow fino al marzo 2019, quando è uscito dal governo.
Tra gli altri candidati, in terza posizione troviamo Mama Kandeh, leader del Gambia Democratic Congress (GDC), che ha ottenuto il 12,32% delle preferenze, perdendo quasi cinque punti percentuali rispetto al risultato ottenuto nel dicembre del 2016. Il deputato Halifa Sallah, candidato del partito più orientato a sinistra della politica gambiana, il People’s Democratic Organisation for Independence and Socialism (PDOIS), ha chiuso con il 3,77% dei voti, mentre alle ultime due posizioni troviamo l’indipendente Essa Faal (2%) e Abdoulie Ebrima Jammeh (0,96%), del National Union Party (NUP). L’affluenza alle urne è stata molto elevata, pari all’87% degli aventi diritto.
Nella giornata del 6 dicembre, il presidente della commissione elettorale Alieu Momarr Njai ha dichiarato Barrow vincitore, annunciando i risultati finali ai giornalisti ore dopo che i candidati rivali avevano contestato i risultati parziali che davano al presidente in carica un netto vantaggio. I sostenitori di Barrow, al contrario, hanno invaso le strade della capitale Banjul per festeggiare la vittoria.
Barrow ha ricevuto una standing ovation quando si è rivolto loro con “un grande senso di gioia e umiltà” e ha detto loro di rispettare coloro che hanno votato per i suoi avversari in “elezioni libere, eque e trasparenti“. “Farò tutto il possibile e utilizzerò ogni risorsa a mia disposizione per rendere il Gambia un posto migliore per tutti noi“, ha affermato.
Darboe, il primo degli sconfitti, si è invece rifiutato di riconoscere il risultato elettorale. “In questa fase, rifiutiamo i risultati annunciati finora“, ha dichiarato l’ex vice di Barrow subito dopo la pubblicazione dei risultati preliminari. Questo scenario ricorda da vicino e in maniera preoccupante quello del 2016, quando l’ex presidente Yahya Jammeh si era rifiutato di riconoscere la vittoria di Barrow, fino a quando Jammeh non è stato costretto ad andare in esilio in Guinea Equatoriale, anche in seguito all’intervento delle forze militari della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (nota come CEDEAO-ECOWAS, dai suoi acronimi in francese e in inglese).
Ernest Bai Koroma, capo della missione degli osservatori internazionali della CEDEAO ha lanciato un appello a tutti i candidati “ad accettare l’esito delle elezioni in buona fede“. L’agone elettorale del 4 novembre era infatti considerato la prova del nove per la giovane democrazia gambiana, dopo il colpo di Stato militare e la susseguente dittatura di destra imposta da Jammeh per oltre due decenni.
Al contrario degli altri partiti di opposizione, i socialisti del PDOIS hanno affermato di accettare i risultati come validi, considerando legittima la rielezione di Barrow: “Vogliamo sottolineare che abbiamo consultato i nostri rappresentanti elettorali e non abbiamo alcuna prova sostanziale che possiamo presentare davanti alla Corte Suprema per contestare la validità dei risultati delle elezioni presidenziali”, si legge sul sito ufficiale del partito.
“L’autorità di governare questo Paese deve derivare dal popolo del Paese e deve essere esercitata per promuovere il loro benessere generale”, ricordano i socialisti gambiani, come forma di monito nei confronti di tutte le forze politiche. “Se le elezioni fossero una partita di calcio, allora ci sarebbero vincitori e vinti. Ma le elezioni non sono una partita di calcio. È l’autorità sovrana del popolo ad affidare il proprio potere e la propria autorità a ciascuno di noi. E quell’autorità dovrebbe essere utilizzata per promuovere la libertà e la prosperità del nostro popolo”.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog