Con il virgolettato di apertura, si riassumono le parole di Igor Stokfiszewski – ricercatore, attivista e giornalista per il sito di informazione polacca Krytyka Polityczna – che è stato invitato a Roma all’inizio di novembre per la conferenza finale del progetto “Chapter-Challenging Propaganda Through Remembrance”.

Il progetto Chapter del Servizio Civile Internazionale-Italia è stato promosso in risposta alle attuali tendenze relative a un ritorno di atteggiamenti e posture di estrema destra in Europa, alle quali si collega una crescente strumentalizzazione da parte della propaganda dei media populisti delle figure di cittadini del terzo mondo o rifugiati, descritti come approfittatori del welfare e dei servizi delle nostre società.

Secondo Stokfiszewski, progetti quali quello di Chapter diventano quindi estremamente rilevanti nel sostenere e spingere in avanti ciò che lui definisce come «il fuoco della speranza, dell’emancipazione, del progresso e dei diritti». Riferendosi alle cicliche tendenze di riemersione degli atteggiamenti di estrema destra, dice:

«In Europa così come altrove, ci troviamo in una condizione difficile rispetto al futuro per via di quanto sta succedendo nelle nostre società e con i nostri governi».

POLONIA, IL PARADIGMA “NOI” VS “LORO” E LA PROPAGANDA

Igor Stokfiszewski viene dalla Polonia – una nazione che negli ultimi anni ha attirato l’attenzione per via della presenza di forti narrazioni destrorse e di un’intensa propaganda. Guardando a quanto avviene nel suo paese, pone l’attenzione su una miriade di eventi di questo stampo, incluso l’attacco rivolto dall’attuale presidente Andrzej Duda nei confronti delle comunità Lgbtq+ con l’uso di slogan quali «queste non sono persone – questa è ideologia» nel tentativo di attrarre voti durante la sua campagna elettorale del 2019.

Stokfiszewski menziona inoltre la dura retorica del governo polacco contro il diritto d’aborto, tesa ad abolirlo stigmatizzando come assassine le donne che ne usufruivano.

Infine, un discorso divisivo è stato adottato anche in merito alla recente crisi migratoria, che nel contesto polacco sta avendo luogo al confine con la Bielorussia. Stando alle sue parole, la retorica impiegata in questo campo è «pienamente razzista» e «priva di qualsiasi empatia», una retorica «di matrice guerresca» da parte di Russia e Bielorussia:

«Ci troviamo nel mezzo di una guerra ibrida e questo è parte del motivo per cui il nostro governo e il presidente hanno deciso di introdurre una legge marziale in alcune regioni orientali del paese, per avere una cornice legale entro cui fare ciò che vogliono, ovvero fare in modo che i rifugiati non entrino sul nostro territorio».

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(da commons.wikimedia.org

«NON C’È PIÙ UN ATTACCO PROPAGANDISTICO GENERICO»

Secondo l’attivista e ricercatore polacco, la propaganda messa in campo oggi si è evoluta dagli attacchi più generici del passato verso una maggiore “specializzazione”:

«Quando osservo il modo in cui agiscono le forze di estrema destra nel paese e il governo, mi pare di intuire che non pensano più di poter far arrivare i loro messaggi all’intero corpo sociale. Piuttosto, si concentrano sulla propria base elettorale e utilizzano la propaganda in un modo per cui viene adattata di volta in volta alle diverse persone e ai diversi contesti che dovrebbero “riceverla”: utilizzano insomma diversi tipi di messaggi a seconda che questi vengano divulgati in televisione, nei musei o sui social media affinché possano raggiungere più segmenti della popolazione».

A questo aggiunge che la retorica del governo polacco si è dimostrata generalmente efficace e ha consentito al governo di guadagnare un forte consenso popolare.

«Stando alle ricerche una tale tendenza, di stampo totalitario, a voler dividere nettamente chi appartiene a “noi” e chi invece no è molto popolare nella società polacca» – dice.

Stokfiszewski afferma che gli stessi elettori di Piattaforma Civica, il partito liberale presente in Polonia, hanno mostrato di essere favorevoli all’attitudine del governo contro l’accoglienza di migranti e rifugiati.

