Ieri, nel suo discorso alla Camera, Draghi ha parlato di crisi energetica ipotizzando la riapertura delle centrali a carbone e una diversificazione delle fonti energetiche che aprono la strada a nuove estrazioni di gas e ad investimenti in rigassificatori per riportare allo stato gassoso il gas liquido che importiamo prevalentemente dagli USA ad un prezzo altissimo. E su tutto aleggia il nucleare, sempre più visto come una possibilità concreta su cui puntare. Sarebbe il colpo letale alla transizione energetica, già azzoppata dai provvedimenti di Cingolani che penalizzano chi investe nelle rinnovabili.
Ma se si dovesse arrivare ad una interruzione della fornitura di gas dalla Russia le conseguenze economiche e sociali sono inimmaginabili. In questo scenario Nomisma Energia ipotizza che la bolletta energetica possa arrivare fino a 200 euro per megawattora rispetto agli 85 di oggi e ai 20 del periodo prepandemico.
Scontiamo oggi errori strategici del passato, come dice Draghi. Ma l’errore più grande è stato quello di non aver creduto davvero nel potenziale delle rinnovabili sganciando il paese dalla dipendenza dal gas e favorendo gli investimenti nel settore delle energie pulite. Scelte che una classe politica miope non ha fatto in tempo di pace e non è in grado di fare in tempo di guerra, quando è più semplice scaricare ogni colpa sugli ‘ambientalisti da salotto’ per coprire responsabilità che hanno a che fare non solo con la geopolitica ma anche con il cambiamento climatico che già oggi stiamo vivendo sulla nostra pelle.
Chi oggi, anche in Italia, alimenta il conflitto e non lavora per una soluzione diplomatica non solo è un irresponsabile che si muove fuori dalla Costituzione, ma prepara il terreno per una crisi energetica che pagheranno a carissimo prezzo le classi popolari. Loro giocano alla guerra. Noi paghiamo le bollette.
Stefano Lugli PRC