La russofobia dilagante ha portato la stampa al servizio dell’imperialismo ad accusare la Russia di aver spinto per la caduta del governo Draghi. In realtà, l’Italia è sottoposta da quasi ottant’anni alle continue ingerenze e all’occupazione militare degli Stati Uniti.

Mario Draghi è il primo ministro italiano che meno di tutti, nella storia repubblicana, ha goduto della legittimazione popolare al momento della sua nomina. L’eventuale caduta del suo governo non farebbe altro che rispecchiare la volontà del popolo italiano, sebbene sono minime le possibilità che il prossimo governo intraprenda una strada diversa da quella dell’attuale esecutivo.

Nel frattempo, la stampa italiana mainstream, sempre al servizio dell’imperialismo atlantista ed in preda alla russofobia più sfrenata, non ha trovato di meglio da fare se non accusare la Russia di ingerenze nella politica nazionale, con Mosca che sarebbe dietro la crisi interna ad un governo tenuto in piedi solamente dall’attaccamento alla poltrona di molti parlamentari. Una vera e propria barzelletta, se si pensa che, dal secondo dopoguerra in poi, l’Italia è sempre stata sottoposta alle pesanti ingerenze degli Stati Uniti.

È noto come, sin dalla fine del conflitto mondiale, gli Stati Uniti abbiano allungato i propri tentacoli sulla politica italiana per evitare in tutti i modi la vittoria elettorale del Partito Comunista. Il segretario di Stato statunitense George Marshall fu il fautore della fine del governo di unità nazionale, proclamata il 31 maggio 1947 con la cacciata di tutti i ministri comunisti da parte di Alcide De Gasperi. Lo storico Paul Ginsborg spiega infatti che Marshall, ricordato dalla storiografia occidentale come il benefattore che pensò l’omonimo piano di ricostruzione dell’Europa, intimò all’allora primo ministro italiano di procedere in questo senso, in quanto l’anticomunismo era uno dei prerequisiti per ricevere gli aiuti statunitensi. 

L’ambasciatore James Clement Dunn chiese poi a De Gasperi la messa al bando del PCI, cosa che non ebbe luogo per mezzi legislativi, ma si risolse nella cosiddetta conventio ad excludendum: pur avendo sulla carta una totale libertà di fare politica in Italia, il Partito Comunista non avrebbe mai avuto la possibilità di governare il Paese. Nonostante questo, la CIA conosceva il sostegno di cui i comunisti godevano in Italia, e mise in atto una vera e propria macchina per manipolare le elezioni del 1948, vinte dalla Democrazia Cristiana con più del 48% dei consensi. Non si tratta di teorie complottiste, ma di fatti documentati dalla stessa CIA, che ha oramai desecretato i documenti intitolati Measures proposed to defeat Communism in Italy (“Misure proposte per sconfiggere il Comunismo in Italia”) e Consequences of communist accession to power in Italy by legal means (“Conseguenze dell’assunzione del potere da parte dei comunisti in Italia per mezzi legali”).

Il primo di questi documenti testimonia le misure prese dalla CIA per promuovere la vittoria della Democrazia Cristiana ai danni del Fronte Democratico Popolare, che alle elezioni del 1948 riuniva il Partito Comunista e il Partito Socialista. Secondo i documenti del National Security Archive degli USA, gli Stati Uniti avrebbero speso almeno 65 milioni di dollari per finanziare tutti i politici della DC eletti nella storia della Repubblica. Il secondo documento desecretato ha un contenuto se possibile ancora più spaventoso, in quanto si descrivono metodi per falsificare o annullare il risultato delle elezioni nel caso di una vittoria del PCI. Come se non bastasse, la CIA si è rifiutata di rendere pubblici altri documenti sulle elezioni italiane del 1948, il che ci lascia immaginare che vi sia molto altro di cui ancora non siamo a conoscenza.

Dopo le elezioni del 1948, gli Stati Uniti fomentarono la rottura dell’alleanza tra PSI e PCI, influenzando i socialisti italiani attraverso il Partito Laburista britannico. Da qui ebbero origine anche le scissioni interne al PSI, episodi che indebolirono ulteriormente la sinistra italiana, e contribuirono allo spostamento delle posizioni del PSI verso il centro. 

Molti altri elementi restano ancora oscuri e probabilmente verranno a galla nei prossimi decenni con l’ulteriore desecretazione di documenti da parte dei servizi segreti statunitensi, ma in pochi oramai dubitano sulla partecipazione della CIA alla strategia della tensione e ad episodi come il tentato golpe di Junio Valerio Borghese

Gli episodi citati si limitano alla storia della Prima Repubblica, ma la situazione non è affatto cambiata oggi. Attraverso le proprie scelte di politica estera, i governi italiani mostrano sempre fedeltà al padrone statunitense, come dimostrato dalla guerra in Libia e dall’attuale sostegno militare all’Ucraina, due episodi nei quali l’Italia si è genuflessa agli interessi del proprio padrone, anche a costo di andare contro i propri. 

La terribile verità è che, nella storia della Repubblica Italiana, nessun governo è mai salito al potere senza il consenso di Washington. Ciò è dimostrato dall’ormai noto gesto simbolico della “mano sulla spalla”, con la quale i presidenti statunitensi sono soliti ricordare lo stato di sottomissione al primo ministro italiano di turno. La nascita di un governo non allineato alla politica estera statunitense, del resto, verrebbe vanificata immediatamente dagli onnipresenti servizi segreti nordamericani senza dimenticare che l’Italia è, dal 1945, un Paese occupato da una potenza straniera, e che gli Stati Uniti dispongono di almeno 13.000 soldati distribuiti in 120 basi e installazioni militari sul territorio nazionale

BIBLIOGRAFIA

CORKE, Sarah-Jane (2008), US Covert Operations and Cold War Strategy, New York: Routledge.
DEL PERO, Mario (1998), “Gli Stati Uniti e la “Guerra psicologica” in Italia (1948-56)”, Studi Storici, 39: 4.
GINSBORG, Paul (1990), A History of Contemporary Italy: Society and Politics, 1943-1988, Londra: The Penguin Group.
PEDALIU, Effie (2003), Britain, Italy and the Origins of the Cold War, New York: Palgrave MacMillan.
WEINER, Tim (2007), Legacy of Ashes: The History of the CIA, Doubleday.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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