In questo articolo pubblicato dalla rivista cinese TI Observer, Jin Xu, accademico dell’Istituto Taihe, e Sven Biscop, professore dell’Università di Gent (Belgio), analizzano le relazioni tra Cina e Unione Europea alla luce dei recenti sviluppi. Di seguito la traduzione completa dell’articolo.
Quando si tratta delle relazioni tra Cina ed Unione Europea, è difficile descriverle e riassumerle in una parola poiché si sono trasformate e modificate così notevolmente negli ultimi decenni. Da importante partner commerciale a principale fonte di importazioni nell’UE, a Paese indicato con diverse etichette, che vanno da partner, concorrente, a rivale sistemico dell’UE, la Cina ha chiaramente avuto una relazione intrigante con l’UE negli ultimi 30-40 anni. Qual è il ruolo della Cina in relazione all’UE? Come descriviamo le mutevoli dinamiche nelle relazioni Cina-UE alla luce degli eventi accaduti negli ultimi due anni? Guardando al futuro, cosa possiamo aspettarci dalla relazione?
Data la dinamica delle relazioni complessive tra Cina e UE, potrebbe commentare quelle che ritiene essere le tendenze passate e in evoluzione della Cina, alla base delle relazioni sino-europee?
Jin – Dal mio punto di vista, le relazioni commerciali e politiche sino-europee non sono male se le confrontiamo con le relazioni sino-americane. La Cina è da molti anni il principale partner commerciale dell’UE. Importiamo così tante cose dai Paesi europei e a nostra volta esportiamo così tante cose nei Paesi europei. Abbiamo molti investitori provenienti da Paesi europei, che hanno le loro fabbriche, aziende e prodotti qui. Si vedono molti prodotti e merci europei nelle grandi città come Pechino, Shanghai, Shenzhen, ma anche in molte aree remote.
Ci auguriamo che le relazioni tra Cina ed Europa migliorino ulteriormente in futuro. Condividiamo accordi su molte cose. Condividiamo punti di vista comuni in un’ampia gamma di affari internazionali. Spero che avremo più uomini d’affari europei che verranno in Cina. Ci auguriamo che l’Unione Europea, nel suo insieme, possa essere più aperta al popolo cinese, compresi i turisti cinesi, soprattutto dopo il Covid.
Biscop – Per riprendere il suo ultimo commento, in primo luogo, uno scambio meno aperto è sicuramente un grande peccato. Anche se non siamo tagliati fuori grazie a Internet, la profondità dello scambio non è proprio la stessa di quando avviene di persona. Di solito, in estate, trascorrevo due settimane all’anno per insegnare alla Renmin University of China a Pechino e visitare diversi think tank e università cinesi. Spero che lo scambio accademico possa riprendere molto presto, perché mi colpisce di più che, quando gli studenti cinesi possono trascorrere l’anno a Bruxelles e gli studenti belgi a Pechino, allora possiamo davvero iniziare a capire cosa sta facendo l’altro.
E ora, la Cina è diventata una presenza globale. Le relazioni UE-Cina sono cambiate quando è cambiata la posizione internazionale della Cina. La Cina si è definitivamente riaffermata come una grande potenza, direi, al più tardi dal 2008 dopo la crisi finanziaria. Non c’è un Paese al mondo in cui la Cina non sia presente in termini politici ed economici e, quindi, sempre di più, la Cina sta acquisendo anche interessi di sicurezza perché se hai interessi economici e politici globali, questo porta anche determinati interessi di sicurezza. E così, l’UE si è adattata, dal vedere la Cina principalmente come un partner economico e concorrente, a vederla anche come una grande potenza. Penso che la posizione iniziale fosse il fatto che la Cina come grande potenza è normale e naturale, se si guarda alla storia della Cina, al suo peso e alla sua scienza. Il fatto di per sé che la Cina sia una grande potenza non è stato visto come una minaccia. La domanda che si pongono gli europei è: come si comporterà la Cina da grande potenza? Funzionerà secondo le regole dell’ordine mondiale esistente? O no? Penso ancora che sia l’atteggiamento di base e mainstream. Vale a dire, è perfettamente normale che la Cina sia una grande potenza e non c’è proprio questa idea, come è diffusa negli Stati Uniti, che l’ascesa della Cina sia di per sé problematica. Tutto dipende dalla strategia che la Cina perseguirà.
Ci sono casi in cui gli interessi si scontrano e in cui la maggioranza degli europei sente che la Cina si comporta come una rivale, perché infrange il diritto internazionale o perché mina direttamente la [nostra] sovranità. Citerò solo due esempi. Uno è il Mar Cinese Meridionale. È una questione molto complicata. Il secondo sono tutti i tipi di azioni ibride contro gli Stati europei, dalle azioni informatiche alla coercizione economica, e così via. Pertanto, nel tempo, l’UE ha escogitato quello che ritengo sia inteso come un approccio molto sfumato, ovvero, beh, non diremo che la Cina è un avversario, perché è anche un partner e un concorrente economico, ma su problemi specifici, un rivale.
E da qui questa etichettatura di partner, concorrente e rivale. Ma lo scopo preciso, credo, sia quello di poter evitare l’aggravarsi delle tensioni ed evitare un disaccordo in un ambito, il che necessariamente contaminerebbe tutti gli altri ambiti. Questo è il punto in cui siamo. Ma per il dibattito in Europa, il tono sta cambiando, in parte a causa del punto di vista diverso degli Stati Uniti. Ma penso che sia anche in parte la reazione ad alcune azioni cinesi che sono apparse molto negative in Europa. Penso che dovremo vedere come possiamo in qualche modo rimettere tutto questo in carreggiata e assicurarci che le relazioni migliorino piuttosto che continuare a deteriorarsi come è successo nell’ultimo anno o anno e mezzo.
Sul punto relativo all’approccio alla compartimentalizzazione evidenziato dal professor Biscop, professor Jin, è d’accordo con questa sorta di idealismo sulla separazione e compartimentalizzazione della relazione? Pensi che non sia realistico? O pensa che sia anche qualcosa che la Cina è, di fatto, aperta ad adottare anche quando si tratta di mettere da parte le differenze e concentrarsi su aree di pura cooperazione?
Jin – In primo luogo, non credo di essere d’accordo con il commento sulla Cina che mina la sovranità dei membri dell’UE. C’è un vecchio detto in Cina: non imporre agli altri ciò che tu stesso non desideri. La Cina ha sempre rispettato i Cinque Principi di Coesistenza pacifica. Ora, nel 21° secolo, ci stiamo tutti sforzando di costruire un ordine internazionale che sia egualitario e inclusivo. Nessun Paese ha il diritto di stare su un piano morale elevato, insegnando a un altro Paese cosa fare con le proprie questioni interne e nessuno ha il diritto di interferire negli affari interni di altri Paesi. Ciò non solo danneggerebbe le relazioni tra gli Stati, ma comprometterebbe anche la fiducia reciproca e la cooperazione a lungo termine che i Paesi hanno costruito nel corso degli anni.
La Cina e l’UE sono già diventate il principale partner commerciale l’una dell’altra, il che significa che le economie delle due parti sono complementari e interconnesse e che la relazione è reciprocamente vantaggiosa. Dovremmo “colpire finché il ferro è caldo” per portare le relazioni Cina-UE a un livello più alto, rispettando le solide basi di cooperazione poste dai leader delle due parti e creando un paradigma di cooperazione internazionale per il reciproco vantaggio e un risultato win-win.
Per quanto riguarda la coercizione economica, la mia breve risposta è che, nel commercio internazionale, la Cina ha sempre sostenuto il rispetto delle regole dell’OMC, la creazione di un ambiente di mercato equo e competitivo e non discriminando mai alcun Paese o impresa. E quindi credo che non ci sia un problema come la coercizione economica. Mi auguro che l’UE adotti una posizione obiettiva ed equa nell’affrontare questioni che riguardano la Cina.
Sulla sua domanda sulla compartimentazione, penso di essere d’accordo. La Cina e l’UE sono probabilmente rivali in alcune aree; ma nella maggior parte dei settori siamo comunque partner. A lungo termine, dovremmo avere delle basi, ad esempio, quando si tratta di relazioni economiche e scambi culturali. Alcuni problemi in un’area non dovrebbero interessare altre aree. Ad esempio, da molti anni parliamo dell’accordo globale sugli investimenti, ma non siamo riusciti a siglare tale accordo. Stiamo ancora aspettando il giorno per firmarlo. Inoltre, anche se la Cina è la seconda economia più grande del mondo, non credo che la Cina diventerà presto una superpotenza come gli Stati Uniti. La Cina è ancora un Paese in via di sviluppo. In alcune aree siamo forti e competitivi, ma in molte aree non siamo paragonabili agli Stati Uniti. Ad esempio, abbiamo sollevato molte persone dalla povertà negli ultimi due anni, ma ci sono ancora molte persone povere che vivono in aree remote. In molte zone rurali, il tenore di vita delle persone è ancora molto basso.
Siamo ancora indietro nella tecnologia e in molti prodotti industriali. Ecco perché importiamo ancora molti prodotti di fascia alta da Germania, Francia, Regno Unito, Austria e persino dagli Stati Uniti, anche se gli Stati Uniti probabilmente non vogliono esportare i loro prodotti di fascia alta in Cina. Le relazioni Cina-UE dovrebbero avere un futuro molto più luminoso. Nel complesso, non dovremmo considerarci nemici o rivali. Se ci considerassimo buoni partner, questo sarebbe vantaggioso per entrambe le parti e porterebbe prosperità ad entrambi i popoli. Questa è la mia idea.
