Fabrizio Casari 

La decisione dell’Unione Europea di porre un tetto al costo del gas e del petrolio ha già avuto una prima risposta dalla Russia, che ha bruciato milioni e milioni di metri cubi di gas metano, indicando come preferisca bruciarlo piuttosto che venderlo alle condizioni di Bruxelles. Del resto la decisione di provare ad imporre a tutta la UE, allargandola ai paesi del G7, l’instaurazione di un price cap, non ha nulla a che vedere col mercato mondiale degli idrocarburi: si tratta di una decisione politica destinata solo a ridurre le entrate di Mosca, niente altro.

La von der Leyen, ormai un ventriloquo di Zelensky – che non controlla tutta l’Ucraina ma dirige l’intera Unione Europea – ha anche annunciato misure per il blocco dei visti contro i cittadini russi. Cosa c’entri il singolo cittadino russo con la guerra non è chiaro, ma sin dall’inizio di questa isteria russofoba si è capito che la rappresaglia di sapore nazista ha sempre un certo effetto di nostalgia canaglia su tedeschi e italiani.

La UE accusa la Russia per le restrizioni nell’offerta di gas all’Europa ma si guarda dal dire che questa è la risposta alle sanzioni europee. Il divieto di esportare in Russia componenti tecnologiche, necessarie alla manutenzione dei gasdotti e degli impianti di estrazione del gas, mina infatti la capacità produttiva russa, riducendo, di conseguenza, i ricavi derivanti dalla vendita del gas. Dunque Mosca reagisce. Pensavano di poter colpire la Russia in ogni modo e che questa si sarebbe messa in ginocchio a chiedere perdono? Le lezioni della storia del ‘900 non hanno insegnato niente all’Europa?

Ma  qualcosa, anche qui, non torna: dal 24 febbraio, la UE si è detta indirizzarsi verso la fine dei rapporti commerciali con la Russia, primo fra tutti il gas da cui è dipendente. Dunque se Mosca con le sue decisioni favorisce questo scenario, perché la collera europea? O si crede che si possono applicare sanzioni e dichiarare guerra (nei fatti, formalmente la si teme) e il nemico debba acconsentire fornendo le risposte che i sanzionatori vogliono, comprensive di modi, luoghi e tempi come desiderati da Bruxelles? Qui siamo alla neurodeliri e non alla Commissione Europea.

Per quanta arroganza impotente si voglia mettere in campo, c’è un limite anche all’assenza di logica e di buon senso. Se cominci una guerra commerciale aspettati identica guerra commerciale, nessuno si ferma e scopre il petto per farsi colpire più facilmente. La verità è che ogni mossa dovrebbe prevedere una contromossa ed ulteriori successive, ma l’odio ideologico che pervade Bruxelles acceca anche le già ridottissime lungimiranze dei suoi commissari. Al momento chi è nell’emergenza energetica e che si troverà ad affrontare una emergenza ancor maggiore di tipo economico e sociale è la UE e non la Russia. Su questo, però, la UE tace, come tace su un altro grande risultato ottenuto dagli Stati Uniti con la guerra in Ucraina: l’Euro adesso vale meno del Dollaro.

Di per sé la decisione di imporre un prezzo politico di una merce strategica rompe con il tabù ultraliberista che recita i mercati si autoregolano. Che il mercato si autoregoli è storicamente una panzana. A maggior ragione da quando il turbo-liberismo, corrente maggioritaria di un capitalismo senza capitali, ha deciso di assegnare la crescita di valore alla speculazione finanziaria.

Sul piano degli equilibri generali dei mercati, i governanti europei non hanno nemmeno considerato la reazione dell’Opec per una decisione che influenzerebbe inevitabilmente il mercato petrolifero, data l’enorme quantitativo che la Russia apporta al mercato globale: per sostenere il prezzo del greggio potrebbe decidere di tagliare la produzione e si innescherebbe così un’altra spirale pericolosa di crisi energetica.

Meno che mai si capisce perché India o Cina o Sudafrica o Brasile o Messico dovrebbero accettare i capricci europei. New Dheli, che vive una crescita poderosa, ha bisogno degli idrocarburi russi che acquista in grandi quantità e a prezzi convenienti con yen e rubli. Quali interesse avrebbe nel rompere il legame con Mosca? Far contenta la signora Von der Leyen? E si chiede: se la decisione è politica, come mai non imponiamo un prezzo politico al petrolio saudita che da anni massacra lo Yemen?

Se la Ue riuscirà o no a decidere lo sapremo la prossima settimana, ma difficilmente si concretizzerà vista la mancanza di unanimità interna. Alla fine la UE comprerà il gas al prezzo e con la valuta con i quali glielo venderanno, dato che quando ciò che si vende è un bene primario che serve a tutto il mondo, il prezzo lo fa chi vende e non chi compra.

Gli USA guadagnano, l’Europa perde

La strategia USA poggia sulla totale acquiescenza dei governi europei. All’apoteosi della dipendenza, l’ex impero delle colonie oggi divenuto colonia esso stesso, compra lo shale gas americano ad un prezzo 55 volte superiore a quello che valeva prima che il gas russo fosse sanzionato (ma guarda un po’). Peraltro in quantità insufficiente, dato che la produzione USA è indirizzata principalmente all’Asia. E forse una buona dose di risposte al perdurare di questa guerra stanno proprio qui. Gli USA sono il principale esportatore del mondo di gas liquido. Con le sanzioni si dà la contrazione degli scambi tra Russia ed Europa. La riduzione dei volumi, in assenza di eguale riduzione del fabbisogno, genera una maggiore domanda che porta all’aumento del prezzo. Gli Stati Uniti guadagnano cifre impossibili senza guerra e sanzioni al gas russo.

Agli stati europei, che subiscono il comando USA, le impennate speculative delle corporation e degli speculatori che lavorano alle bolle di tipo rialzista sullo scambio delle commodities, non resta altro che scaricare il peso delle stesse a valle, ovvero sui consumatori.

La guerra serve però alla narrazione bugiarda sui costi del gas: i flussi dalla Russia verso l’Europa sono continuati anche attraverso l’Ucraina e la loro riduzione è stata decisione di Mosca in risposta alle sanzioni della UE. Le sanzioni favoriscono fortemente le speculazioni delle corporations internazionali estrattiviste. La guerra segue e non precede, aumenta ma non determina l’aumento vertiginoso del costo del gas e del petrolio. Che è sorto durante la pandemia, quando le grandi corporation hanno visto una straordinaria occasione per ottenere extra-profitti.

E che fosse solo speculazione e non risentisse delle difficoltà logistiche, lo dimostra il fatto che i costi della produzione energetica non hanno subito riduzioni nemmeno in presenza della ripresa post pandemia. La richiesta di idrocarburi, inoltre, resta al di sotto di quella precedente al Covid per via della scomparsa di decine di migliaia di aziende e di milioni di persone. Dunque se a minor domanda c’è aumento dei prezzi, significa che di pura speculazione si tratta. Per dire: nel 2008 il petrolio costava 145 dollari al barile e la benzina 1,3 euro al litro. Oggi costa 110 dollari al barile, 35 in meno, ma la benzina costa 2,3.

Non a caso non si tenta nemmeno l’avvio di una soluzione politico-diplomatica, anzi si alza costantemente il livello del conflitto con la Russia, perché il prolungarsi della guerra consente il proseguimento dell’ipoteca politica e speculativa sugli idrocarburi. Riducendo la circolazione del gas russo aumenta di molto il valore dello shale gas statunitense. E non è un caso che l’inizio della loro esportazione massiccia di gas, di alcuni anni addietro, coincide con l’inizio delle sanzioni a Russia e Germania per l’accordo sulla costruzione del North Stream 2. Esso infatti avrebbe sostenuto a prezzi ragionevoli la domanda di gas europea ed avrebbe reso la Russia il principale partner strategico, non solo commerciale, di Bruxelles, relegando Washington ad una posizione dominante ridotta.

La guerra non finisce per diversi motivi, tra questi perché la cessazione delle ostilità, oltre a riportare l’offerta di combustibile a livelli soddisfacenti, abbassandone così il prezzo, ridarebbe centralità commerciale alla Russia, concorrente implacabile del gas USA. La guerra durerà sia per tentare di colpire la Russia e la Cina, sia per ampliare oltre ogni limite i profitti che su una situazione di crisi di approvvigionamento vengono abilmente stimolati.

Altro che libertà dell’Ucraina dal governo vorace, altro che aggressore e aggredito. Se finisse la guerra finirebbe – o almeno si ridurrebbe – la speculazione che conviene alle grandi compagnie energetiche e ai fondi speculativi e ciò porterebbe allo scoperto le complicità dei governi che, uno per uno, da esse sono comprati e per i loro interessi agiscono

https://www.altrenotizie.org/primo-piano/9740-ue-a-tutto-gas-verso-il-burrone.html

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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