RobertoMorea
Scrivo queste poche righe in attesa del risultato della discussione in Senato sulla fiducia al governo, iniziato stamattina e non ancora terminato al momento in cui scrivo. Il discorso del presidente del consiglio, il dimissionario Draghi, ha avuto il merito di scontentare tutti.
L’accusa verso i 5 stelle di essere i destabilizzatori di un governo sostenuto dalla stragrande maggioranza delle forze politiche e del paese, si è rivoltato nel suo opposto.
Nonostante l’affannosa propaganda dei mass media, le lettere e le prese di posizione sciagurate di organizzazioni sociali, il Senato, ma con questo la semplice articolazione degli interessi politici e sociali che il parlamento esprime, Draghi non è riuscito ad imporre sé stesso come il garante degli interessi di tutti.
Fa scalpore, o almeno lo farebbe se non fosse ormai del tutto evidente da anni, che a difendere posti di lavoro come quelli dei tassisti, contro l’avidità delle multinazionali, non sia il partito che dice di chiamarsi sinistra, ma al contrario la lega di Salvini, consegnando il malessere degli strati popolari alle destre.
Anche l’accusa di indebolire le ragioni della guerra, che vede uniti in questa colpa 5 stelle e Lega, mostra come il programma politico del Presidente sia quello di imporre il proprio dominio e quindi il dominio degli interessi del capitalismo finanziario e americano a tutti i costi potremmo dire “whatever it takes”
A sostenere la fiducia a Draghi resta solo il PD, bandiera della economia di guerra, delle delocalizzazioni, dell’aumento della povertà e della precarietà, della mancata lotta al cambiamento climatico, come la scelta di ritornare all’inceneritore come soluzione del problema dei rifiuti,
Se c’è del buono in questa discussione è di aver rimesso al centro il lavoro e il ruolo del Parlamento, la possibilità di portare, interessi, punti di vista, persino opposizione, dentro le aule delle istituzioni democratiche.
Proprio questo intento di imporre scelte “obbligate” e senza l’impiccio della discussione e dell’”interferenza” dei partiti, sembra finalmente messo in discussione.
Certo non sarà facile ma riportare in quelle stanze una proposta politica di una sinistra pacifista, femminista, ecologista e aggiungo meridionalista, sarebbe una bella cosa.