La politica rinuncia a un suo ruolo e le istituzioni sono ostaggio del grande capitale. Mentre si rischia l’esplosione del conflitto armato sulla questione ucraina, un’altra guerra è in atto: contro i lavoratori. Occorre la ripresa del conflitto sociale.

Federico Giusti

L’elezione del presidente Mattarella è l’ennesima dimostrazione di quanto denunciato da noi e da pochi altri, ossia che le principali cariche dello Stato sono decise altrove, nelle segrete stanze della Nato e della Bce, in modo da assicurare l’ossequioso rispetto dei parametri di Maastricht e la sudditanza verso le servitù militari ed economiche.

Non siamo davanti al tramonto della politica, ma alla politica che rinuncia a ogni ruolo di mediazione dei partiti per scegliere gli uomini forti, i cosiddetti tecnici che poi di tecnico hanno ben poco essendo espressione dei gruppi dominanti.

Mentre si consumava l’ennesima farsa in parlamento, il paese prendeva atto di quanto critica fosse la situazione per le classi sociali meno abbienti.

Le disuguaglianze sociali ed economiche in continua crescita, l’insicurezza sul lavoro, espressione dell’insicurezza sociale determinata dalla politica dei bassi salari, mettendo in atto la repressione del dissenso e del conflitto anche attraverso il ricorso a dispositivi rinnovati per il controllo dei subalterni.

E come accade in ogni fase di crisi esiste un’uscita possibile: il neokeynesismo di guerra.

La crisi ucraina è stata studiata a tavolino. Non si comprende quanto oggi stia accadendo senza guardare prima al Donbass.

L’Ucraina è un vero e proprio campo di battaglia per i monopoli internazionali. Si fa credere all’opinione pubblica europea che schierarsi a fianco di Kiev impedirà l’aumento delle tariffe. In realtà l’economia ucraina è da tempo controllata attraverso il dollaro e l’euro, da Usa e Ue. Da queste potenze imperialistiche dipendono gli investimenti, i finanziamenti e le forniture di armi.

Nel frattempo prosegue imperterrita la militarizzazione dei territori. In Italia è in corso una ristrutturazione delle basi Usa e Nato per renderle funzionali al trasporto delle nuove armi nucleari e alla fornitura delle stesse negli scenari di guerra.

E mentre il capitale conduce guerre economiche e militari per superare la crisi da sovrapproduzione, nei paesi a capitalismo avanzato va avanti la guerra contro la classe lavoratrice condotta attraverso processi di delocalizzazione e il progressivo smantellamento delle conquiste avvenute con le lotte operaie.

Questa seconda guerra si risolve nella perdita di potere di acquisto e di contrattazione, in un’egemonia culturale delle classi dominanti che propinano le loro ricette “vincenti” per garantirsi un futuro di oppressione e disuguaglianze contro il quale, oggi più che mai, si rende necessaria la ripresa del conflitto tra capitale e lavoro oltre a una battaglia delle idee che non ha bisogno di intellettuali al soldo dei grandi media ma di analisi coerenti con una pratica quotidiana di resistenza

https://www.lacittafutura.it/editoriali/le-segrete-stanze-dove-davvero-si-decide

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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