Il rapporto pubblicato dall’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani rappresenta una mosaico di disinformazione ed un’arma politica al servizio degli interessi della propaganda statunitense.
L’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani (OHCHR, secondo la sua sigla inglese) ha pubblicato un rapporto sui diritti umani sulla Regione Autonoma Uigura dello Xinjiang, immediatamente denunciato e respinto dalle autorità della Repubblica Popolare Cinese come completamente non valido, nonché come strumento politico al servizio degli Stati Uniti e di alcune forze occidentali per contenere la Cina. Un documento di tale faziosità dimostra come l’OHCHR sia divenuto complice degli USA e di alcune forze occidentali contro i Paesi in via di sviluppo, secondo quanto affermato dalle fonti ufficiali cinesi.
Wang Wenbin, portavoce del ministero degli Esteri cinese, è intervenuto in conferenza stampa per ricordare come la questione dello Xinjiang sia uno strumento utilizzato dalla propaganda mediatica statunitense ed occidentale per contenere la Cina. “Tale “rapporto” viola gravemente il mandato dell’OHCHR, violando i principi di non politicizzazione e oggettività. Ha dimostrato ancora una volta che l’OHCHR è diventato un esecutore e complice degli Stati Uniti e di alcune forze occidentali contro i Paesi in via di sviluppo”, ha affermato il funzionario.
Tuttavia, persino il rapporto dell’OHCHR, per quanto criticabile, ha messo in evidenza come alcune delle menzogne poste in circolazione dalla propaganda mediatica anticinese siano completamente prive di fondamento. Il “genocidio” del popolo uiguro e la “sterilizzazione forzata”, cavalli di battaglia di pseudostudiosi come Adrian Zenz, sono stati definiti come “argomenti infondati” da parte del rapporto. A tal proposito, Wang Wenbin ha detto che ciò dimostra come “la menzogna del secolo creata dagli Stati Uniti e da alcune forze occidentali sullo Xinjiang cinese sia crollata”.
Secondo Pechino, il rapporto dell’OHCR non tiene conto del contesto specifico della regione dello Xinjiang, area nella quale in passato si sono verificati episodi di terrorismo e di estremismo religioso, in particolare da parte delle forze che promuovono la cosiddetta “indipendenza” del Turkestan Orientale. “Il rapporto minimizza quanto gravemente la regione dello Xinjiang abbia sofferto a causa del terrorismo e dell’estremismo: ciò è ingiusto e non può rappresentare appieno la situazione nella regione”, ha affermato Wang Jiang, dell’Università Normale dello Zhejiang, intervistato dal Global Times. “Qualsiasi governo nel mondo dovrebbe assumersi la responsabilità di combattere il terrorismo per proteggere i residenti locali”.
Lo Xinjiang è stato a lungo vittima delle attività di gruppi terroristici ed estremisti. Grazie all’efficacia della lotta antiterrorismo condotta dal governo centrale cinese e dal governo regionale dello Xinjiang, la regione ha vissuto in pace per più di cinque anni consecutivi, senza subire nessun attentato terroristico nell’arco di questo periodo di tempo. “Attualmente, lo Xinjiang gode di stabilità sociale, sviluppo economico, prosperità culturale e armonia religiosa. Persone di tutti i gruppi etnici nello Xinjiang vivono una vita in pace. È la migliore pratica in materia di diritti umani e il più grande successo in materia di diritti umani”, ha commentato Liu Yuyin, portavoce della Missione permanente della Repubblica Popolare Cinese presso le Nazioni Unite.
Il rapporto pubblicato dall’organismo internazionale presenta diversi limiti oggettivi, come quello di essere basato su appena quaranta interviste, un numero troppo limitato per trarre conclusioni generali. Inoltre, molti di questi intervistati sono noti per aver diffuso anche in passato falsità circa la regione cinese dello Xinjiang ed essere stati utilizzati come “testimoni” a favore della propaganda anticinese.