Biscop – Vorrei dire due cose su questo argomento, forse una in generale e una specifica. Penso in particolare al CAI (Comprehensive Agreement on Investment, ndt), quello che è successo dal punto di vista dell’UE è stato che l’UE ha annunciato l’accordo nel dicembre 2020, e poi nel marzo 2021 sono state adottate sanzioni contro la Cina per le preoccupazioni in Europa sul trattamento dei cittadini uiguri della Cina.
Ora, nella logica della compartimentazione, funziona, giusto? Sei d’accordo su una questione, il commercio e l’economia, ma non sei d’accordo su un’altra questione. Le sanzioni dell’UE erano, in realtà, per lo più simboliche. Poi la Cina ha risposto a sua volta con sanzioni, di portata molto più ampia. La mia interpretazione, e penso l’interpretazione della maggioranza in Europa, è che la reazione cinese è stata una reazione eccessiva e ha rotto la logica della compartimentazione sanzionando così tanti parlamentari, parlamentari europei e accademici. Il risultato è che quei parlamentari e parlamentari europei non ratificheranno il CAI fintanto che saranno nell’elenco delle sanzioni cinesi. E penso che sia giusto. Penso che la Cina, rispondendo con sanzioni molto più severe alle sanzioni simboliche dell’UE, abbia rotto la logica della compartimentazione. Francamente, non vedo come ciò sia nell’interesse della Cina, perché l’UE è l’unico altro attore globale occidentale disposto a perseguire questa logica. Perché dovresti provare a annullarlo?
Il punto generale che volevo sottolineare è questo: c’è confusione su cosa significhi il termine “rivale sistemico”. Riguarda i diversi sistemi domestici? O si tratta dell’approccio al sistema internazionale? A mio avviso, ciò di cui l’UE dovrebbe occuparsi in via prioritaria è il sistema internazionale. Penso che quando la Cina, dal punto di vista dell’UE, va direttamente contro gli interessi europei violando le regole del sistema internazionale, dovremmo opporci. Quando si tratta del sistema politico interno cinese, penso che, di regola, non dovremmo vederlo in termini di rivalità. Sicuramente ci sono molti aspetti del sistema politico interno cinese con cui l’UE non è d’accordo e penso che l’UE, in quanto unione di Stati democratici, abbia il dovere morale di criticare le violazioni dei diritti umani ovunque le percepisca. Ma non credo che l’UE abbia il dovere morale di cercare di far rispettare i diritti umani ovunque veda violazioni. Inoltre non ha la leva per farlo.
La mia opinione su ciò che l’UE dovrebbe fare è la seguente. Ogni volta che vede violazioni dei diritti umani, criticarle per mantenere la norma dei diritti umani, ma non adottare sanzione dopo sanzione perché è un effetto domino infinito. Dobbiamo mantenere le polveri asciutte e usare sanzioni efficaci quando riteniamo che altri stati stiano oltrepassando il limite nella loro politica estera. Questa è la mia visione piuttosto pragmatica.
E questo ci ricollega al punto più ampio di se stiamo cercando di riattivare il CAI e di far avanzare i suoi progressi all’interno del Parlamento europeo, cosa potrebbero fare esattamente entrambe le parti? In altre parole, se stiamo davvero inquadrando la nostra discussione attorno a questa lente di ottenere o garantire i successi del CAI, cosa vi aspettereste dall’altra parte?
Biscop – Siamo davvero in una situazione di stallo, ed è stata aggravata da quanto accaduto con la Lituania e dalla reazione cinese che ha attirato l’intera UE. Penso a quanto sarà difficile scendere dall’albero contemporaneamente. Ma sono d’accordo che sarebbe decisamente nel reciproco interesse portare avanti il CAI e in qualche modo migliorare nuovamente i rapporti. Ma penso anche che sarà difficile se non ci sarà un gesto di apertura da parte cinese, perché penso che quello che bisogna capire è che queste sanzioni, contro membri del parlamento e accademici, sono viste come esagerate e servono a unire davvero l’Europa contro la Cina. Penso che un primo passo debba essere compiuto dalla Cina affinché l’UE possa portare avanti il CAI. Da parte europea, anche questo dovrebbe essere riconosciuto; se questo passo viene fatto e la Cina ritira tutte le sanzioni, dovremmo ratificare la CAI.
