L’invito di Mitch McConnell a un gruppo di ricchi donatori politici in Kentucky includeva una stoccata ad alcuni insulti subiti da Donald Trump che lo aveva etichettato “Old Crow” (Corvo Vecchio). All’evento bisognava contribuire 5000 dollari per la serata che includeva una bottiglia di bourbon della marca “Old Crow” prodotto nello Stato che McConnell rappresenta al Senato dove è anche leader della minoranza repubblicana. Ogni bottiglia del bourbon conteneva la firma di McConnell, un messaggio subdolo di sfida a Trump.

Trump ha cercato senza successo di togliere la leadership del Senato a McConnell per consolidare il suo controllo del Partito Repubblicano. L’ex presidente, a differenza di altri candidati presidenziali perdenti del passato, invece di mettersi da parte e lasciare il campo libero a nuovi leader, ha continuato in politica, sfruttando la sua popolarità con la base dei suoi sostenitori. È riuscito a impadronirsi della leadership repubblicana alla Camera dove il leader della minoranza Kevin McCarthy lo obbedisce in tutto e per tutto per evitare che i parlamentari fedeli a Trump gli si rivoltino. Al livello nazionale il Partito Repubblicano sotto la guida di Ronna Romney McDaniel del Michigan è anche nelle mani di Trump come ci testimonia la recente censura di Liz Cheney e Adam Kinzinger, rispettivamente parlamentari del Wyoming e Illinois. Ambedue sono divenuti nemici mortali di Trump poiché votarono per il suo impeachment l’anno scorso. Inoltre i due sono gli unici parlamentari repubblicani a partecipare nella commissione alla Camera che sta investigando gli eventi dell’assalto al Campidoglio il 6 gennaio 2021 causati in grande misura da incitamenti di Trump.

La linea di Trump e del Partito Repubblicano si sintetizza nella dichiarazione del Gop che gli eventi del 6 gennaio consistono di “legittimo discorso politico”. La hanno proclamato nell’ultimo incontro a Salt Lake City, in Utah, seguendo le direttive di Trump. McConnell, però, ha controbattuto asserendo che il compito del Partito Repubblicano è quello di sostenere i candidati e non di disciplinarli, prendendo dunque le distanze da Trump e la censura di Kinzinger e Cheney. McConnell è poi andato oltre correggendo il linguaggio del Partito Repubblicano, sostenendo giustamente che il 6 gennaio a Washington c’è stata “un’insurrezione con il proposito di impedire il trasferimento pacifico di potere da un’amministrazione a un’altra dopo un’elezione legittimamente certificata”. Traduzione: Biden ha vinto, Trump ha perso, e quindi la retorica dell’ex presidente dell’elezione rubata non è altro che una “big lie”, una grossa menzogna.

Trump ha tentato di creare “un’insurrezione” al Senato per sostituire McConnell con uno che segue le sue direttive senza però riuscirvi. La tipica strategia di Trump è quella di sponsorizzare candidati a lui fedelissimi alle primarie da contrapporre a quelli dell’establishment o contrari a lui. Lo ha fatto con relativo successo per quanto riguarda la Camera dove Kinzinger ha deciso di alzare bandiera bianca e non ricandidarsi, prevedendo che il surrogato di Trump lo avrebbe sconfitto alle primarie. Cheney però ha deciso di sfidare Trump e continua la sua candidatura per mantenere il suo seggio alla Camera. Nel Senato però solo due individui hanno accettato l’offerta di candidarsi promettendo completa fedeltà a Trump. Lo ha anche confermato con gioia McConnell per fare notare l’impotenza di Trump al Senato. Uno di questi surrogati sarebbe Kelly Tshibaka la quale correrà nelle primarie repubblicane in Alaska. In caso di vittoria la Tshibaka sfiderebbe Lisa Murkowski, l’attuale senatrice del New Frontier State, la quale ha votato con altri sei senatori repubblicani per condannare Trump nel suo secondo impeachment nel 2021. La Murkowski ha anche dichiarato che se “il Partito Repubblicano è divenuto null’altro che il partito di Trump” lei dovrà riconsiderare se può continuare come repubblicana. Eric Greitens, un altro candidato al seggio del Senato del Missouri, ha dichiarato fedeltà a Trump ed ha ricevuto la “benedizione” dell’ex presidente.

McConnell dunque non teme per il suo posto di leadership al Senato. Il suo problema però rimane la maggioranza alla Camera Alta che lui desidera per potere esercitare più potere di quello attuale dove il pareggio (50 a 50) conferisce la leggerissima maggioranza ai democratici guidati da Chuck Schumer, senatore di New York. La parità numerica al Senato viene sciolta dal voto della vicepresidente, la democratica Kamala Harris, dando un leggero vantaggio ai democratici.

Alle elezioni di midterm di quest’anno però le cose potrebbero cambiare. I repubblicani al Senato dovrebbero mantenere il loro numero attuale e conquistare almeno un seggio in 4 Stati in cui i democratici sono vulnerabili. Si tratta di Mark Kelly (Arizona), Catherine Cortez-Masto (Nevada) Maggie Hassan (New Hampshire) e Raphael G. Warnock (Georgia). McConnell ha cercato di incoraggiare il governatore repubblicano dell’Arizona Doug Ducey che non ha voluto abbracciare la “big lie” di Trump a candidarsi al Senato. Ducey avrebbe buone possibilità contro Kelly ma dovrebbe anche sconfiggere un avversario alle primarie. Trump non ha ancora offerto il suo endorsement ai cinque individui che hanno dichiarato la candidatura ma lo farà tra breve.

Il dilemma per McConnell alle elezioni di midterm è che Trump continua a insistere sulla “big lie” che potrebbe diventare la piattaforma per buona parte dei candidati sponsorizzati dall’ex presidente. McConnell vorrebbe invece infuocare una campagna politica mettendo i riflettori sulla gestione di Joe Biden che di questi giorni si trova in serie difficoltà come ci indicano i sondaggi. Nell’elezione del 2020 l’attuale inquilino della Casa Bianca ha vinto perché quella fetta risicata di elettori indipendenti che decidono le elezioni ha rifiutato Trump anche se non erano tanto entusiasmati da Biden. In effetti, si è trattato più di un voto anti-Trump che pro-Biden. Un’elezione di midterm che cercherebbe di ripetere l’elezione del 2020 non farebbe male ai democratici.

Lindsey Graham, senatore del North Carolina, ha centrato il bersaglio quando ha detto in un’intervista alla Abc che i repubblicani dovrebbero presentare “un’agenda positiva per il futuro dell’America” invece di epurare il Partito. Graham ha continuato dicendo che il Partito Repubblicano avrebbe in questo modo più successo all’elezione di midterm di quest’anno e Trump avrebbe buone possibilità di essere rieletto nel 2024 se si guarda al futuro invece del passato con la ripetizione della “big lie” dell’elezione rubata. Come era da aspettarsi Trump ha reagito asserendo che Graham è un RINO (Repubblican in name only) ossia repubblicano solo di nome, ma uno che non intende tradire McConnell. L’ottantenne senatore del Kentucky, leader del Partito Repubblicano al Senato dal 2007, non ha nessuna intenzione di mollare il suo ruolo di padrone alla Camera Alta. McConnell non rappresenterà il Partito Repubblicano, come ha dichiarato Trump, ma al Senato il “vecchio corvo” continua a fare il bello e brutto tempo fra i repubblicani.

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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della  National Association of Hispanic Publications.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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