Gli Stati Uniti – che si sentono in diritto di aggredire qualsiasi Stato senza rispetto per il diritto internazionale – promuovono un incontro internazionale dei paesi democratici per isolare e depotenziare le uniche due nazioni in grado di mitigare e limitare lo strapotere imperialista a livello globale.
Nel mondo rovesciato del capitalismo, siamo giunti al paradosso che il paese imperialista maggiormente aggressivo, gli Stati Uniti, si pone come paladino della lotta per la democrazia, in contrapposizione alla Repubblica Popolare Cinese e alla Federazione Russa, ovvero i due unici Stati in grado di contrastare la tendenza imperiale statunitense, garantendo un minimo di multipolarità, equilibrio e divisione dei poteri a livello internazionale. Come è noto il liberalismo è sorto proprio in nome della necessità della divisione dei poteri, di modo che ogni potere limiti e controlli l’altro, quale migliore antidoto a ogni forma di dispotismo. Ora gli Stati Uniti – che si sentono in diritto di aggredire qualsiasi Stato senza nessun rispetto per il diritto internazionale e i princìpi posti a fondamento dell’Organizzazione delle Nazioni Unite – promuovono un incontro internazionale dei paesi democratici, per isolare e depotenziare le uniche due nazioni in grado di mitigare e limitare lo strapotere statunitense a livello globale.
Si tratta, dunque, di un summit internazionale delle “nazioni del mondo libero”, organizzato innanzitutto allo scopo di “contrastare l’aggressione russa, mantenendo affilate le capacità militari della Nato e imponendo alla Russia reali costi per le sue violazioni delle norme internazionali” e, al contempo, “per costruire un fronte unito contro le azioni offensive e le violazioni dei diritti umani da parte della Cina”. In tal modo gli Stati Uniti torneranno a “svolgere il ruolo di guida nello scrivere le regole”. “La difesa dei valori democratici – ha ribadito Joe Biden in veste di presidente – è impressa nel nostro Dna come nazione”.
Che cosa sia impresso nel DNA degli Stati Uniti lo dimostrano le circa cento guerre di conquista che hanno caratterizzato la loro storia. “Secondo un documentato studio di James Lucas (il manifesto, 20 novembre 2018), solo la serie di guerre e colpi di stato – effettuata dagli Stati Uniti dal 1945 a oggi in oltre 30 paesi asiatici, africani, europei e latino-americani – ha provocato 20-30 milioni di morti, centinaia di milioni di feriti (molti dei quali restati invalidi), più un numero non quantificato di morti, probabilmente centinaia di milioni, provocati dagli effetti indiretti delle guerre: carestie, epidemie, migrazioni forzate, schiavismo e sfruttamento, danni ambientali, sottrazione di risorse ai bisogni vitali per coprire le spese militari” [1].
Ca va sans dire a stabilire quale paese sia democratico e quale non lo sia e, di conseguenza, a stabilire chi invitare al summit sulla democrazia e chi no è il presidente degli Stati Uniti, che pretende anche di sancire quali sarebbero i principali nemici da combattere per difendere la democrazia. Si tratta dello stesso presidente che si sente in diritto di condannare a morte, senza processo e senza prove, cittadini di qualunque altro paese. Ecco che allora troviamo fra gli Stati democratici innanzitutto tutti i paesi imperialisti e i loro principali alleati in funzione subalterna. Perciò uno dei politici meno democratici a livello mondiale come Bolsonaro, noto apologeta della dittatura fascistoide brasiliana, e continuamente intento a cercare di imporre il proprio dominio con tutti i mezzi antidemocratici possibili, viene promosso a uno dei paladini internazionali della democrazia. Lo stesso vale per il presidente indiano Modi, leader di un partito fondamentalista induista, ovvero ideologicamente fondato sul sistema delle caste, che è presumibilmente il sistema più antidemocratico possibile. Fra i campioni della democrazia gli Stati uniti promuovono anche il governo islamista turco, che è uno dei principali sostenitori del terrorismo fondamentalista islamico a livello internazionale. Per citare ancora un altro degli innumerevoli esempi paradossali, il summit promuove a campione della democrazia il governo decisamente antidemocratico della Polonia, intento a respingere con l’intervento dell’esercito i richiedenti asilo, in fuga principalmente proprio dalle guerre scatenate dai paesi imperialisti considerati veri e propri capisaldi del fronte “democratico” internazionale. Senza contare che persino l’Unione (imperialista) Europea accusa il governo polacco di violare lo stesso Stato di diritto. Mentre non è stata invitata, unica fra i paesi membri della Nato – la più grande e potente alleanza imperialista dello storia – l’Ungheria, sebbene sia la più vicina per le posizioni antidemocratiche al governo polacco, solo in quanto non esprime posizioni guerrafondaie nei confronti della Russia, ossia non è come la Polonia fra i maggiori fautori di una guerra atomica mondiale.