Una cosa da notare è che non dovremmo collegarlo ad altre aree problematiche su cui non siamo d’accordo. Dovremmo continuare a compartimentalizzare. Sulla questione della Lituania, che ora è una questione calda, penso che la Lituania avesse il diritto di abbandonare l’iniziativa “17 + 1”. Nessuno può essere costretto a rimanere in un formato se pensa che non aggiunga più valore. La Lituania ha voluto l’apertura del TRO (Ufficio di Rappresentanza di Taipei) sul proprio territorio. Molti degli stati membri dell’UE hanno già TRO e ce n’è uno anche qui a Bruxelles. Tuttavia, penso che la Lituania, chiamandolo Ufficio di Rappresentanza di Taiwan, sia andata troppo oltre perché tutti sanno che si tratta di una questione simbolica molto delicata. I simboli tendono a respingere la razionalità a favore delle emozioni e portano molto facilmente all’escalation. Se l’idea era quella di aiutare Taiwan, non credo che creare questa crisi aiuti Taiwan in alcun modo. È piuttosto strumentale a Taiwan per inviare un messaggio a Pechino. Penso che non sia stato molto intelligente da parte della Lituania chiamarlo in questo modo.
Inoltre, penso che la reazione cinese sia stata una reazione eccessiva e la Cina dovrebbe rendersi conto che cercare di spingere la Lituania fuori dal mercato unico dell’UE non funzionerà. Ancora una volta, si unisce l’intera UE contro la politica cinese. Ma penso che, forse, su questo tema, un compromesso potrebbe comportare che il nome dell’ufficio venga cambiato – tutti gli altri TRO nell’UE sono chiamati Ufficio di Rappresentanza di Taipei – questa è forse la prima mossa. Ciò potrebbe quindi consentire alla Cina di abbandonare tutte le misure attualmente di vasta portata contro la Lituania e l’UE nel suo insieme.
Jin – Come ha detto il professor Biscop, “non abusare delle sanzioni“. Le sanzioni vanno usate nel posto giusto, al momento giusto e contro il Paese giusto. Se ne abusi, non funzioneranno bene. Anche quando si tratta di violazioni dei diritti umani, penso che ogni Paese abbia tali problemi, anche negli Stati Uniti, con il movimento Black Lives Matter, per esempio. Molti neri sono scesi in piazza per protestare contro il governo e la polizia. Tuttavia, non sento molte critiche dall’Europa su queste cose. Professor Biscop, potrebbe fornirci alcuni esempi di violazioni dei diritti umani? L’UE ha criticato i problemi americani in materia di diritti umani?
Un altro punto che desidero riprendere nel suo precedente commento è il motivo della sospensione del CAI. L’intera faccenda della cosiddetta questione dello Xinjiang faceva parte del piano deliberato escogitato dagli Stati Uniti con le forze anti-cinesi per contenere lo sviluppo della Cina diffondendo bugie e conducendo campagne di disinformazione. Mi chiedo quanti di quelli a Washington siano stati effettivamente nello Xinjiang. Le loro accuse hanno completamente ignorato i risultati conseguiti dalla Cina nello sviluppo dei diritti umani nello Xinjiang e in altri luoghi negli ultimi decenni per mantenere la sicurezza e la stabilità regionali e promuovere la prosperità. E il fatto che l’UE non solo fosse disposta a seguirne l’esempio, ma abbia effettivamente sostenuto gli Stati Uniti nel contenere la Cina sanzionando la Cina e sospendendo il CAI, che dovrebbe essere vantaggioso per il popolo europeo, è semplicemente sbalorditivo. In questo caso, la Cina deve rispondere. Lo scopo della nostra azione è duplice. Uno è a scopo cautelativo. L’altro è mostrare la determinazione della Cina nel difendere i nostri principi di politica estera di lunga durata. Spero che l’UE possa comprendere chiaramente la situazione in questione. Spero che possa sostenere una strategia diplomatica indipendente dalla posizione americana.
Ora, per quanto riguarda le sanzioni che hanno portato alla sospensione del CAI, l’UE ha fatto la prima mossa sanzionando il personale e le istituzioni competenti nello Xinjiang sulla base di alcune accuse inventate. Alla Cina non è stato permesso di rispondere e contrattaccare, quindi l’UE ha attribuito interamente alla Cina la causa delle relazioni logore tra le due parti. Questa è la prima volta che l’UE ha imposto una sanzione alla Cina, e devo dire ancora una volta che questo atto ha ignorato totalmente gli interessi del popolo europeo e che entrare a far parte del gruppo guidato dagli Stati Uniti contro la Cina è solo un atto di “sparatoria sul proprio piede”. Ora, non posso fare a meno di chiedermi cosa si intende per “autonomia strategica”? Questo è piuttosto sconcertante perché è difficile per me comprendere questa mossa politica, perché il punto in cui vi state dirigendo è essenzialmente contrario a ciò che il vostro popolo vuole, vale a dire una vita migliore. Il Parlamento europeo, inoltre, ha addirittura intensificato le sanzioni e annullato la revisione della CAI per “costringere” la Cina a revocare le sanzioni nei confronti della parte UE. Penso che questo tipo di coercizione non abbia senso. Il CAI non è un “regalo” dell’UE alla Cina o viceversa. E, riguardo a come si è concluso l’accordo, posso solo esprimere rammarico.
Biscop – Ci sono chiaramente preoccupazioni in Europa e anche qui abbiamo molti dibattiti, sul movimento Black Lives Matter, ad esempio, o sull’attuale situazione al confine tra Stati Uniti e Messico, che in realtà riceve molta copertura mediatica. Inoltre, penso che ciò che attira maggiormente l’attenzione da parte nostra, ad esempio, sia la situazione dei rifugiati che cercano di raggiungere l’Europa che si trovano nei campi, all’interno dell’UE o ai confini dell’UE, troppo spesso in condizioni molto deplorevoli.
Quindi, di sicuro, questa non è un’immagine in bianco e nero. Penso che come primo passo, ogni giocatore dovrebbe assicurarsi di essere all’altezza dei propri valori a casa propria. Sono completamente d’accordo. Penso anche che alcuni attori strumentalizzino i diritti umani per la geopolitica e alcuni attori criticheranno di più la Cina, perché vedono la Cina come un rivale geopolitico e vedono i diritti umani come uno strumento da usare contro la Cina. Succede anche quello. Ma personalmente, penso che ogni situazione dovrebbe comunque essere giudicata in base ai propri meriti, giusto? Ci sono sicuramente gravi problemi di diritti umani negli Stati Uniti e nell’UE che dovrebbero anche essere valutati. Detto questo, anche la situazione in Cina dovrebbe essere valutata nel merito. È così che cercherei di formulare una visione sfumata su questo.
Ora parliamo degli Stati Uniti. Il professor Jin ha notato che non dobbiamo lasciare che gli Stati Uniti si intromettano quando si tratta delle dinamiche Cina-UE. Ma il professor Biscop ha notato che inevitabilmente, con la posizione rigida e l’atteggiamento da falco di Washington, stiamo assistendo a questo insinuarsi di tensione nelle relazioni eurasiatiche. È possibile tenere gli Stati Uniti fuori dalle relazioni sino-europee per il bene della Cina e dell’UE?
Biscop – Penso che non sia possibile, perché gli Stati Uniti sono un’altra grande potenza e attore globale. Ciò che gli Stati Uniti fanno o non fanno ha un così grande impatto su qualsiasi aspetto della politica mondiale, lo stesso vale per la Cina. Pertanto, è impossibile tenere gli Stati Uniti fuori da questa relazione. Quindi, la mia opinione su questo è, ancora una volta, che cerco di essere molto, molto sfumato. L’UE non è e non dovrebbe cercare una posizione equidistante tra Stati Uniti e Cina. In termini di storia, cultura, stile di vita e tipo di società, siamo ovviamente più vicini agli Stati Uniti e probabilmente rimarremo molto più vicini agli Stati Uniti per molto tempo a venire. C’è una chiara preferenza in Europa per perseguire i nostri interessi insieme agli Stati Uniti quando possibile. Ma sempre più c’è la consapevolezza che gli interessi degli USA non sono sempre gli stessi di quelli europei, perché la posizione di partenza è diversa, in particolare quando si parla di Cina. Mentre gli Stati Uniti vedono la Cina come un rivale per la propria posizione di grande potenza, l’UE no. Vede la Cina come una grande sfida, ma non proprio come un rivale per la propria posizione nella politica globale.
Quindi penso che l’UE, negli ultimi due anni, si sia posizionata come un attore indipendente vicino agli Stati Uniti ma che conduca la propria valutazione, e questo vuol dire non seguire gli Stati Uniti, ma elaborare il proprio approccio, in particolare questa idea del partner-concorrente-rivale, che è del tutto diversa dalla strategia statunitense. Definisco questo approccio: “Collabora quando puoi, ma respingi quando devi“. Per gli Stati Uniti è un po’ il contrario. È “respingere quando puoi e collaborare quando devi“.
Quindi, penso che sia così che l’UE dovrebbe cercare di continuare: dovrebbe partire dai propri interessi e dalle proprie priorità, interagendo sia con gli Stati Uniti che con la Cina e anche chiarendo agli Stati Uniti, in modo molto più proattivo, quale sia la strategia dell’UE. In passato, penso che fossimo spesso un po’ troppo reattivi. Ora dobbiamo essere più proattivi. Penso che ora stiamo ancora aspettando: qual è la strategia degli Stati Uniti nei confronti della Cina? Ciò che è stato chiarito durante l’amministrazione Trump è stato che la strategia degli Stati Uniti sembrava “make China small again” (“rendere di nuovo piccola la Cina“, ndt). Bene, questo non accadrà. Se questa è la loro strategia, non funzionerà, quindi devono essere pronti per una rivalità senza fine. Penso che l’approccio di Biden sia diverso, ma non è ancora così chiaro quale sia l’obiettivo strategico nei confronti della Cina. Penso che per l’UE dovremmo essere chiari sul fatto che il nostro obiettivo è lavorare con la Cina nel rispetto delle regole dell’attuale ordine mondiale. Finché ciò è possibile, fintanto che la Cina persegue i suoi legittimi interessi in modi legittimi, dovremmo cercare di farlo.
Jin – Ho viaggiato e lavorato nei Paesi europei. Ho soggiornato anche negli Stati Uniti, a San Francisco e Boston per alcuni anni. Direi che ne so qualcosa sugli Stati Uniti. Sempre più cinesi credono che se gli americani riuscissero a tenere le loro mani lontane, le relazioni Cina-UE potrebbero essere migliori. Molti problemi tra Cina ed Europa non derivano né dalla Cina né dall’Europa. In gran parte è dovuto al fatto che i cinesi statunitensi credono sempre più che Washington non sia felice che le relazioni sino-europee migliorino perché siamo in competizione. Gli americani trarrebbero vantaggio se la Cina e l’UE combattessero l’una contro l’altra e se fossimo in concorrenza tra noi. Penso che parlando dagli interessi fondamentali di Europa e Cina, non dovremmo lasciare che gli Stati Uniti si mettano sulla nostra strada. Dovremmo lottare per un futuro migliore creando maggiori opportunità di scambi economici e culturali. E questo dovrebbe coinvolgere più gruppi e individui, compreso il settore delle imprese. Ad esempio, dopo che le due parti hanno gradualmente allentato il controllo delle frontiere, dovremmo avere più investitori in arrivo in Europa e in Cina. Dovremmo anche incoraggiare il turismo. E, naturalmente, dovremmo avere più scambi di alto livello che potrebbero aiutare a migliorare le relazioni. Dobbiamo riconoscere i nostri interessi comuni e le aree di accordo. Troppa attenzione ai disaccordi non farà che rafforzare il divario tra le due parti e la riluttanza a migliorare le relazioni. In Cina, abbiamo un detto “qiutong cunyi (求同存异)” – “cercare un terreno comune mentre si accantonano le differenze“. Se prestassimo molta più attenzione alle parti cooperative delle nostre relazioni bilaterali, il futuro sarebbe più luminoso.
L’UE, a lungo e a breve termine, non è un’entità unificata. È molto varia da diversi punti di vista, si presenta in molte forme con Paesi diversi e adotta culture politiche, culture civiche e valori diversi. Professor Biscop, come possono la Cina e l’UE, come collettività, fare l’uso più produttivo di tale pluralismo, per ottenere il “qiutong cunyi“?
Biscop – L’UE è eterogenea. Ha 27 Stati membri con la propria storia, geografia e cultura. Ma allo stesso tempo, ogni volta che mi muovo fuori dall’Europa, mi sento decisamente europeo, più che belga. Pertanto, non esagererei questa eterogeneità. In termini di cultura, esiste uno spazio culturale europeo. Uno spazio, dove tutti noi leggiamo gli autori dell’altro, ascoltiamo la musica dell’altro e guardiamo i film dell’altro. C’è anche un’enorme quantità di viaggi, con persone che lavorano e studiano in tutta l’UE. In termini di economia, è un’entità. Dico sempre che anche gli Stati membri più grandi sono in un certo senso province del mercato unico dell’UE, e il confine che conta non è più tanto il confine nazionale. È il confine del mercato unico o il confine della zona euro che determina davvero la nostra sicurezza e prosperità.
Quindi, penso che l’UE sia un’organizzazione simile a uno stato. Ovviamente non è uno stato, ma non è nemmeno solo un’organizzazione internazionale. È un’organizzazione di tipo statale. Chiaramente, l’UE funziona meglio dove è più integrata, che è la sfera economica. Nella sfera diplomatica e della difesa rimane interamente intergovernativa. Tutto avviene all’unanimità. Molti Stati membri non hanno ancora un riflesso sufficientemente europeo. Giocherebbero prima la carta nazionale finché non si rendono conto che non funziona.
Ma penso che la tendenza indichi ancora una convergenza di interessi di questi Stati membri e, quindi, una “unione sempre più stretta” se si usa il termine del trattato. Se sei un’altra potenza globale, potresti pensare che sia nel tuo interesse dividere l’UE per aumentare il divario. Ma è davvero nell’interesse cinese? Non ne sono sicuro. Penso che sia molto nell’interesse della Cina avere un’UE forte con un forte impegno per il multilateralismo, il che è più vantaggioso per la Cina. Se non ci fosse l’Unione Europea, la Cina avrebbe solo Washington e Mosca con cui confrontarsi.
Jin – I leader cinesi hanno sottolineato molte volte, quasi ogni anno, che la Cina spera che l’UE possa essere più unita e più forte. In termini di relazioni Cina-UE, le due parti dovrebbero fare del loro meglio per adempiere ai propri impegni di aiutarsi a vicenda e incoraggiare maggiori scambi e cooperazione. Il mio suggerimento è: non lasciare che altre cose interferiscano troppo con le aree promettenti e nel frattempo non violare gli interessi fondamentali della Cina. Ancora una volta, la Cina e i Paesi europei hanno culture molto diverse e così spesso le questioni hanno livelli di sensibilità diversi. Un esempio eccezionale è lo stipendio. In Occidente, le questioni relative al reddito o allo stipendio sono molto sensibili agli individui in quanto questo è considerato privato, mentre molte persone in Cina potrebbero essere più disposte ad aprirsi su tali questioni. Penso che la logica sia la stessa.
Quindi, non pensiamo sempre l’un l’altro come rivali geopolitici. Possiamo essere concorrenti. Ad esempio, siamo concorrenti commerciali con l’Europa. È normale. Anche all’interno dell’Europa, gli Stati competono tra loro. Regno Unito e Francia, Regno Unito e Germania, Germania e Francia. Questo è comprensibile. Ma dovremmo fare del nostro meglio per non esagerare gli elementi competitivi e per non lasciare che la parte competitiva prevalga sulla parte cooperativa. Questa è la mia idea. Durante l’inverno, molti cinesi vanno in Svizzera per sciare. Il mese scorso, quando eravamo nel bel mezzo delle Olimpiadi invernali, la Cina ha invitato molte persone a venire in Cina per i Giochi. Questo è il tipo di scambi che sono mancati negli ultimi anni, a causa della pandemia e di altri motivi. E questi sono gli scambi che dovrebbero essere promossi.
Ora, portiamo la nostra conversazione al presente e a ciò che sta accadendo in questo momento. Abbiamo assistito a un ricambio di leadership in Paesi europei come Germania e Francia. Immagino che una domanda su cui consultarvi entrambi sia: quali sono le implicazioni di tale leadership o turni di governo nei Paesi europei, in particolare i principali Paesi europei, insieme alle implicazioni sulle relazioni sino-europee, nel caso?
Jin – La mia posizione è sempre che non si dovrebbe sopravvalutare questo. Angela Merkel ha dato un importante contributo al processo decisionale europeo. Fu cancelliera per molto tempo. Ovviamente, i nuovi governi possono portare un cambiamento nella politica, a volte un cambiamento radicale. Ma mi sembra che nel caso della Germania e della Francia siano ancora il fulcro del progetto europeo. Posso immaginare che ci saranno dei pesanti dibattiti all’interno del governo tedesco su alcuni argomenti delicati. Ma nel complesso, sembra che il governo stia proseguendo lo stesso corso pragmatico che il governo precedente aveva impostato. E ora abbiamo anche le elezioni presidenziali in Francia. Suppongo che il risultato più probabile sia che Macron venga rieletto, quindi sarà molto importante per i governi francese e tedesco trovare un allineamento su alcuni argomenti chiave, cosa che stanno cercando di fare in questi giorni.
Ad esempio, Macron è andato in Germania e ha incontrato il cancelliere Scholz per allineare le loro posizioni su Ucraina e Russia. Ma ancora una volta, questa è un’unione di 27 Stati membri. Tuttavia, non mi aspetto che questi cambiamenti nel governo portino a grandi cambiamenti nella politica nei confronti della Cina. Altri fattori li potrebbero, ma non i cambiamenti nel governo.
Biscop – Apprezzo il suo punto di vista. L’UE è un’unione di 27 Paesi e rappresenta una forma di governance relativamente nuova. Ci auguriamo inoltre che i cambiamenti di governo a livello di Stato membro non influiscano sulle nostre relazioni, né sulle nostre relazioni politiche né sulle nostre relazioni commerciali. Le nostre relazioni dovrebbero rimanere focalizzate sul lungo periodo. Pertanto, dovremmo adottare una strategia più sostenibile e una prospettiva più ampia che si concentri sul lungo termine.
A tale proposito, la domanda successiva per il professor Jin è: pensa che ci sia spazio per la Cina per considerare, modificare o ricalibrare il modo in cui si confronta con i singoli membri dell’UE, in modo tale che ci possa essere un approccio più armonioso e costruttivo? E, per il professor Biscop, fino a che punto vede che questa stabilità dell’indipendenza dalla politica individuale dello Stato o da un fenomeno politico nazionale si manifesta storicamente quando si tratta di posizioni dell’UE in materia di politica estera?
Jin – La Cina rispetta l’UE come unità e rispettiamo anche gli Stati membri individualmente. Abbiamo una stretta collaborazione con l’UE e gli Stati. Attribuiamo grande importanza alla cooperazione bilaterale con l’UE e anche con i singoli Paesi. Quando si tratta di settori specifici di cooperazione con le controparti cinesi, ogni Paese ha le proprie esigenze e la propria domanda di prodotti cinesi. Lo stesso vale per la Cina. La Cina importa automobili dalla Germania e dalla Francia, ma importiamo lana da altri Paesi poiché ogni Paese ha i suoi vantaggi comparativi. Quindi, ovviamente, c’è spazio per migliorare le relazioni della Cina con i diversi Stati europei. Ma l’approccio può essere diverso in base ai diversi tipi di pubblico con cui abbiamo a che fare.
Biscop – Come ho detto, l’UE è un’organizzazione di tipo statale. Personalmente sono un eurofederalista. Mi piacerebbe vedere l’evoluzione dell’UE verso uno Stato federale a tutti gli effetti. Ma all’interno di quello Stato federale, ci sarebbero ancora Stati membri. A mio avviso, avrebbe senso sviluppare sempre più un’unica politica estera comune, un’unica politica di difesa, ma si tratterà di un’evoluzione molto lenta.
Quindi, penso che ci sarà una complessa interazione tra il livello dell’UE e il livello degli Stati membri, soprattutto in diplomazia e difesa. Dove penso che le cose si muoveranno più velocemente è nella sfera economica a causa di interessi convergenti. Ad esempio, come abbiamo accennato alla geopolitica, c’è anche la geoeconomia e, sempre più, le grandi potenze si stanno posizionando l’una verso l’altra in campo economico.
Quindi, controllare chi può fare cosa sul tuo mercato, investire, creare sussidi, ma anche scoraggiare e difendersi da ogni tipo di azione ibrida da coercizione economica, attacchi informatici, corruzione, fake news e così via. Si tratta sempre più spesso di strumenti che dobbiamo utilizzare a livello di UE, e quindi ciò comporterà un trasferimento di autorità alla Commissione Europea. Pertanto, vedo un’area davvero importante in cui mi aspetto una maggiore integrazione a breve e medio termine. In ambito diplomatico e di difesa, temo che continuerà a muoversi lentamente, anche se sarebbe molto nel nostro interesse integrarci nella stessa misura in cui ci siamo integrati nell’area economica.
Grazie. L’ultimo focus della nostra discussione riguarda le sfere non economiche, inclusi gli scambi culturali, la collaborazione tecnologica e la sinergia educativa. Questi sono ambiti in cui sia la Cina che l’UE potrebbero fare di più per aprirsi, per così dire, alle strade attuali. Professor Biscop, e poi Professor Jin, quali sono le vostre opinioni su come la Cina e l’UE potrebbero collaborare al di là del commercio e degli investimenti anche in altri settori?
Biscop – È un buon punto. Non ho una risposta da premio Nobel a questo, ma penso che dobbiamo prendere sul serio la parte “partner” della relazione partner-concorrente-rivale e cercare interessi condivisi e aprire nuovi ambiti per la cooperazione multilaterale, nel senso di coinvolgere altri Paesi e prendere iniziative. Penso decisamente a tutto ciò che riguarda la transizione verde. Ma penserei anche alla connettività. C’è la Belt and Road Initiative e, da parte dell’UE, c’è il Global Gateway. Forse dovremmo dare la priorità ai Paesi target e considerare: quali sono i loro bisogni? In che modo i diversi progetti di connettività delle grandi potenze possono contribuire in modo che non si trasformino in progetti concorrenti? Penso che l’intera sfera della connettività sarà estremamente interessante, e sicuramente anche la sfera del clima ecologico.
Jin – Sono ancora molto ottimista sul CAI e credo che avremo un buon risultato. Di recente ho letto alcuni dati da un quotidiano europeo, che hanno suggerito che i consumatori cinesi hanno acquistato più beni di lusso dai Paesi europei l’anno scorso. Dimostra che anche con il Covid e altri fattori che presumibilmente stanno ostacolando le nostre relazioni bilaterali, i consumatori cinesi amano i vostri prodotti e marchi di alta qualità. Quindi, a parte le aree che il professor Biscop ha appena menzionato – il turismo e anche gli scambi di studenti – quelle aree che sono di massima preoccupazione per la gente comune cinese ed europea, sono aree che dovrebbero essere promosse dalle due parti per promuovere la comprensione reciproca e far progredire la prosperità . Un’altra cosa importante da notare è che la Cina e l’Europa superino il Covid mano nella mano. È fondamentale che le due collaborino al progresso scientifico e tecnologico, poiché i virus non rispettano i confini, quindi le due dovrebbero unire gli sforzi per assicurarsi che le emergenze come la pandemia vengano affrontate in modo efficiente.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog