Il segnale più profondo del fatto che si è in guerra si ha quando tutto un altro popolo diventa nemico, non i suoi governanti o i suoi generali, ma proprio tutto il popolo.
Le rappresaglie verso i russi, artisti, sportivi, scienziati, sono la manifestazione indecente e anche vile dello spirito guerrafondaio. La più recente ignobile discriminazione è quella verso gli atleti disabili russi e bielorussi esclusi dalle Paralimpiadi. Siccome Putin bombarda le città, la rappresaglia colpisce ogni russo, magari anche chi è contro la guerra.
Non sono solo sanzioni, è russofobia, cioè il sentimento anti russo che affonda nella notte dei tempi delle guerre europee, quando tutto un popolo era rappresentato come un orso feroce. Oggi la russofobia viene rispolverata e riadattata, ma serve sempre a preparare la gente comune all’odio della guerra. Chi vuole la pace rinsalda e rafforza le relazioni tra i popoli, chi vuole la guerra investe sull’odio tra di essi.
Così anche Dostoevskij diventa un nemico.
Fermiamo la guerra e fermiamo i guerrafondai che se la prendono coi maestri di musica, gli sciatori, gli studenti, i ricercatorie e anche coi gatti. Sì perché anche i gatti russi sono diventati nemici ed esclusi dalle mostre feline. No alla guerra anche perché alimenta la peggiore stupidità umana.
Giorgio Cremaschi PaP