Infine, bisogna menzionare l’invito al summit per la democrazia di paesi con governi decisamente avversi alla democrazia come quello colombiano, da sempre paese leader nella strage di sindacalisti, di Israele che da anni occupa, in spregio a ogni principio del diritto internazionale, la Palestina e una parte della Siria, la cui sovranità è costantemente violata da raid israeliani. Un paese, peraltro, che oltre a instaurare un regime di apartheid nei territori occupati, discrimina i propri stessi cittadini su basi etniche e religiose. Non può non colpire, inoltre, l’invito all’Ucraina, un paese in cui, dopo l’affermazione della controrivoluzione colorata, le forze di estrema destra e decisamente antidemocratiche hanno avuto un ruolo, sotto diversi aspetti, preminente. Senza parlare della vera e propria provocazione alla Repubblica Popolare Cinese – considerata con la Russia il principale pericolo per la democrazia – al cui posto è stata invitata Taiwan, paese non riconosciuto dalla stragrande maggioranza degli Stati invitati al summit. Infine. occorre ricordare l’invito al Pakistan, paese che è sempre stato il maggior sostenitore dei Talebani e che ha dato rifugio al proprio interno allo stesso Osama Bin Laden, fino alla sua tardiva cattura.
Questa vera e propria fiera dell’ipocrisia e della dequalificazione del senso stesso della democrazia si svolge proprio mentre uno dei più importanti giornalisti d’inchiesta a livello internazionale – divenuto famoso a livello internazionale per aver demistificato la pretesa delle potenze imperialistiche, in primo luogo statunitense e britannica, di esportare la democrazia a livello internazionale – viene giudicato da un tribunale inglese come estradabile negli USA dove, per i suoi meriti come giornalista d’inchiesta, rischia una pena fino a 175 anni di carcere duro. Del resto, con Assange “è colpita a morte la libertà d’informazione, cuore di ogni democrazia” [2].
Per di più, proprio in pieno summit per la democrazia promosso dagli Stati Uniti – con l’assurda pretesa di stabilire, arbitrariamente, chi è o no democratico – è emerso come persino nelle ultime elezioni presidenziali il governo e il capo dello Stato uscenti abbiano cercato fino all’ultimo, in modo spudoratamente golpista, di impedire l’entrata in carica del presidente uscito nettamente vincitore, in termini di voti, nelle ultime elezioni. Così un presidente eletto a suo tempo con oltre due milioni di voti popolari in meno della sua sfidante democratica, ha tentato nel modo più antidemocratico di impedire l’installazione alla Casa Bianca del suo antagonista democratico, nonostante che quest’ultimo avesse vinto persino in Stati storicamente repubblicani.
Al contrario, nel summit non solo vengono esclusi, ma il summit è pensato essenzialmente in funzione antagonista ai paesi anti imperialisti e socialisti, gli unici che mirano alla realizzazione di una reale democrazia anche dal punto di vista sociale ed economico.
