Il tanto strombazzato intervento del Governo Draghi per fermare le delocalizzazioni è una bufala ed un imbroglio. Si annuncia infatti un emendemanto governativo alla legge di bilancio, benedetto da Draghi e scritto a due mani dal più inutile dei ministri del lavoro, e dal più confindustriale dei ministri dello sviluppo economico. I due colleghi, Orlando e Giorgetti, hanno posto davvero terribili limiti alle multinazionali che chiudono per far più affari altrove.
Prima di tutto i padroni dovranno essere più gentili ed usare la posta e non i social. Poi avranno da aspettare quindici giorni in più rispetto ad oggi, prima di licenziare. Infine pagheranno qualche centinaio di euro di multa in più per ogni lavoratore licenziato, il quale in compenso troverà più solidi ostacoli se vorrà fare causa all’azienda.
Come hanno giustamente detto la FIOM e i sindacati di base, queste non sono norme per fermare le chiusure di aziende e i licenziamenti , ma per autorizzarli e renderli più agevoli.
Nei giorni scorsi il presidente della Confindustria Bonomi aveva tuonato contro una legge sulle delocalizzazioni che colpisse la libertà d’impresa. La viceministra Todde, quella che piange coi licenziati, lo aveva subito tranquillizzato dicendo: noi contro le imprese? E quando mai.
Così sta venendo fuori un provvedimento persino imbarazzante nel suo servilismo verso l’associazione degli industriali, che ora farà pure finta di lamentarsi su norme che ha dettato al governo punto per punto.
In senato c’è anche un’altro emendamento alla legge di bilancio, quello presentato dal senatore Mantero di #PoterealPopolo , che assieme ad altri parlamentari propone la legge elaborata dagli operai della GKN assieme a giuristi democratici. Quelle norme bloccano davvero le delocalizzazioni e, invece che far pagare una piccola multa a chi licenzia, gli impongono di trovare una soluzione vera per fabbrica e lavoratori.
Ecco cosa succede quando la lotta di classe si affaccia in Parlamento. La politica è costretta improvvisamente e suo malgrado a misurarsi e dividersi su alternative vere.
Da un lato le norme finte di Draghi e Bonomi, dall’altro quelle proposte da chi vive sulla sua pelle gli imbrogli e la spietatezza delle multinazionali. E che per questo chiede alla stato di fare lo stato e non il procacciatore d’affari.
Ora bisogna seguire meticolosamente le votazioni al Senato e poi alla Camera per vedere cosa fa ogni parlamentare della Repubblica, quando si tratta di scegliere tra la Confindustria e gli operai. E nome per nome sarà un dovere ricordarsi di come avranno votato.
Giorgio Cremaschi PaP