La bozza di regolamento presentata ieri dalla Commissione europea per far fronte alla crisi energetica non prevede più il tanto discusso “price cap” sul gas e sul petrolio russo: i chiari avvertimenti del Cremlino sull’interruzione completa delle forniture in caso di tetto al prezzo degli idrocarburi hanno presumibilmente indotto la Commissione a rinunciare, anche solo temporaneamente, alla misura, considerate le enormi ripercussioni economiche e di approvvigionamento che la decisione avrebbe comportato. Detto ciò, il peso delle misure per far fronte ai rincari e alle eventuali carenze di scorte sono state riversate direttamente sugli utenti: il principale provvedimento adottato dal piano europeo, infatti, prevede una riduzione obbligatoria del consumo di energia elettrica del 5% durante le ore di punta. Si tratta, dunque, di contenere l’aumento dei prezzi diminuendo artificialmente la domanda. Insieme alla riduzione dei consumi, sono previste altre due disposizioni: un tetto al prezzo dell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili e dal nucleare e un “contributo di solidarietà” del 33% da parte delle aziende energetiche. Queste tre misure insieme dovrebbero garantire agli Stati membri circa 140 miliardi di euro di entrate aggiuntive da destinare agli aiuti per famiglie e imprese.
«I prossimi inverni, non solo il prossimo, saranno difficili. Ma sono fiducioso che con questi provvedimenti riusciremo a fare progressi, come siamo riusciti a fare negli ultimi mesi» ha asserito il vicepresidente della Commissione Frans Timmermans che ha presentato il piano. Il primo punto della bozza di regolamento, oltre al minore consumo nelle fasce orarie di punta – pari al 10% delle ore totali – prevede anche una riduzione complessiva della domanda di energia di almeno il 10% fino al 31 marzo 2023. Secondo Bruxelles, il taglio della domanda nelle fasce di picco permetterà un risparmio di gas pari a 1,2 miliardi di metri cubi.
La seconda misura riguarda l’imposizione di un massimale temporaneo sui ricavi delle aziende energetiche “inframarginali”, ossia che generano energia con tecnologie meno costose e alimentano la rete a un prezzo inferiore rispetto a quello dei produttori “marginali”. L’intenzione, dunque, è quella di fissare il massimale sui ricavi inframarginali a 180 euro al megawattora. I proventi che eccedono questa cifra saranno prelevati dai governi e utilizzati per ridurre le bollette dei consumatori, hanno spiegato a Bruxelles. È in questo contesto che si parla di “solidarietà”, in quanto «I produttori inframarginali hanno avuto ricavi eccezionali, con costi operativi relativamente stabili, nel momento in cui le costose centrali a gas hanno fatto salire il prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica», ha specificato la Commissione.
Per quanto concerne la terza misura, questa prevede un contributo temporaneo di solidarietà pari almeno al 33% sugli utili in eccesso generati dalle attività nei settori del petrolio, del gas, del carbone e della raffinazione, che funziona in modo diverso però rispetto al massimale sui ricavi inframarginali: il contributo, infatti, «verrà prelevato dagli Stati membri sulla parte degli utili del 2022 che eccede un incremento del 20% sugli utili medi dei tre anni precedenti» ha dichiarato la Commissione. Allo stesso tempo, gli Stati che hanno già applicato una tassa sugli extraprofitti sono liberi di applicare un’aliquota più elevata. La tassazione sugli extraprofitti però appare di difficile attuazione, visto che la Polonia ha già annunciato la propria contrarietà per bocca del ministro dell’Energia Anna Moskwa.
La bozza di regolamento è stata approvata dai commissari sulla base dell’art. 122 del Trattato di Funzionamento dell’Ue e arriva con grave ritardo, considerato che famiglie e imprese hanno già dovuto pagare di tasca loro le conseguenze di politiche che si sono rivelate sbagliate e lesive degli interessi dei cittadini europei. Non si fa accenno, inoltre, nella proposta di regolamento, all’intenzione di disciplinare maggiormente l’indice della borsa di Amsterdam, il Ttf, nonostante sia una delle principali cause dell’aumento delle spese energetiche. Al riguardo, non appena gli speculatori hanno appreso che il tetto al prezzo del gas non sarebbe stato applicato, le quotazioni sul gas al Ttf sono salite al 9,7%, pari a 217,88 euro al megawattora, dopo la parziale discesa dei giorni scorsi.
Qui termina la notizia, ma si lasci spazio una volta tanto anche ad una interpretazione e ad uno spunto di riflessione. Non si può non notare come il paradigma emergenziale sia diventato ormai una vera e propria costante dell’organizzazione politica europea, delineando quello che durante i il periodo pandemico il filosofo Giorgio Agamben ha definito “stato di eccezione”. Secondo l’importante accademico italiano l’obiettivo di quest’ultimo non è quello di rientrare quanto prima alla “normalità”, quanto piuttosto «di infrangere la regola e imporre un nuovo ordine». In questa ottica, nelle misure sui controlli dei consumi energetici individuali progettato dalla UE, emerge un allarmante parallelismo tra emergenza sanitaria ed emergenza energetica. Specie nella misura in cui entrambe poggiano su un fattore comune: l’implicita volontà di abituare i cittadini ad accettare restrizioni e limitazioni, addestrandoli alla cieca obbedienza e al sacrificio, con un’esposizione costante all’instabilità economica, psicologica e sociale, tipica dei sistemi in cui vige il liberismo economico. In questa cornice teorica, dunque, il nuovo paradigma potrebbe servire a consolidare il nuovo tipo di cittadino docile e controllabile, acritico e manipolabile, animato però dall’incrollabile “fede” nell’Occidente e nella “sua” democrazia. Il tutto, sullo sfondo dell’eterna e feroce lotta contro la minaccia russa e le autocrazie che vorrebbero minare il sistema liberale sempre più orwelliano del cosiddetto mondo libero. Tanto basta per mettere in atto limitazioni energetiche e sopportare aumenti esponenziali di bollette, piuttosto che scongiurare una crisi che avrebbe potuto e dovuto essere evitata in tempo, con scelte calibrate sulla base degli interessi nazionali e del comune desiderio di pace e non solo di alleanze geopolitiche peraltro imposte e indiscutibili, che stridono, dunque, con gli stessi principi democratici.
[di Giorgia Audiello]