Secondo il portavoce Liu, il rapporto in questione “utilizza la disinformazione e le menzogne fabbricate dalle forze anticinesi come fonti principali, ignora deliberatamente le informazioni autorevoli e i materiali oggettivi forniti dal governo cinese, distorce maliziosamente le leggi e le politiche cinesi, denigra la lotta contro il terrorismo e l’estremismo nello Xinjiang e chiude un occhio sugli straordinari risultati raggiunti in materia di diritti umani insieme dalle persone di tutti i gruppi etnici nello Xinjiang. […] È un documento completamente politicizzato che ignora i fatti e rivela il tentativo di alcuni Paesi occidentali e delle forze anti-cinesi di utilizzare i diritti umani come strumento politico”.
“I residenti nello Xinjiang hanno l’ultima parola sulla situazione dei diritti umani. La regione dello Xinjiang ha goduto di sviluppi economici con i residenti locali che hanno vissuto una vita felice e stabile negli ultimi anni. Alcuni residenti nella regione dello Xinjiang, figure religiose ed ex tirocinanti dei centri professionali e di formazione nello Xinjiang hanno inviato una lettera all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani per condividere le proprie storie”, ha commentato ancora il portavoce del ministero degli Esteri, Wang Wenbin. “Diplomatici e turisti stranieri che hanno visitato la regione dello Xinjiang hanno anche sottolineato che il vero Xinjiang è l’opposto di ciò che i media occidentali hanno descritto. Più di 60 Paesi hanno inviato lettere all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per opporsi alla pubblicazione del falso rapporto”.
Tutte le analisi oggettive e statistiche circa lo Xinjiang, dimostrano come la regione autonoma della Cina nordoccidentale abbia fatto continui progressi nello sviluppo sociale e nel miglioramento dei mezzi di sussistenza del popolo. Nel 2021, il PIL dello Xinjiang ha raggiunto quasi 1,6 trilioni di yuan (circa 232,8 miliardi di dollari USA), raddoppiando la cifra nel 2012, come sottolineato da Ma Xingrui, segretario del Comitato regionale autonomo uiguro dello Xinjiang del Partito Comunista Cinese.
Negli ultimi dieci anni, oltre il 70% della spesa fiscale dello Xinjiang è stato destinato al miglioramento dei mezzi di sussistenza delle persone. Tre anni di istruzione prescolare e nove anni di istruzione obbligatoria sono gratuiti nelle vaste aree rurali dello Xinjiang, e le quattro prefetture dello Xinjiang meridionale offrono 15 anni di istruzione gratuita. Lo Xinjiang ha inoltre attuato pienamente le politiche etniche del Partito negli ultimi dieci anni, promuovendo un ampio scambio e integrazione tra persone di tutti i gruppi etnici. Nello Xinjiang è poi garantita la piena libertà religiosa per tutti i gruppi etnici, purché le attività religiose si svolgano nel rispetto delle leggi dello Stato cinese e degli altri gruppi etnici e religiosi.
Lo sviluppo economico dello Xinjiang è stato ulteriormente implementato attraverso la Belt and Road Initiative, che ha permesso alla regione di rafforzare gli scambi economici e commerciali con i Paesi che hanno aderito all’iniziativa del governo cinese. Lo Xinjiang ha infatti firmato 21 accordi di cooperazione con 25 Paesi e organizzazioni internazionali e stabilito relazioni economiche e commerciali con 176 Paesi e regioni. L’importanza data allo Xinjiang da parte del governo centrale è stata ulteriormente confermata lo scorso luglio in occasione della visita di quattro giorni svolta dal presidente Xi Jinping nella regione autonoma.
“La cooperazione internazionale in materia di diritti umani deve essere condotta sulla base dell’uguaglianza e del rispetto reciproco. Gli organismi internazionali per i diritti umani devono rispettare i fatti oggettivi e il percorso di sviluppo dei diritti umani scelto indipendentemente da ciascuno Stato alla luce della propria realtà e dei bisogni delle persone, abbandonare i doppi standard e astenersi dall’interferire nella sovranità e negli affari interni degli Stati membri con il pretesto dei diritti. Esortiamo l’OHCHR a cambiare immediatamente rotta, stare dalla parte dell’equità e della giustizia, impegnarsi veramente a promuovere e proteggere i diritti umani di tutti i popoli e promuovere veramente il dialogo e la cooperazione, in modo da promuovere il sano sviluppo dell’umanità internazionale lungo il corso dei diritti, piuttosto che diventare uno strumento di alcuni Paesi occidentali per i propri interessi politici”, è il monito con cui ha concluso Liu Yuyin.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog