Ore molto concitate in Burkina Faso, dove secondo le notizie che arrivano da Ouagadougou si sarebbe verificato un golpe militare ai danni del presidente Roch Marc Christian Kaboré (in foto). Il 23 gennaio, l’agenzia stampa Reuters ha diffuso la notizia secondo la quale Kaboré, rieletto per un secondo mandato quinquennale nel 2020, sarebbe stato arrestato ed imprigionato in una base militare, in seguito ad un ammutinamento. Gli insorti, secondo Radio France Internationale, chiedevano la sostituzione completa del comando militare.
Nella stessa giornata di domenica, il governo del Paese saheliano ha pubblicato un comunicato a firma del portavoce Alkassoum Maïga, nel quale si invitava la popolazione a mantenere la calma. Il documento affermava che, sebbene vi fossero stati alcuni scontri in alcune caserme, con spari uditi dalla popolazione civile, non aveva avuto luogo nessun colpo di Stato. Questa versione era stata confermata anche dal ministro della Difesa, il generale Barthélémy Simporé. Secondo alcuni testimoni, spari si sarebbero uditi anche dal campo militare nel quale è detenuto Gilbert Diendéré, ex capo di stato maggiore sotto accusa sia nel processo sulla morte di Thomas Sankara che per il tentato golpe del 2015.
Inizialmente si pensava che Kaboré fosse ancora libero, anche per via di un messaggio rilasciato dal presidente attraverso i social network nelle ore precedenti: “La nostra nazione sta attraversando tempi difficili. Proprio in questo momento, dobbiamo salvaguardare le nostre conquiste democratiche. Invito coloro che hanno preso le armi a deporle nel migliore interesse della nazione. È attraverso il dialogo e l’ascolto che dobbiamo risolvere le nostre contraddizioni”, si leggeva sugli account ufficiali del capo di Stato.
Nonostante le smentite, il 24 gennaio è invece arrivata la conferma praticamente definitiva dell’avvenuto rovesciamento del governo di Kaboré. Secondo le poche notizie trapelate, il golpe sarebbe stato guidato dal tenente colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba. I militari avrebbero effettivamente catturato il presidente Kaboré, così come sarebbero detenuti il primo ministro Lassina Zerbo, in carica da poco più di un mese, e il presidente dell’Assemblea Nazionale Alassane Sakandé, oltre a numerosi ufficiali delle forze armate. Secondo altre fonti, come il portale LeFaso, il presidente Kaboré si troverebbe in un luogo sicuro sotto la protezione della polizia, mentre la sua famiglia avrebbe abbandonato il Paese.
Nelle ore successive, un gruppo di 14 militari è apparso alla televisione di Stato, annunciando che il potere statale era ora nelle mani del Movimento Patriottico per la Salvaguardia e la Restaurazione (Mouvement Patriotique pour la Sauvegarde et la Restauration, MPSR), guidato, come preannunciato, dal tenente colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba. I militari hanno annunciato la sospensione della Costituzione del Paese, lo scioglimento del governo e la chiusura dei confini terrestri e aerei del Paese.
L’avvenimento del golpe trova conferma anche nell’intervento del segretario generale delle Nazioni Unite, il portoghese António Guterres, che ha espresso la propria condanna del colpo di Stato. Guterres ha anche invitato i ribelli in uniforme a deporre le armi e garantire la sicurezza del presidente: “Il segretario generale invita tutti gli attori ad agire con moderazione e ad optare per il dialogo”, si legge in un comunicato dell’ONU. “Le Nazioni Unite ribadiscono il loro pieno impegno per la conservazione dell’ordine costituzionale e riaffermano il loro sostegno al popolo del Burkina Faso nei suoi sforzi per trovare soluzioni alle numerose sfide che il Paese deve affrontare“.
Il Burkina Faso si trova in un momento particolarmente difficile della propria storia anche a causa dei continui attentati terroristici di cui è vittima il Paese. Il golpe in Burkina Faso, inoltre, contribuisce ulteriormente a destabilizzare la regione, pochi mesi dopo l’avvenimento di episodi simili in altri Paesi dell’Africa occidentale. Nel maggio del 2021, infatti, i militari avevano preso il potere in Mali con la deposizione forzata del presidente di transizione Bah Ndaw per mano del colonnello Assimi Goïta. A settembre, invece, era toccato alla Guinea, con la destituzione del presidente Alpha Condé e l’instaurazione di un governo militare guidato dal colonnello Mamady Doumbouya.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog