Non più massacri. Marcia per la vita.


Francesco Cecchini


Articolo di Alejandra Garcia pubblicato su Monthly Review del 17 febbraio e tradotto da Francesco Cecchini per Ancora Fischia il Vento. Il link è il seguente:
https://mronline.org/2022/02/16/colombia-is-bleeding-to-death/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=colombia-is-bleeding-to-death&mc_cid=e6709f551e&mc_eid=ee4419189a


A gennaio la violenza ha continuato a crescere a spirale in Colombia. I movimenti per i diritti umani hanno registrato un aumento degli attacchi contro stazioni di polizia, basi militari e civili e hanno denunciato omicidi e intimidazioni contro leader sociali in diversi dipartimenti. A febbraio il panorama non è stato diverso. Questo paese latinoamericano sta morendo dissanguato davanti agli occhi fissi del governo del presidente Iván Duque. Le ferite sono aperte, soprattutto in tre aree. Il primo è Arauca e a nord di Santander, che ha assistito al peggior incidente da gennaio con il massacro di almeno 27 persone. La seconda zona è Cauca e Nariño, dove si sono verificati massacri, assassinii di leader sociali e scontri tra gruppi armati illegali. La violenza sfrenata che si verifica in questo territorio del Paese ha costretto allo sfollamento di 500 persone e al confinamento di quasi 18.000 residenti nei primi due mesi di quest’anno. L’ altro territorio critico è Urabá, che oltre ad essere il cuore del gruppo paramilitare successore del Clan del Golfo, è un corridoio strategico nella disputa per il traffico di droga. In quella regione ci sono stati 1.000 sfollamenti forzati, mentre quasi 2.000 persone sono colpite dalla paura di uscire dalle proprie case.
La violenza sembra non avere limiti ed è una conseguenza dell’acuta disuguaglianza sociale che affligge il Paese dopo decenni di conflitti interni, incompetenza del governo, corruzione, traffico di droga e totale rispetto dei dettami degli Stati Uniti.
Nel novembre del 2016 si è verificato uno sviluppo promettente quando, dopo anni di negoziazione e consultazione popolare, l’ allora presidente Juan Manuel Santos e le ora estinte Forze armate rivoluzionarie della Colombia-Esercito popolare (FARC-EP) hanno firmato un accordo per porre fine al conflitto e costruire una pace stabile in Colombia. Ma l’ arrivo al potere di Duque di estrema destra nel 2018 ha smorzato la speranza del popolo di raggiungere questi obiettivi. Questo fedele discepolo dell’ ex presidente Álvaro Uribe e cagnolino degli Stati Uniti è stato un costante polarizzatore e glorificatore della violenza e ha fatto tutto il possibile per minare l’ attuazione degli accordi di pace.
A sei anni dalla firma dell’ accordo all’Avana, a Cuba, la povertà, la disuguaglianza, la proliferazione di gruppi armati illegali e l’ abbandono dello Stato in alcune regioni hanno alimentato l’incertezza sociale e la disperazione.
Dal 2018 ad oggi sono stati assassinati più di 900 leader sociali. Gruppi di narcotrafficanti e paramilitari continuano ad operare mentre Duque non prende misure per proteggere il popolo colombiano.
La Colombia vive sotto costante sfollamento di massa, omicidi selettivi, reclutamento forzato di bambini e adolescenti, violenze sessuali contro ragazze e donne e altre gravi violazioni dei diritti umani. La violenza persistente ha provocato un’ondata di proteste nel 2020. Gli scontri tra polizia e cittadini sono stati un altro segno delle tensioni nel paese, riflettendo la mancanza di risposte istituzionali alle richieste sociali. Invece di ascoltare la gente, Duque ha inviato la Mobile Anti-Riot Squad (ESMAD) per reprimere e uccidere i manifestanti.
Tuttavia, gli analisti hanno ancora speranza per il futuro e credono che una pace sostenibile sia possibile, ma solo se gli accordi di pace saranno rispettati e che il popolo colombiano potrà determinare il proprio futuro senza l’ interferenza di Washington. Sarà l’ unico modo per ridurre la disuguaglianza economica e sociale, tanto agognata dal popolo colombiano, stanco di vivere nella paura costante. La Colombia, situata nel cuore dell’America Latina, ha bisogno di chiudere le sue grandi ferite aperte. Ha già sperimentato troppi anni di dolore.

Colombia insanguinata

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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