RobertoMusacchio

Se pure ce ne fosse stato il bisogno, Giorgia Meloni ha chiarito solennemente che se sarà Presidente del Consiglio la politica estera continuerà nel solco di quanto fatto da Draghi e cioè adesione piena al neoatlantismo a partire naturalmente dalle armi all’Ucraina.

Ogni giorno che passa più si dirada la nebbia sulle stranezze di questa crisi.

Come accadde prima della guerra in Yugoslavia, con i niet a Rifondazione che divennero insormontabili, e la nascita del governo D’Alema/Cossiga; e come successe con l’autosufficienza veltroniana con la cinica accettazione della sconfitta pur di liquidare la stessa Rifondazione in vista della prossima austerità, questa crisi appare propedeutica a gestire impegni neoatlantici e guerra, più la probabile nuova austerità derivante dai disastri delle crisi e dalle nuove scelte recessive e penalizzanti di BCE e UE, senza più impaccio alcuno.

Anche questa volta la partita è gestita col cinismo proprio delle situazioni in cui si risponde a ragioni superiori.

Tutte le chiacchiere sul campo largo fondato sulla convergenza strategica tra PD, Cinquestelle e il duo Sinistra Italiana e Verdi, si perdono come lacrime nella pioggia, se citare un grande passaggio di Blade Runner non apparisse blasfemo a fronte di tanta miseria.

Il campo viene spartito, nelle intenzioni per altro già dichiarate alla festa di Fratelli d’Italia nel dialogo tra Meloni e Letta, esattamente tra i due leader accomunati dal neoatlantismo e dalla guerra.

Per restare almeno formalmente competitivo il PD si carica interi pezzi di fuoriusciti di varie provenienze ma tutti congiunti dall’atlantismo e dal liberismo. Vale per Brunetta come per Di Maio, Gelmini e chi altro arriverà. Più, naturalmente, qualche coraggioso che copre a sinistra. L’obiettivo di Letta è che la sua lista arrivi prima. Pur perdendo.

Il veltronismo di Letta è poggiato sulla convinzione che un governo Meloni starà sulla linea atlantica e che contemporaneamente Meloni è l’avversario utile a limitare i danni provocati dalla scelta fondamentale di dover uccidere le contraddizioni e la presenza politica di un terzo polo.

Ne consegue che la battaglia vera, per la pace e la democrazia, è che queste contraddizioni e questo terzo polo non vengano espunte, espulse da un Parlamento per altro tagliato pesantemente.

Evidentemente questa battaglia passa per l’intreccio tra due fattori. La presenza di una Sinistra che ritrova ragioni di unità e incisività politica non autoreferenziali. L’interlocuzione con i Cinquestelle. Questi hanno pagato a caro prezzo il modo opportunistico, contraddittorio e non strutturato con cui hanno cercato di fare vivere il loro populismo anti establishment. Pure ciò che di non allineato al neoatlantismo è rimasto nel loro DNA è stato sufficiente a farli considerare insostenibili e a volerli distruggere.

La trasformazione dei Cinquestelle da populismo trasversale a una forma di populismo popolare, tendenzialmente a sinistra, sarebbe un fatto positivo. Per l’Italia ma anche in Europa. Ci sono poi Sinistra Italiana e Verdi che devono fare i conti con una ipotesi, l’alleanza strategica con PD e Cinquestelle per cambiare il primo, che è fallita.

La posta in gioco è dunque molto alta. Direi esistenziale. Si tratta di mettere in campo una proposta politica ed elettorale efficace contro la guerra e il nuovo bipolarismo atlantico. Per il salario e il reddito. Bisogna essere all’altezza.

di Roberto Musacchio

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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