Questo articolo di Luca Paroldo Boni non segue – per così dire – la “linea redazionale” di questo sito che, come sarà parso evidente alle lettrici ed ai lettori, sostiene Unione Popolare nella chiamata alle urne del 25 settembre prossimo. Nonostante questo, è uno scritto preciso e puntuale sul rapporto tra elemento politico ed elemento tecnico della politica stessa: ci aiuta a capire alcune dinamiche elettorali dettate da una Legge che conserva ampi spettri di incostituzionalità. E tuttavia c’è e bisogna farvi i conti… Buona lettura (m.s.)


A seguito delle dimissioni del Presidente del consiglio Draghi, il Presidente della Repubblica Mattarella ha sciolto le camere. La crisi rientra nell’alveo di una crisi politica di tipo extraparlamentare. I 5 stelle pensavano di avere il tempo di fare qualche giro di giostra all’opposizione per riposizionarsi di fronte alla opinione pubblica. Si è trattato invece di un assist al centro destra che non si è lasciato sfuggire l’occasione.

Dunque si andrà al voto con la legge elettorale a sistema ibrido del Rosatellum.

Dopo la riduzione del numero dei parlamentari, alla Camera ci saranno 147 deputati eletti in altrettanti collegi uninominali maggioritari, 8 eletti all’estero, e 245 eletti con il sistema proporzionale (al Senato, con numeri diversi, il rapporto è lo stesso).

Il voto sarà unico, e strettamente “vincolato” (il voto “disgiunto” annulla la scheda): se si vota una lista, si vota necessariamente anche il candidato uninominale collegato; se si vota solo il candidato uninominale, questi voti “esclusivi” vengono comunque redistribuiti proporzionalmente tra le liste di sostegno.

Traduciamo tutto ciò nell’attualità politica: la destra di fratelli d’Italia insieme ai leghisti e l’appendice berlusconiana, per quanto molti stracci siano volati in questi mesi, difficilmente potrà andare sotto il 40% dei voti. Si illudono tutti quelli che pensano che aver fatto cadere Draghi li penalizzi: la base di consenso della destra italiana, è radicata profondamente nella cultura e nella storia del nostro paese, ed è un qualcosa che sfugge alle vicende elettorali contingenti.

Al momento invece, al “centro” e a sinistra, si sta profilando uno sfrangiamento: centristi di vari, Pd, M5S, sinistra con il Pd, sinistra fuori dal Pd etc, insomma la via più sicura per una disfatta. La questione riguarda tutti ma specialmente i partiti minori, i gruppi dirigenti dei quali devono attentamente considerare, tra l’altro, che in questo modo possono sfuggire alla presa del “voto utile”, che non è un ricatto di qualcuno, ma una logica elementare che guida le scelte degli elettori e che li spinge a non sprecare il proprio voto.

Le “coalizioni” previste dal Rosatellum sono più che altro degli “apparentamenti”, con legami molto deboli, di fatto deformando la volontà dei cittadini. È evidente che l’unica possibilità del centro sinistra, per sperare quanto meno di contenere i danni, è quello di costruire, non una “coalizione politica”, ma un “cartello elettorale”, che possa evitare il “cappotto” della destra nei collegi uninominali: potremmo definirla una sorta di “alleanza costituzionale”.

Ogni lista che supera il 3% ha diritto ai propri seggi, e faccia campagna elettorale per sé, ma questi voti, sommandosi ad altri, possono concorrere ad evitare che i 147 seggi uninominali siano tutti o quasi vinti dalla destra; per distinguersi ci sarà il proporzionale ma nell’uninominale chi rifiuta il candidato unico, sta votando per il regime prossimo venturo, alla Orbán.

Si tratti di Pd, M5S, ex Rifondazioni, residui Verdi, Di Maio, Calenda, Renzi, e addirittura, turandosi il naso, Gelmini-Brunetta, ma se tutto il centro sinistra non si accorda collegio per collegio su un unico candidato, l’alleanza delle destre (anticostituzionali?) supererebbe di certo i due terzi dei seggi, e potrebbe fare strame della Costituzione senza nemmeno dover affrontare i cittadini in un referendum.

Tecnicamente trovare un accordo all’uninominale potrebbe essere semplice: quote di candidature secondo la media dei sondaggi dell’ultimo mese prima della presentazione delle liste. La vera posta in gioco è dunque la nostra Costituzione, nata dalla resistenza antifascista, ora fortemente a rischio, magari con Berlusconi seconda carica dello stato.

E’ una battaglia di civiltà. Non è perciò consentito fare gli schizzinosi. Chi, dunque, avanzerà distinguo o veti, porterà una responsabilità morale enorme e inespiabile.

E’ probabile che i politici del centro sinistra siano troppo presi dai loro ego e dalle loro granitiche linee politiche per avere questa elementare lucidità. Toccherà ai cittadini, all’interno delle loro differenze, agire per spingerli all’unica scelta tattica non suicida: candidati unici nei collegi uninominali. Avremo sicuramente cinque anni da incubo, ma con questa Costituzione ancora vigente, anche il tempo per costruire una sinistra degna del nome, egualitaria, ecologista, illuminista, oggi introvabile in forma organizzata ma più che mai necessaria per un futuro di dignità.

Un’ultima chiosa: bisognerebbe evitare di essere troppo critici con i politici in quanto la società politica è eletta dalla società civile ed in Italia i brogli elettorali fortunatamente non esistono. In realtà mandiamo in parlamento, nelle nostre diversità, uno più o meno come noi.

https://www.lasinistraquotidiana.it/il-centrosinistra-alla-prova-del-rosat

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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