Il Venezuela è da tempo sottoposto alle ingiuste ed illegali sanzioni imposte unilateralmente dagli Stati Uniti, in spregio del diritto internazionale. Questo ha portato il Paese sudamericano a subire il furto di numerosi beni presenti nelle sedi diplomatiche venezuelane all’estero o depositati presso banche estere, rendendoli di fatto proprietà privata di quei manipoli dell’imperialismo che avevano orchestrato e sostenuto il golpe di Juan Guaidó.
Nella giornata di mercoledì, il ministro degli Esteri della Repubblica Bolivariana, Félix Plasencia, ha chiesto ufficialmente la restituzione dei beni diplomatici venezuelani usurpati nel 2019 negli Stati Uniti. Il numero uno della diplomazia di Caracas ha esortato gli Stati Uniti a “istruire le autorità corrispondenti e responsabili, nel rispetto dello stato di diritto di quel Paese, affinché vengano restituite le risorse diplomatiche, le sedi diplomatiche, nonché la sede del nostro consolato generale a New York“. Plasencia ha affermato che questi beni sono stati sottratti con il furto al governo e al popolo del Venezuela, venendo usurpati da persone che non ne avevano il diritto. Oltre alle sedi diplomatiche, Caracas chiede la restituzione di altri beni quali opere d’arte, documenti ed altri tipi di proprietà del governo o di membri del governo.
Il ministro degli Esteri ha sottolineato che questi beni devono essere restituiti al popolo venezuelano e al governo legittimo del Venezuela guidato dal presidente Nicolás Maduro Moros. Plasencia ha anche invitato il Segretario di Stato degli USA, Anthony Blinken, a seguire l’esempio del governo boliviano, che ha recentemente recuperato e restituito una serie di beni appartenenti alla sede diplomatica venezuelana nel Paese andino, che sono stati sottratti da presunti diplomatici dell’autoproclamato presidente Juan Guaidó, arrivando addirittura a vendere una parte di questi beni mentre il potere in Bolivia era detenuto dal governo golpista di Jeanine Áñez. Plasencia ha colto l’occasione per ringraziare l’attuale presidente boliviano, il socialista Luis Arce, e la polizia del Paese andino.
Se queste tecniche fanno parte delle ritorsioni ufficiali operate contro la Repubblica Bolivariana, altri episodi fanno parte della dimensione occulta della guerra che viene di fatto condotta dalle forze reazionarie ed imperialiste contro il Venezuela. Lo scorso 12 gennaio, ad esempio, il governatore dello Stato orientale di Anzoátegui, Luis Marcano, ha denunciato l’esplosione di un gasdotto situato nel municipio Simón Bolívar. “Si presume che (l’esplosione sia stata) il risultato di tentativi di perforazione del gasdotto. Sul sito si sono già mobilitate le organizzazioni di protezione e sicurezza dei cittadini”, ha affermato il governatore subito dopo la segnalazione dello scoppio.
Solamente il giorno prima, sempre nello Stato di Anzoátegui, aveva avuto luogo un altro sabotaggio, questa volta nel municipio di Naricual: “Questa azione criminale fa parte della guerra permanente diretta da gruppi appartenenti all’estrema destra venezuelana che, protetti dall’imperialismo nordamericano, cercano di attaccare e boicottare gli importanti progressi che il governo bolivariano ha realizzato all’interno del nuovo sistema produttivo“, si legge in un comunicato ufficiale. “Tutto questo si aggiunge all’insieme di sanzioni e minacce a cui l’industria petrolifera venezuelana è stata sottoposta, negli ultimi cinque anni, da settori oppositori ed estremisti, la cui agenda continua ad essere la violenza, con la presunta intenzione di interrompere tutte le operazioni associate alla PDVSA (la compagnia petrolifera statale venezuelana, ndr) nelle sue diverse aree“.
Ancora, il 19 gennaio, questa volta nell’area sud-occidentale del Paese, il ministero dell’Energia Elettrica ha segnalato un sabotaggio della rete elettrica nazionale, che ha causato un black out in alcune aree, prima che la rete fosse ripristinata dalle autorità. In particolare, i sabotatori hanno abbattuto un traliccio nell’area di Carabobo, dopo che, il 7 gennaio, un attacco simile era stato registrato nello Stato di Barinas. Anche in quest’occasione, il governo ha precisato che gli attacchi alle infrastrutture elettriche fanno parte di un multiforme sabotaggio che l’estrema destra venezuelana mette in campo con il supporto esterno per destabilizzare il Paese e generare malcontento tra i cittadini.
Nonostante le grandi difficoltà, il presidente Nicolás Maduro ha tenuto lo scorso 15 gennaio un discorso di inizio anno di fronte all’Assemblea Nazionale, nel quale ha sottolineato che il Paese è sulla via della ripresa economica nonostante le sanzioni unilaterali e coercitive imposte dalla Casa Bianca: “Possiamo annunciare che, dopo cinque anni di guerra economica, il Venezuela ha recuperato il suo percorso economico. Nel terzo trimestre l’economia ha raggiunto una crescita del 7,6% e le istituzioni prevedono una crescita di oltre il 4% dell’economia venezuelana. La crescita del commercio interno ha raggiunto il 33%”, ha detto Maduro.
“Nelle famiglie c’è stata una crescita del 4,9% dei consumi, così come dell’8,7% dei consumi pubblici, il denaro in circolazione è salito al 3,1% degli investimenti, evidenziando la crescita economica“, ha spiegato il leader venezuelano. “Negli indicatori di povertà abbiamo ottenuto un sostanziale miglioramento, siamo riusciti a scendere dal 18,4% 17,7%, nel mezzo della ripresa economica, e la povertà estrema è rimasta allo stesso livello del 4,1%. Proponiamo zero povertà estrema entro il 2025“. Come si evince dai documenti ufficiali e come confermato dallo stesso presidente, nonostante le grandi difficoltà causate dal blocco economico e dalla pandemia, anche nel 2021 il Venezuela ha destinato il 76% del proprio bilancio nazionale ai programmi sociali.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog