L’uso del linguaggio è diventato una clava che limita i campi di interpretazione della realtà: si può esser lapidati per una battuta sull’abbigliamento della Bellanova ma è normale il classismo nell’irridere disoccupati, stagisti o percettori di sussidi.
Bodyshaming no, classismo si
Le manifestazioni di sostegno a Mario Draghi, nel loro compendio mediatico, hanno confermato ancora una volta la natura classista del pensiero dominante, venato di un frivolo progressismo limitato alle questioni sociali secondarie, che non vanno ad intaccare minimamente lo stato delle cose.
Siamo in una società che – anche giustamente, ma con le dovute riflessioni necessarie su questo fronte – ti lapida se usi un termine non consono su fattezze fisiche, stili di vita, orientamenti sessuali e via dicendo. Ma che ritiene normale utilizzare lo scherno sociale come lotta politica.
Si sono sollevati polveroni, emessi comunicati di solidarietà, per le battute (spesso di cattivo gusto) riservate all’abbigliamento della renziana Bellanova, ricordate? Ma poi da quello stesso partito da cui proviene l’ex ministra, si può abitualmente assistere all’uso di espressioni come “Reddito di criminalità”, fannulloni, etc etc, verso i percettori del sussidio,
In questi giorni abbiamo assistito a una campagna che per incensare il premier non si è fatta scrupolo ad utilizzare paragoni intrisi di classismo: dal “Conte stagista“, alla Concita De Gregorio che ha parlato dell’uomo di Harvard “che si trova a insegnare nell’Alberghiero di Massa Lubrense”.
Un sarcasmo tipico dell’arroganza triviale del potere, in cui si esalta il disprezzo, da un lato per la democrazia parlamentare, dall’altro per i lavoratori. Valgono solo le “competenze”, il più delle volte frutto di censo o appartenenza.
E nell’ambito della competenza rientrano esclusivamente forze e soggetti genuflessi ai “vincoli esterni” e i lavoratori del ceto benestante. Il resto è plebaglia, cafonaggine, arretratezza. Lo stagista, non pagato, è l’emblema dell’indolenza parassitaria. Per non parlare del disoccupato che incassa un sussidio, associato al nullafacente. Che dunque non merita cittadinanza.
L’uso del linguaggio è diventato una clava che limita i campi di interpretazione della realtà. È così da sempre, ma al tempo della comunicazione social di massa ha raggiunto il suo apice.
Un potere che controlla il linguaggio, detta l’agenda della comunicazione, indirizza le priorità.
Negli ultimi 40 anni, progressivamente, si è spostato il senso delle parole in un modo tale che quelle che erano considerate espressioni di pratica quotidiana dell’approccio politico “progressista”, che so, pacifismo, ambientalismo, lotta alla povertà, diritti, sono oggi espressioni considerate appannaggio dell’estremismo.
È un po’ come il paradosso di Zenone di Elea, quello di Achille che non raggiunge mai la tartaruga: a furia di inseguire il grande centro, la responsabilità, e tutto il linguaggio che questo comporta, le posizioni della sinistra parlamentare di oggi appaiono più a destra di quella stessa destra che continua ad inseguire.
Ma state tranquilli, non è semplice posizionamento nella lotta politica: ormai ci credono proprio!