Rispetto a questo, conclude:

«Non dobbiamo riporre troppa fiducia nei processi politici ma più in quelli di trasformazione sociale che si svolgono attraverso le narrazioni mediatiche e la cultura, cosa che ci dà un po’ di speranza dal momento che persone come noi, operative nel campo della società civile, attivisti e attiviste, movimenti sociali ecc. hanno dimostrato di essere molto abili nel generare e far progredire un cambiamento pur non avendo accesso ai canali e alle infrastrutture di potere istituzionali».

STRUMENTI DI CONTROPROPAGANDA IN POLONIA

Stokfiszewski ammette che ci sono giusto pochi strumenti di contropropaganda utilizzati al momento in Polonia. Uno di questi è la “strada”, che è diventata una piattaforma di contropropaganda molto forte e visibile durante lo sciopero delle donne del 2020.

«Non mi sto riferendo solo alla proteste di piazza, ma anche all’azione di ricoprire le strade e gli edifici di graffiti con slogan politici, slogan molto forti che richiamano la resistenza».

Argomenta che questa forma di contropropaganda è molto potente dal momento che riesce a combinare il sentimento di resistenza a quello di sicurezza e tutela.

Un altro strumento, secondo Stokfiszewski, è costituito dai nuovi media indipendenti. Sottolinea come ci sia una necessità di cambiamento nei mezzi di comunicazione, dal presentarsi come unidirezionali all’essere invece capaci di includere i destinatari dei loro stessi messaggi:

«C’è l’urgenza di sviluppare nuove forme di comunicazione che siano partecipative e interattive nei confronti di chi legge e fruisce dei media, in cui narrazioni sociali e politiche vengano co-costruite da un ampio numero di persone e non solo da chi è in possesso dei mezzi di produzione dei contenuti».

L’ultimo strumento di contropropaganda utilizzato in Polonia è rappresentato dai centri sociali, alcuni totalmente autonomi e altri sostenuti dalle municipalità liberali e/o di sinistra.

«Sembra esserci una sorta di obiettivo comune, che ci rende ora interconnessi in una forma diversa rispetto a prima e che ci dà la possibilità di avere delle piattaforme di contropropaganda come quelle dei centri sociali sostenuti dalle amministrazioni locali».

Stokfiszewski pensa che i contesti come quelli dei centri autogestiti contribuiscano a creare degli “spazi sicuri” che consentono ai nuovi movimenti sociali di sviluppare strategie per il futuro, cosa che secondo lui è di vitale importanza.

(da archivio)

DALLE LOTTE GLOBALI ALLE LOTTE LOCALI

Secondo Stokfiszewski, rispetto al secolo scorso i movimenti di attivisti e attiviste in Polonia si sono spostati da lotte di stampo globale a battaglie maggiormente circoscritte al contesto locale:

«Penso che in primo luogo siano cambiati in senso conservativo i governi nazionali, il che ha introdotto delle dinamiche inedite che ci mettono di fronte a questioni diverse rispetto ad altri paesi».

Il ricercatore e attivista polacco menziona anche lo scoppio della pandemia Covid-19 come un fattore centrale dell’ultimo periodo, in particolar modo per il conseguente isolamento delle diverse nazioni e per l’emergente crisi economica.

Un’altra campagna di contropropaganda menzionata da Stokfiszewski che si è recentemente verificata in Polonia è stata quella chiamata “Don’t call me murzyn” (“Non chiamarmi n***o”), organizzata da persone polacche di origine africana:

«Ciò che ho trovato estremamente interessante è il fatto che fosse direttamente collegata a Black Lives Matter ma il modo in cui si è sviluppata la campagna in Polonia ha rappresentato davvero una sorta di “traduzione” nel contesto locale – in maniera molto efficace. La cosa mi ha spinto a riflettere sul fatto che dovremmo davvero inventarci un nuovo modo di negoziare il rapporto con i contesti locali sapendo al tempo stesso che al momento la maggioranza delle lotte e i movimenti sociali più forti sono globali: movimenti antirazzisti, femministi e per la giustizia climatica hanno un carattere decisamente globale!»

In risposta allo sforzo dell’estrema destra di creare divisioni, Stokfiszewski pensa che il punto centrale del dibattito dovrebbe essere ciò che lui definisce «la sfida contemporanea per reinventare le prospettive globali e internazionali dentro le lotte locali». Ed è proprio per questo motivo che trova progetti come quello di Chapter importanti, perché danno l’opportunità ad attivisti ed esperti di diverse zone del mondo di incontrarsi e di condividere esperienze e idee che permettano di ampliare l’orizzonte sui modi di restare uniti.

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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