di Alessandro Belardinelli* – Cumpanis
In Whirlpool, tutti i 5.000 dipendenti italiani sono da più di cinque mesi sospesi in un’attesa destabilizzante che scadrà nel mese di ottobre con la comunicazione dell’azienda sull’esito della “revisione strategica”, la quale riguarderà tutto il Gruppo in Europa (17.400 dipendenti diretti) e che potrà sfociare in una vendita con pesanti ricadute sui siti produttivi e sul personale.
Questa scelta è la conseguenza di un mutato scenario economico in UE e di una gestione mediocre del management che, dopo l’acquisizione della Indesit, non ha saputo adattare i prodotti ai mercati maturi europei, mancando nell’innovazione e investendo, in primis, sugli incentivi all’esodo per diminuire il più possibile gli organici e, nel contempo, percepire gli aiuti dallo Stato sotto forma di sgravi e ammortizzatori sociali.
La Whirlpool è proprietà di un fondo d’investimento americano che punta ai margini operativi e ai dividendi per gli azionisti, trascurando, come da manuale, la sfera industriale che, nelle logiche finanziarie, diventa un’attività di facciata. Gli stessi operai dubitano dell’affidabilità dei prodotti che assemblano, vista la corsa al ribasso sulla componentistica e la velocità nei ritmi di montaggio che non permette sempre di completare la fase di lavoro assegnata.
Era chiaro a tutti, da prima della pandemia, che dopo la chiusura della fabbrica di lavatrici a Napoli, sarebbero seguite altre chiusure in Italia, alla luce della cassa integrazione senza soluzione di continuità e di un ricambio generazionale mai avvenuto.
Le OO.SS. e le RSU hanno sempre fatto scioperi e pressioni ma senza riuscire a far cambiare rotta alla multinazionale, e oggi hanno proclamato lo stato di agitazione permanente vista l’assenza di ogni trattativa e confronto ad ogni livello; c’è stata anche una convocazione da parte del MISE il 28 settembre scorso ma la multinazionale ha disertato l’incontro, limitandosi ad inviare un breve comunicato in cui si rende disponibile solo dopo il 21 ottobre, mancando di rispetto alle istituzioni e a tutto il sindacato.
L’atteggiamento spregiudicato e predatorio di Whirlpool, ormai, va avanti da tempo e adesso ci sarà l’accelerazione dovuta alla guerra in Ucraina e alle previsioni di possibile recessione in UE. Nelle logiche del Dio mercato, nessuna istituzione è utile alla Whirlpool, ma siccome stiamo parlando di un settore strategico per l’Italia, secondo per occupazione dopo l’automotive, è necessario che il Governo utilizzi tutti i poteri speciali (Golden Power) per fermare questa multinazionale nelle chiusure e nelle delocalizzazioni, prima che le decisioni vengano comunicate agli azionisti d’oltreoceano e non siano più modificabili.
Noi operai, intanto faremo sentire la nostra voce e, insieme agli scioperi, creeremo problemi di ordine pubblico in tutti i luoghi dove insistono le produzioni se non sarà garantita la continuità lavorativa.
L’assenza di politiche industriali degli ultimi decenni ha prodotto buchi normativi dove s’infilano le grandi aziende straniere per depauperare la manifattura e il Made in Italy, azzerando la più grande concorrenza apprezzata in tutto il mondo.
Auspico che le lotte operaie vadano avanti in crescendo, ma la deindustrializzazione degli ultimi vent’anni ha ridotto drasticamente la classe operaia, anche per depotenziarla e ridurla a piccole “riserve indiane”, innocue per il potere precostituito dal capitale.
Non ci si può rassegnare a tutto questo perché sarebbe un declino socio-economico e culturale che, inesorabilmente, si estenderà a tutta la nostra società impoverendola irreversibilmente.
*operaio RSU Fiom-CGIL Stabilimento di Melano (Fabriano)