Yolanda Díaz è l’attuale ministro del Lavoro del governo spagnolo, elemento di spicco del Partito Comunista di Spagna e coordinatrice nazionale di Esquerda Unida (il ramo galiziano di Izquierda Unida).
Lo scorso settembre è stata pubblicata in tutta la Spagna una nuova edizione del Manifesto del partito Comunista di Marx ed Engels, che conteneva una sua postfazione di grande interesse, che qui abbiamo il piacere di riproporvi integralmente.
di Yolanda Díaz – America Ym News
Il pensiero di Karl Marx sembra scritto, con inchiostro indelebile, nel vento della storia. Riaffiora sempre, in un contesto di crisi economica e sociale, con tutta la sua lucidità e la sua capacità di stimolare la riflessione. Il suo sguardo sui meccanismi della produzione capitalistica continua a illuminare e comprendere i principali problemi del nostro mondo e del nostro tempo.
Ci sono molti marxismi in Marx, molte confutazioni e salvataggi. Ottica postcolonialista o ortodossa, visioni che condannano il suo pregiudizio patriarcale o che celebrano il suo rapporto con la natura e l’ambiente. In ogni caso, come teorico sociale, Marx sconvolse gli schemi ideologici della classe borghese, del capitalismo, rompendo le cuciture e le trappole del suo linguaggio e, al tempo stesso, della sua capacità di dominio.
In Galizia usiamo l’espressione “spostare i fotogrammi” per riferirci a una pratica severamente condannata di alterare, durante la notte a tradimento, i limiti e i segni fisici che circondano la terra o la parcella agricola. A volte queste cornici non esistono fisicamente: la pietra, l’albero o il piccolo ruscello che costeggiava la proprietà si sono prosciugati. Ma questa saggezza ancestrale del confine sopravvive nella memoria orale, quasi nell’inconscio collettivo
Marx ed Engels, nel Manifesto del Partito Comunista, hanno spostato le cornici invisibili del pensiero occidentale. In bella vista del mondo, in pieno giorno. Entrambi hanno iniziato una nuova conversazione. Con spirito ottimista e rivoluzionario, scuotendo le convenzioni e denunciando ingiustizie ataviche.
Marx è stato caricaturato e semplificato innumerevoli volte. La stessa lingua che ha aiutato a smantellare gli ha giocato brutti scherzi. Le traduzioni, ad esempio, fatte negli anni sull’originale tedesco, hanno istituito frasi e luoghi comuni, come “dittatura del proletariato”, che non corrispondono all’esatto substrato della sua tesi.
Le loro metafore hanno talvolta oscurato anche le categorie a cui si riferiscono.
Il manifesto comunista è un testo di propaganda politica, non va dimenticato. Eppure, sorprende la sua anima letteraria, il suo stile limpido e deciso, in cui brillano le quattro mani di due amici, intrecciando i loro giudizi e i loro desideri. È un testo fraterno, non solo per il suo stile comune, ma anche per la sua natura di lettera aperta all’umanità e alle classi popolari.
Marx, studioso e oratore di diverse lingue, legge regolarmente Omero, Shakespeare e Cervantes; anche Dante, devozione condivisa con Engels, che rese omaggio al poeta nella prefazione all’edizione italiana del Manifesto del Partito Comunista , nel febbraio 1893: “Ci darà l’Italia un nuovo Dante che preannuncerà la nascita dell’era proletaria? Anche Marx, ovviamente, ammirava la sua capacità di esplorare le profondità dell’anima umana e le trasformazioni sociali del suo tempo.
Il genero di Marx, Paul Lafargue, autore di questo saggio visionario, Il diritto alla pigrizia, citava una volta la predilezione del vecchio Karl per un’opera dello scrittore francese, Il capolavoro sconosciuto, su cui il filosofo di Treviri riflette miracolosamente. Lafargue ha detto: “In quest’opera un pittore geniale è così tormentato dal desiderio di riprodurre le cose esattamente come si riflettono nella sua mente, che lucida e ritocca la sua pittura più e più volte finché si scopre che ha creato solo una massa informe di colori, che tuttavia rappresenta nei suoi occhi velati la più perfetta riproduzione della realtà”.
