Fabio Falchi

Definire Alexander Dugin ideologo di Putin significa non solo distorcere la verità ma in un certo senso giustificare l’attentato terroristico in cui è morta la figlia Daria.

La doppia morale su Dugin

Non si sa ancora chi siano i responsabili dell’attentato terroristico che ha causato la morte di Daria Dugin, anche se con ogni probabilità il vero obiettivo dei terroristi era suo padre, il filosofo Alexander Dugin (che comunque Daria “affiancava” con determinazione e intelligenza nella battaglia politico-culturale contro il liberalismo), definito dal Circo Mediatico Occidentale l’ideologo di Putin – una fesseria che conferma, se ce ne fosse bisogno, l’infimo livello intellettuale o la malafede di gazzettieri e buffoni accademici al soldo degli oligarchi e dei plutocrati euro-atlantisti.

Difatti, definire il pensatore russo come ideologo di Putin significa non solo distorcere la verità ma in un certo senso giustificare questo infame attentato terroristico (che peggiore ferita ad un padre non poteva infliggere), dato che chi è oppure è soltanto sospettato di stare “dalla parte di Putin” non merita solo la cosiddetta “morte intellettuale”, che è il modo in cui l’Occidente neoliberale punisce chiunque osi criticare il “verbo neoliberale”, ma la morte “reale”, ossia l’estinzione della individualità corporea.

È invece tratto distintivo della cultura europea non solo accettare ma difendere il conflitto delle interpretazioni ossia combattere le idee con le idee e le argomentazioni con le argomentazioni, poco importa se siano detestabili o no, dato che tanto maggiore è l’errore tanto maggiore è l’importanza della sua confutazione, perlomeno per chi ritiene che una argomentazione sia vera se riesce a dimostrare che è falsa o contraddittoria l’argomentazione che la contraddice. In questo senso non c’è nulla che giovi più alla comprensione della verità di un grande errore.

Il tentativo di eliminare fisicamente Dugin pertanto ha una “valenza simbolica” precisa, nella misura in cui equivale a non distinguere tra un nemico intellettuale e un nemico politico, giacché Dugin non ricopre alcun ruolo politico istituzionale in Russia tanto che nel 2014 fu licenziato dall’università statale di Mosca proprio per le sue posizioni contro il regime ultranazionalista di Kiev.

Dugin, del resto, non è nemmeno l’ideologo di Putin, la cui formazione politica è nettamente diversa da quella del pensatore della “quarta teoria politica” che “legge” la storia e il politico con le lenti di una metafisica che definire espressione del cosiddetto “fascismo russo” è non solo riduttivo ma perfino fuorviante, e che ha comunque ben poco a che fare con il pragmatismo e il realismo che contraddistinguono l’approccio al politico di Putin (nonostante il grave errore di valutazione della capacità di resistenza del regime ucraino), sebbene sia lo stesso Dugin a distinguere un Putin lunare da un Putin solare (che ovviamente sarebbe quello più vicino alle posizioni politiche del pensatore russo).

D’altronde, pare lecito affermare che Dugin è più influente in certi ambienti occidentali “anti-liberali” di quanto lo possa essere in Russia, in cui conta parecchi avversari e anche veri e propri nemici.

In ogni caso, se il tempo, come si dice, è “galantuomo” dovranno “pagarla cara” non solo gli esecutori ma anche coloro che si possono considerare i “mandanti ultimi” (che non è difficile immaginare chi siano) di questo orribile assassinio.

Comunque sia, nel giorno più triste e terribile della sua vita si deve riconoscere che Dugin ha perduto Daria non certo a causa delle proprie idee bensì proprio a causa di quelle patologie dell’Occidente che lui stesso ha contribuito ad evidenziare, indipendentemente dal fatto che non si sia convinti (come chi scrive) che la terapia giusta per “salvare la terra dal male occidentale” sia quella della “quarta teoria politica“.

https://www.kulturjam.it/politica-e-attualita/doppia-morale-daria-dugin/

Di Red

„Per ottenere un cambiamento radicale bisogna avere il coraggio d'inventare l'avvenire. Noi dobbiamo osare inventare l'avvenire.“ — Thomas Sankara

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