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Perdita del potere di acquisto, salari che aumentano meno del costo della vita e precarietà diffusa. L’autunno di un governo asservito ai poteri forti militari ed economici
Il rapporto annuale Istat ci riporta con i piedi per terra. In una nota diffusa per la stampa in occasione della presentazione, viene così sintetizzato lo “stato di salute” della nostra economia:
“Dopo una crescita record nel 2021 (+6,6%), a inizio anno il Pil dell’Italia è tornato sui livelli di fine 2019, anche se con progressi non uniformi tra i settori. Dalla seconda metà dello scorso anno lo scenario internazionale si è gradualmente deteriorato per effetto di strozzature dal lato dell’offerta e di consistenti spinte inflazionistiche, esacerbate dall’invasione russa dell’Ucraina. Quest’ultima ha anche peggiorato le attese, così come il cambio di intonazione della politica monetaria. Coerentemente, le prospettive di crescita mondiali per il 2022 e il 2023 sono peggiorate e quelle per l’Italia, pur restando positive, sono in decelerazione. L’inflazione a giugno ha raggiunto l’8,0% per l’indice NIC, ai massimi da gennaio 1986, sospinta dai rincari delle materie prime, in particolare del gas naturale, il cui prezzo è aumentato di circa sei volte”.
L’Istat ricorda alla sonnacchiosa classe politica italiana, ma anche ai sindacati, che la guerra in corso in Ucraina ha ripercussioni negative sulla nostra economia, la crisi si abbatte a livello globale ma soprattutto su alcuni Paesi da anni alle prese con una crescita ridotta, come appunto l’Italia ove i salari da 25 anni o quasi risultano in decrescita e tutte le riforme del lavoro hanno avuto il solo effetto di mortificare la domanda, ridurre il potere di acquisto e di contrattazione acuendo le disuguaglianze economiche e sociali.
Per superare la crisi pandemica gli stati nazionali sono intervenuti sospendendo i dettami di Maastricht, era la sola scelta possibile per scongiurare una crisi sociale che avrebbe investito i fondamenti stessi dell’UE e dell’euro.
Ma al contrario di quanto accaduto negli USA, gli investimenti sono risultati insufficienti soprattutto nei Paesi economicamente più deboli e con l’embargo alla Russia, fortemente voluto dagli USA, siamo investiti dall’inflazione, dal rincaro dei prezzi con i salari praticamente fermi.
Riportiamo a tale riguardo una nota redatta dal Sindacato di Base Cub che individua nel codice Ipca una delle principali cause della debacle salariale con perdita del potere di acquisto di salari e pensioni:
“Nonostante i tentativi di contenere l’aumento dei prezzi, quanto accaduto nell’ultimo anno, da primavera 2021 a Giugno 2022, aiuta a comprendere come le dinamiche salariali e contrattuali al ribasso non siano d’aiuto per le classi lavoratrici e perfino per la ripresa dei consumi. Stando alle attuali previsioni potremmo trovarci in un anno e mezzo un aumento dei prezzi attorno al 6,5%, qualsiasi rinnovo contrattuale sarà decisamente inferiore a questa cifra. La inadeguatezza del codice Ipca è pari alla faccia tosta di chi, i sindacati rappresentativi, decantano lodi di rinnovi contrattuali che fanno già perdere potere di acquisto e così i nostri salari, a fine anno, saranno ai livelli del 2009 come se non fossero trascorsi nel frattempo 13 lunghi anni. Aumentando il costo della vita la dinamica contrattuale dovrebbe crescere di pari passo mentre invece siamo davanti a cifre irrisorie e soprattutto legate a bonus aziendali, contrattazione di secondo livello sulla quale gli sgravi fiscali a favore delle imprese giocano un ruolo dirimente. Davanti alla risalita dei prezzi al consumo, per l’Istat la dinamica retributiva contrattuale ‘è rimasta molto contenuta anche nei primi mesi del 2022’, ma anche prevedendo rinnovi contrattuali con aumenti stipendiali pari al 4,7% nel 2022 avremmo già perso in partenza il 2 per cento o poco meno”.
Ci pare evidente che l’economia di guerra e la spasmodica ricerca di applicare le ricette del neokeynesismo di guerra determinino condizioni sfavorevoli per la classe lavoratrice italiana.
Da una parte, aumentano i costi dei generi alimentari e dei prodotti energetici, si prosegue con la militarizzazione dei territori (190 milioni di euro dal Fondo di coesione e sviluppo saranno spesi per la nuova cittadella militare nel territorio pisano), assistiamo impotenti ai processi di fusione tra industrie di armi, si persevera in meccanismi iniqui per adeguare i salari al costo della vita, meccanismi che sanciscono invece la continua e progressiva erosione del potere di acquisto salariale e delle stesse pensioni. Al contempo la decantata riforma del sistema fiscale si è tradotta in un sistema di tassazione favorevole per le partite Iva senza accrescere gli scaglioni con il risultato di favorire ancora i redditi elevati.
E nel frattempo le classi padronali, con le associazioni di categoria, perseverano nella campagna contro gli ammortizzatori sociali e il reddito di cittadinanza riportando dati parziali, ad esempio si parla di riduzione del tempo determinato e dei contratti stagionali quando, invece, almeno nella dorsale adriatica, aumentano per la fascia di età under 40. L’offerta di posti di lavoro per la stagione estiva riguarda figure per le quali non viene riconosciuta la professionalità acquisita e le specializzazioni, di conseguenza i salari offerti sono ancora una volta bassi con orari e condizioni lavorative che bypassano perfino i contratti nazionali e le regole vigenti.
L’economia ristagna, la precarietà si diffonde, i salari perdono potere di acquisto, l’inflazione cresce e il Bel Paese continua a seguire imperterrito gli USA acquistando gas liquefatto a costi superiori del 500% rispetto alle forniture russe soggette ad embargo.
E per favorire questa debacle dei nostri conti economici si va verso la costruzione di rigassificatori davanti ai porti italiani, una minaccia per la nostra salute e sicurezza.
15/07/2022 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
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