Forse attraverso questo stesso prisma, quello di un’opera in perenne crescita e trasformazione, è più appropriato oggi accostarsi alla lettura del Manifesto comunista di Marx ed Engels. Non come dogma statico, imperturbabile, monocromatico, ancorato alla propria ragione, ma come chiave di lettura, tanto vaga quanto esatta, che ci permette di rifinire e ritoccare, più e più volte, la nostra visione del mondo.
In questo senso, Il Manifesto del Partito Comunista è uno di quei libri magici e inesauribili, nati per durare, che riescono a ritrarre la realtà e, allo stesso tempo, a trasfigurarla. Credo che Marx ed Engels stessi fossero consapevoli della condizione processuale del loro lavoro, o almeno dell’imprevedibile variabilità di un’equazione che, in nome del comunismo e di un ideale rivoluzionario, si risolve con l’abrogazione delle verità eterne e la conquista di una vera democrazia. Ciò si è riflesso nei diversi prologhi delle edizioni internazionali del libro: un insieme di bambole russe che nascondono, al loro interno, i sottotesti ei paratesti che lo compongono.
Affrontare, con questo prologo, questa genealogia interpretativa è, oltre a una responsabilità, un orgoglio, che si riflette in un profondo rispetto e ammirazione per le voci e i contributi di Marta Sanz, Wendy Lynne Lee, José Saramago, Santiago Alba Rico, Iván de la . Nuez e José Ovejero, responsabili dell’editing e della traduzione.
José Mesa y Leompart, responsabile dell’Emancipación de Madrid -settimanale a cui partecipava anche Pablo Iglesias de Ferrol- fu, nel 1872, autore della prima versione del Manifesto comunista pubblicata in Spagna. Questo testo non proviene direttamente dall’originale tedesco, ma è già passato attraverso il francese e l’inglese per raggiungere la nostra lingua.
La redazione di El socialista , in Calle Hernán Cortés, numero 8, a Madrid, vide la nascita, nel 1886, di un’altra delle prime edizioni del Manifesto del Partito Comunista in Spagna. L’edificio non esiste più e nulla, in questa stradina, perpendicolare a rue Fuencarral, colloca in questo luogo l’origine della dichiarazione di solidarietà di Marx ed Engels. Rivendicare una tale memoria è un compito politico, apparentemente impensabile in una capitale con l’amnesia, i cui leader non hanno esitato a rimuovere targhe e onorificenze al socialista Francisco Largo Caballero dallo spazio pubblico.
È commovente pensare a queste prime copie, fogli di carta che scorrono di mano in mano, a file, come l’oro su un panno, sotto un’uniforme da lavoro o nelle pieghe di una gonna. Parole impresse per sempre negli studenti e nel cuore di queste donne e uomini la cui speranza deve spronarci ancora oggi, perché la loro speranza è, in fondo, uguale alla nostra.
Il “tempo di adesso”, diceva Walter Benjamin, è quel preciso momento in cui il passato si scontra con il presente e lì che riappare. Forse come questa grande onda che si riproduce lontano dalla riva, dove non possiamo vederla, in mezzo al mare, e che finisce per infrangersi sulla roccia sotto i nostri piedi. Ora.
Questa nuova consegna del Manifesto è, in questo senso, un atto di memoria e di redenzione, che si unisce felicemente alla commemorazione di quest’anno del centenario del Partito Comunista Spagnolo. Un PCE, fondato nel 1921, che ha subito, durante la sua vita movimentata, guerre, repressione, esilio e clandestinità.
Per tutto questo tempo, Il Manifesto del Partito Comunista non ha smesso di sviluppare il suo carattere programmatico, al ritmo del secolo, delle crisi economiche mondiali e delle grandi rivoluzioni. Il capitalismo è sempre stato in prima linea, in ciascuna delle sue varie e voraci mutazioni, pronto a fagocitare, corrompere e disintegrare la realtà stessa che lo costituisce, ma senza mai riuscire a sottrarsi alle teorie di Marx e alla forza trasformatrice di questo testo. Un libro che ci racconta utopie, criptate nel nostro presente, e in cui, oggi come ieri, batte una difesa vitale e appassionata della democrazia e della libertà.
http://www.sinistraineuropa.it/approfondimenti/la-postfazione-di-yolanda-diaz-manifesto-del-partito-comunista/