Emblematico anche il caso del grande architetto del summit per la democrazia, il presidente statunitense a capo del Partito democratico, che anche dall’opposizione si è speso sempre in prima linea per le più significative aggressioni imperialistiche statunitensi contemporanee, dall’Afghanistan all’Iraq, e per le principali controrivoluzioni colorate, a partire da quella che – con l’aiuto dell’estrema destra – ha rovesciato il presidente ucraino democraticamente eletto, sfruttando, come di consueto, la strategia della tensione.
Dunque, a capo del summit, vi è un politico che “nel 2001, in veste di presidente della Commissione Esteri del Senato, sostenne la decisione del presidente Bush di attaccare e invadere l’Afghanistan e, nel 2002, promosse una risoluzione bipartisan che autorizzava il presidente Bush ad attaccare e invadere l’Iraq. Nel 2007, fece passare al Senato un piano di smembramento dell’Iraq in tre regioni – curda, sunnita e sciita – funzionale alla strategia USA. Nel 2009-2017, in veste di vicepresidente dell’amministrazione Obama, ha compartecipato alla pianificazione ed esecuzione della guerre contro Libia e Siria e del putsch di fatto in Ucraina, in cui Biden ha svolto un ruolo diretto e determinante” [3].
Senza contare che, proprio nel paese che s’impone quale unico e inappellabile giudice della democrazia a livello internazionale, sia in atto una spudorata azione per impedire al Partito Democratico, che gode del supporto della maggioranza dell’elettorato, di poter governare negli Stati Uniti, con un numero innumerevole di leggi volte a limitare il diritto di voto dei ceti subalterni, delle minoranze etniche e degli stessi elettori democratici, ritagliando dei collegi in modo tale da permettere al partito antagonista al democratico di ottenere più rappresentanti, pur godendo di sempre meno voti nelle elezioni. Così, “le elezioni prossime venture, quelle di midterm 2022, in pratica sono già finite: i democratici perderanno il controllo del Congresso, grazie al sapiente ridisegno dei collegi elettorali” [4].
Sempre a proposito della democrazia interna del paese che pretende di stabilire chi è democratico e chi è antidemocratico a livello internazionale, occorrerebbe inoltre ricordare “che, secondo le statistiche ufficiali, la polizia uccide ogni anno negli USA circa 1.000 inermi cittadini, soprattutto neri e ispanici” [5].
In conclusione, del resto, basta “guardare a 70 anni di storia per capire che gli Stati Uniti, che si battono contro le ingerenze altrui, nelle crisi internazionali, abbiano costruito la distruzione della democrazia altrui, attraverso un sistema violento di ingerenza politica e militare con colpi di stato (…) finanziamento di paramilitari (anche in Italia), e soprattutto guerre, tante guerre impunite delle quali soffriamo i tragici ritorni che si chiamano profughi, una umanità disperata quanto cancellata; e il terrorismo come risposta asimmetrica, violenta e sanguinosa anch’essa, alle aggressioni militari che hanno devastato generazioni e continenti a partire dal Medio Oriente” [6]. Perciò persino il settimanale statunitense Time ha definito il summit per la democrazia una “vetta di ipocrisia”.
https://www.lacittafutura.it/esteri/imperialismo-e-democrazia
Note:
[1] Dinucci Manlio, La tragica farsa del Summit per la democrazia, in “Il manifesto” del 7.12.2021.
[2] Di Francesco Tommaso, L’ipocrisia come forma di governo, in “Il manifesto” del 12.12.2021.
[3] Dinucci Manlio, “La tragica farsa…” cit.
[4] Zanini Roberto, In 38 pagine il piano sovversivo di Trump per restare presidente, in “Il manifesto” del 12.12.2021.
[5] Dinucci Manlio, “La tragica farsa…” cit.
[6] Di Francesco Tommaso, L’ipocrisia…, cit