Su gentile concessione di Contropiano
La guerra è una fogna, e mai come in questi giorni tanti sognano di farci un tuffo “igienizzante”. La guerra fatta tra chi ha armi nucleari sarebbe anche l’ultima, ma non si può certo dire “per fortuna”.
La guerra ha sempre delle cause, ossia interessi che qualcuno intende come “ragioni”. Chi vuole distinguere l’informazione dalla propaganda di guerra va a cercare di capire quali siano le cause.
I guerrafondai “senza se e senza ma” fanno invece come Mario Draghi in Parlamento: “non è il momento di fare i conti con se stessi e con gli altri ma di fare i conti con la storia, non quella passata ma di oggi e di domani. A questo punto il passato, quello che abbiamo fatto, gli errori… Tutto questo è utile perché migliora la consapevolezza personale, ma è inutile se ci divide. Quello che abbiamo davanti è qualcosa che ci deve unire“.
Se si seguisse il suo consiglio, ci ritroveremmo incolonnati con un vecchio fucilino (gli “otto milioni di baionette” sono un precedente tutto sommato recente) a ripercorre la strada che porta alla guerra. Contro la Russia, per di più…
E invece chiedersi “perché” è un dovere preliminare, qualsiasi posizione si voglia poi – poi, però – prendere.
Questo implica spegnere la televisione dove impazzano i para-psichiatri che ci descrivono una Russia sottomessa da un “pazzo” (“criminale”, “fuori di testa”, “irrazionale”, “imprevedibile”, ecc) e andare a cercare quelle ragioni.
Non bisogna neanche girare molto. L’Osservatorio sulla Sicurezza Internazionale della Luiss – l’università privata di Confindustria, niente di rivoluzionario o “filo-russo”, insomma – ha pubblicato già a dicembre la “bozza di accordo” proposta dal governo russo alla Nato e agli Stati Uniti.
Come avverte lo stesso Osservatorio, “Washington e l’Alleanza, però, hanno respinto le richieste russe.”
Riportiamo dal sito dell’Osservatorio:
RIA ha riassunto i punti chiave del primo documento, che è stato redatto in russo, inglese e francese. La Russia richiede di:
- Escludere un’ulteriore espansione della NATO, nonché l’adesione dell’Ucraina all’Alleanza;
- Non schierare truppe e armi aggiuntive rispetto a quelle collocate nei Paesi membri prima del maggio 1997, tranne in casi eccezionali e con il consenso della Russia e dei membri della NATO. [In tale quadro, è importante sottolineare che, prima del 1997, l’Alleanza non includeva i Paesi dell’Europa Orientale].
- Abbandonare qualsiasi attività militare della NATO in Ucraina, in Europa Orientale, nel Caucaso e in Asia centrale;
- Non schierare missili a medio e corto raggio in aree da cui possono essere colpiti altri territori;
- Non condurre esercitazioni e altre azioni con più di una brigata nella zona di confine concordata. Scambiare informazioni sulle manovre militari su base regolare;
- Confermare che le parti non si considerano avversarie, consolidare l’accordo per risolvere pacificamente tutte le controversie e astenersi dall’uso della forza;
- Impegnarsi a non creare condizioni che possano essere percepite come una minaccia dall’altra parte;
- creare hotline per i contatti di emergenza;
Se più della metà degli Stati firmatari accetterà le disposizioni, ha spiegato la testata russa, l’accordo entrerà in vigore. Si precisa, inoltre, che ogni Paese può recedere dal contratto, dandone comunicazione al depositario. In questo caso, l’intesa terminerà su base individuale 30 giorni dopo il ritiro.
A seguire, i punti salienti riassunti da RIA delle “garanzie” contenute nel secondo documento:
- Non schierare truppe né dispiegare armi nelle aree che saranno percepite come una minaccia alla sicurezza nazionale;
- Astenersi dal far volare bombardieri pesanti, nucleari e non, al di fuori dei propri cieli, da dove possono colpire bersagli sul territorio dell’altra parte;
- Non dispiegare navi da guerra in aree al di fuori delle acque nazionali, da dove possono colpire obiettivi sul territorio di un altro Stato;
- Non dispiegare missili a medio e corto raggio all’estero e in aree da cui possono colpire bersagli sul territorio di un altro Stato;
- Non dispiegare armi nucleari all’estero e ritirare quelle precedentemente schierate, nonché eliminare le infrastrutture create per il dispiegamento di armi nucleari al di fuori del proprio territorio;
- Non condurre esercitazioni militari con lo sviluppo di scenari per l’uso di armi nucleari e non preparare Paesi non nucleari all’uso di armi nucleari;
- Gli Stati Uniti si impegnano a escludere un’ulteriore espansione della NATO verso Est e a rifiutare di ammettere Paesi post-sovietici all’Alleanza;
- Gli Stati Uniti si impegnano a non creare basi militari nei Paesi post-sovietici, a non utilizzare le loro infrastrutture militari e a non sviluppare con loro una cooperazione militare.
Dunque c’era una proposta di Mosca per risolvere la pluridecennale “ansia di insicurezza” suscitata dall’espansione della Nato ad Est. Che si portava dietro anche batterie di missili nucleari.
A chi non conosce le banali “leggi della guerra” sarà il caso di ricordare almeno l’Abc: le testate nucleari viaggiano su missili, che possono naturalmente essere individuati dai sistemi radar nemici. Se la distanza delle basi è abbastanza alta, il “destinatario” dei missili ha il tempo di vedere, calcolare i tempi di impatto, valutare se si tratta di un falso allarme o un attacco vero, e quindi decidere se non fare nulla (una telefonata sulla “linea rossa” per conferma) rispondere “simmetricamente” sparando anche i propri missili a testata atomica.
Se invece la distanza è ridotta a poche centinaia di chilometri quel tempo si riduce in proporzione. Rendendo così difficile una valutazione efficace del rischio che si sta correndo. Può naturalmente succedere di tutto, a quel punto. Ci può essere giusto il tempo di schiacciare il bottone fine-di-mondo (ma servirebbe il placet del presidente), oppure si prende la raffica di bombe atomiche e fine del proprio paese (con fallout che si disperde sui vicini in quantità massiccia e su tutto il mondo in quantità minore).
Detto altrimenti: poter piazzare missili nucleari in un paese Nato confinante con la Russia significa raggiungere quel potere di “primo colpo” in una guerra nucleare, che potrebbe metter fine all’”equilibrio del terrore”, cioè alla mutua distruzione assicurata.
Era l’obiettivo di tutta la corsa agli armamenti che ha segnato il dopo seconda guerra mondiale e la contrapposizione Usa-Urss. Chi ricorda – o studia – la “crisi dei missili” a Cuba può capire senza problemi perché – per una superpotenza – sia alquanto “fastidioso” ritrovarsi i missili ad un passo da casa.
Come si vede, non c’è molto di “irrazionale”. E’ la normale fogna della guerra. Se uno non la vuole, si siede e negozia col nemico. Se uno rifiuta il negoziato su una proposta, o è completamente scemo (ma non lo crediamo) oppure è convinto di avere uno strapotere tale da costringere ogni interlocutore ad accettare qualsiasi fatto compiuto.
Il problema è che questo gioco la Nato e gli Usa hanno potuto farlo tranquillamente con Jugoslavia, Libia, Somalia, Iraq, ecc. Ossia con paesi privi di armamenti nucleari e persino di una contraerea tecnologicamente all’altezza. Impossibile farlo con una potenza nucleare.
Capendo questo ragionamento in fondo banale abbiamo scritto fin dal primo giorno che con l’attacco all’Ucraina Putin (e la Russia) metteva uno stop militare – azzardato e violentissimo, come ogni azione militare – all’espansione ad Est della Nato e delle sfere di influenze Usa.
Si poteva evitare? Certo. Bisognava sedersi al tavolo e contrattare col la Russia. Si sarebbe risparmiata all’Ucraina una tragedia e al mondo una fibrillazione potenzialmente mortale.
Bisognava non essere così tronfiamente sicuri che “gli altri non ci possono fermare”.
In fondo qualche avvisaglia mondiale si era già manifestata. In Afghanistan – che certo non è una potenza nucleare – gli Usa e la Nato hanno dovuto infine scappare dopo 20 anni di inutile occupazione, di massacri fatti con i bombardamenti “intelligenti”, che ci mostravano la guerra come un videogioco quasi senza sangue.
In Alaska, all’inizio del 2021, proprio il segretario di Stato Anthony Blinken, al primo incontro internazionale di rilievo, aveva dovuto registrare dalla controparte cinese risposte davvero inusuali a livello diplomatico: “Ciò che la Cina e la comunità internazionale seguono o sostengono è il sistema internazionale incentrato sulle Nazioni Unite e l’ordine internazionale sostenuto dal diritto internazionale, non ciò che è sostenuto da un piccolo numero di paesi del cosiddetto ordine internazionale basato su regole.”
E, ancora più esplicitamente, “Non crediamo nell’invasione attraverso l’uso della forza, o nel rovesciare altri regimi con vari mezzi, o nel massacrare le persone di altri paesi, perché tutto ciò causerebbe solo disordini e instabilità in questo mondo. E alla fine della fiera, tutto questo non sarebbe servito a niente per gli Stati Uniti”.
Il mondo si era abituato alle invasioni degli Stati Uniti per raggiungere i propri obiettivi. E anche gli Usa e gli alleati europei – e tutti gli operatori dei media, pubblici e privati – aveva assunto tutto ciò come “normalità della democrazia”.
Lo stop imposto dalla Russia scoperchia il vaso di Pandora e riporta in superficie la fogna della guerra. Non è un videogioco, e non c’è nessun “pilota automatico” che possa partorire la soluzione.
Bisogna fermare le armi – tutte – e trattare. Chi non lo vuol fare è un guerrafondaio. Lui, sì, “pazzo”. Perché pensa di poter affrontare una guerra nucleare e vincerla…
8 Marzo 2022 – © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO