La scorsa settimana lo stato baltico della Lettonia ha completato la rimozione di un monumento della Seconda Guerra Mondiale alto 79 metri, dedicato alla sconfitta della Germania Nazista. La demolizione del Monumento ai Liberatori della Lettonia Sovietica e di Riga dagli Invasori Fascisti Tedeschi fa parte di una campagna reazionaria in corso nei paesi baltici e nell’Europa orientale, volta a cancellare dalla memoria storica la sconfitta del Fascismo e la massiccia vittoria che ha significato sia per la classe operaia sovietica che internazionale.
Almeno 27 milioni di cittadini sovietici di tutte le nazionalità hanno dato la vita nella lotta contro la Germania Nazista dal 1941 al 1945. La guerra sul fronte orientale è stato il conflitto militare più sanguinoso della storia mondiale. L’invasione Nazista dell’Unione Sovietica fu anche un punto di svolta critico nel genocidio degli ebrei europei condotto dai Nazisti. Pochi mesi dopo l’inizio dell’invasione il 22 giugno 1941, la popolazione ebraica nell’odierna Ucraina e nei paesi baltici venne quasi totalmente spazzata via.
Il monumento della Seconda Guerra Mondiale di epoca sovietica fu eretto dalla burocrazia stalinista, che a sua volta si impegnò in sistematiche falsificazioni della storia della Rivoluzione d’Ottobre e della guerra. Tuttavia, per decenni, molti di questi monumenti hanno avuto un forte impatto sulla classe operaia in tutta l’ex Unione Sovietica. Nonostante la notevole confusione politica e storica, vi è una profonda coscienza popolare dell’enorme significato e dei sacrifici della lotta contro il Fascismo da parte delle masse sovietiche che si sollevarono per difendere le conquiste della Rivoluzione d’Ottobre, nonostante gli immensi crimini dello stalinismo.
Nella città estone di Narva, vicino al confine con la Russia, le autorità hanno rimosso un carro armato T-34 della Seconda Guerra Mondiale che fungeva da monumento dedicato alla vittoria sovietica sul Fascismo. Il carro verrà trasferito al Museo della Guerra Estone a nord della capitale Tallinn. Una fossa comune per le vittime della Germania Fascista a Narva, in gran parte di lingua russa, ora avrà le sue lapidi sovietiche sostituite con lapidi “neutrali”.
Il governo estone ha annunciato per la prima volta la rimozione accelerata il 4 agosto, giustificandola con la guerra in Ucraina e con i presunti tentativi russi di creare “ostilità” all’interno del paese. Un terzo della popolazione estone parla russo. La rimozione di un monumento ai soldati dell’Armata Rossa all’interno di una città prevalentemente di lingua russa è un’ovvia provocazione, intesa a seminare tensioni etniche tra estoni e russofoni e incoraggiare ulteriormente le forze di estrema destra.
Difendendo la rimozione del monumento a Narva dalle critiche, il presidente estone Alar Karis ha intenzionalmente confuso la Germania Nazista genocida con l’Unione Sovietica. I governi dell’Europa orientale utilizzano regolarmente questa narrativa, sfruttando cinicamente i crimini dello stalinismo per minimizzare i crimini del Fascismo, legittimare le forze neofasciste e diffamare il socialismo.
“La diversità storica non scomparirà, ma sarà collocata in modo dignitoso in un luogo in cui non danneggerà molte persone e non causerà il confronto. Tutti possono ricordare coloro che morirono nella Seconda Guerra Mondiale nella pace di un cimitero. E un importante promemoria: l’Estonia non ha partecipato a questa guerra come paese, ma è stata vittima sia del regime comunista che di quello nazista”, ha detto Karis.
Anche la Lituania, uno dei maggiori fornitori di armi del governo ucraino anti-Mosca degli ultimi anni, ha intrapreso una campagna di “de-sovietizzazione” di massa e ha rimosso una serie di monumenti dell’era sovietica dall’inizio della guerra in Ucraina.
A giugno, il Parlamento lituano ha redatto un cosiddetto disegno di legge di “de-sovietizzazione” che accelererebbe sia la rimozione di statue e monumenti, sia l’eliminazione dei nomi di strade e piazze associati all’Unione Sovietica. Secondo la legge qualsiasi decisione finale sulla rimozione verrà presa dal Centro di Ricerca sul Genocidio e la Resistenza della Lituania, nominato dal governo. Come nel caso dell’Estonia, è chiaro che il governo utilizzerà la legge per scavalcare qualsiasi opposizione locale, rafforzare la destra e fomentare l’animosità etnica.
Tutti e tre gli Stati Baltici furono incorporati nell’Unione Sovietica a seguito del patto Hitler-Stalin dell’agosto 1939 [in inglese], uno sforzo fallimentare e politicamente criminale della burocrazia stalinista per prevenire un’invasione della Germania Nazista. Il patto aprì la strada all’inizio della Seconda Guerra Mondiale nel settembre 1939. L’invasione Nazista dell’Unione Sovietica seguì nel giugno 1941, e la Wehrmacht invase rapidamente gran parte di quella che oggi è l’Ucraina e i paesi baltici. Di concerto con le amministrazioni collaborazioniste e con elementi fascisti nostrani, i Nazisti sterminarono la popolazione ebraica locale, e l’Estonia divenne il primo paese in Europa ad essere dichiarato “judenfrei” (“libero dagli ebrei”).
In Lituania, il 95% degli ebrei venne assassinato, il tasso più alto in tutta Europa. Il Fronte Attivista Lituano (LAF) [in inglese] – come l’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini in Ucraina – partecipò pienamente alla pulizia etnica degli ebrei, e diede persino il via all’omicidio di ebrei prima dell’arrivo della Wehrmacht.
Dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica e la restaurazione del capitalismo da parte delle burocrazie staliniste, l’eredità di destra dei regimi borghesi nei paesi baltici del periodo interbellico riprese. Sotto l’egida sia della NATO che dell’UE, i collaborazionisti nazisti baltici della Seconda Guerra Mondiale furono sistematicamente riabilitati, spesso prima e in modo più aggressivo che in altre parti dell’Europa orientale, inclusa l’Ucraina.
In Lituania, una delle prime azioni del Parlamento lituano post-sovietico fu quella di dichiarare Jonas Noreika, un collaborazionista nazista che aveva firmato ordini di deportazione per gli ebrei, un “eroe nazionale”. A partire dal 2006, il governo lituano, già membro della NATO e dell’UE, si è impegnato in una spregevole campagna di destra contro i pochi partigiani ebrei sovietici sopravvissuti, che hanno combattuto contro i collaborazionisti nazisti lituani durante la guerra. Tra gli obiettivi del governo lituano c’era il noto sopravvissuto all’Olocausto e storico Yitzhak Arad, che aveva combattuto con i partigiani sovietici e ora era accusato di essere un “criminale di guerra”.
Dopo il 1991, il governo estone ha concesso la cittadinanza solo ai residenti che vivevano nel paese prima del 1940. Anche la Lettonia ha adottato una legge sulla nazionalità simile, negando la cittadinanza alla sua popolazione di lingua russa. Nel 2019, l’Istituto per l’Apolidia e l’Inclusione ha stimato che c’erano ancora fino a 200.000 “non cittadini” che vivevano in Lettonia ed Estonia, la maggior parte dei quali di etnia russa. La Lettonia e l’Estonia hanno una popolazione totale rispettivamente di 1,9 e 1,3 milioni.
Queste leggi reazionarie anti-russe sono andate di pari passo con la distruzione dei monumenti sovietici. Nel 2007, le autorità estoni hanno demolito provocatoriamente una statua alta due metri conosciuta come il Soldato di Bronzo di Tallinn, dedicata alla vittoria sovietica nella Seconda Guerra Mondiale. La mossa è stata contestata dalle comunità etniche del paese e ha provocato una rivolta con oltre 1.000 arresti e un manifestante russo ucciso.
La promozione di elementi fascisti e l’isteria razzista e anti-russa hanno reso gli Stati Baltici post-sovietici amici stretti della NATO e degli Stati Uniti. Lituania, Estonia e Lettonia sono state tutte accettate nell’alleanza militare nel 2004, un anno dopo che gli Stati Uniti avevano lanciato la loro decennale occupazione dell’Iraq.
Parlando a Vilnius, la capitale lituana, nel 2002, il Presidente degli Stati Uniti George W. Bush dichiarò minacciosamente: “La lunga notte di paura, incertezza e solitudine è finita. Vi state unendo alla famiglia forte e in crescita della NATO. La nostra alleanza ha fatto una solenne promessa di protezione, e chiunque volesse scegliere la Lituania come nemico si è fatto nemico anche gli Stati Uniti d’America. Di fronte all’aggressione, il coraggioso popolo di Lituania, Lettonia ed Estonia non sarà mai più da solo”.
Prima del colpo di Stato orchestrato da Stati Uniti e UE a Kiev nel 2014, quando il presidente ucraino eletto Viktor Janukovych fu rovesciato e sostituito con un governo rabbiosamente anti-russo e filo-NATO, era opinione diffusa che gli Stati Baltici e non l’Ucraina sarebbero serviti come casus belli per la NATO per realizzare i suoi piani di guerra contro la Russia. Ora che la guerra è iniziata, la campagna antisovietica degli Stati Baltici è diventata parte integrante sia della guerra della NATO contro la Russia che della guerra contro la classe operaia in patria.
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Articolo di Jason Melanovski e Clara Weiss pubblicato su World Socialist Web Site il 29 agosto 2022
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per Saker Italia.
[le note in questo formato sono del traduttore]