Il segretario dem avvia l’inizio della discussione sul congresso, fa dietrofront sul cambio di nome e simbolo e assicura: “In Parlamento garantirò io l’opposizione a Meloni”
Alfonso Raimo
ROMA – Contrordine compagni: il Pd non cambia simbolo e neppure nome. Abiura i governi di salvezza nazionale. Critica l’agenda Draghi. Enrico Letta avvia il congresso e promette un nuovo segretario entro marzo. Nel frattempo, sarà lui a fare opposizione intransigente a Giorgia Meloni. La direzione dem del ‘processo al Nazareno’ dopo la sconfitta del 25 settembre, si tiene in un clima di sospetto diffuso.
Il segretario apre al congresso, ma gli ex renziani temono che la dilazione dei tempi nasconda la sorpresa di un congresso soffocato dalla dinamica parlamentare, una discussione assorbita dalle incombenze del momento. In sintesi un fuoco di sbarramento mascherato da confronto. Il segretario concede a Bonaccini e compagni di non toccare le regole congressuali, cosa che avrebbe allungato oltremodo i tempi. E di non modificare simbolo e nome, contrariamente a quanto aveva annunciato in precedenza. “Amo questo simbolo, racconta un servizio al Paese“, dice ora Letta.
IL CAMBIO DI PARADIGMA SU DRAGHI
Ma intanto mette in campo una linea che è radicalmente diversa da quella proclamata in campagna elettorale. A cominciare dal rapporto con Draghi. La caduta del governo “ci ha intrappolati dentro una campagna elettorale in cui prevaleva il Draghi sì/Draghi no – spiega Letta in direzione – È stato uno dei punti centrali e ha finito per mettere in secondo piano un progetto che stavamo costruendo. E di questo mi assumo tutta la responsabilità. Siamo andati alle elezioni con un profilo non compiuto“.
IL PD E LA GUERRA IN UCRAINA
Anche sull’Ucraina, Letta rivendica di aver fatto le scelte giuste, ma dice che la guerra ha cambiato lo scenario e anche questo ha penalizzato il Pd. “Il cambio di scenario dovuto alla guerra, per le responsabilità di governo che ci siamo assunti, ci ha messo in una condizione nella quale la nostra capacità espansiva si è interrotta e siamo andati in difficolta’”, sono le parole del segretario alla direzione dem.
LETTA: “L’EUROPA NON È STATA ALL’ALTEZZA”
Letta aggiunge: “Non rinnego le posizioni che abbiamo assunto. Siamo stati dalla parte giusta della storia, salvo che la condizione politica, sociale ed economica del Paese si è deteriorata velocemente. E purtroppo l’Europa non è stata all’altezza. Quando si diffondono le paure, normalmente è la destra che vince. E questo quello che abbiamo visto”.
L’IMPEGNO DEL PD PER LA PACE
La priorità non è più la difesa di Kiev ma la pace. Putin non entra nella relazione del segretario. “Dobbiamo spingere l’Europa verso un impegno per la pace. Non vuol dire tacere sulle responsabilità che sono tutte da una parte. Dalla parte di chi ha invaso l’Ucraina. Ma il nostro primo impegno deve essere perché si aprano trattative verso una pace vera. Che è l’aspirazione massima degli europei e del nostro popolo”, sottolinea Letta.
LETTA CONFERMA L’ADDIO AL PD
Ci sono la guerra e il draghismo, dunque, dietro la sconfitta del Pd. Letta apre al rinnovo della classe dirigente (“io non ci sarò dopo il congresso, serve una nuova generazione“, dice) ma non apre a una riflessione vera sui motivi della sconfitta. E non dice in che modo intende favorire il ricambio dei gruppi dirigenti. Il timore di molti è che il potere resti nelle mani dei capicorrente, magari nascosti dietro giovani di belle speranze.
LA QUESTIONE FEMMINILE
Il modo in cui Letta affronta la questione femminile suscita diffidenza. Il segretario ripropone che le capigruppo parlamentari siano donne. “Indietro non si torna”, dice per contrastare Giorgia Meloni, prima presidente del Consiglio donna. Ma è fin troppo chiaro che le donne ‘lottizzate’ è indifferente che siano donne: sono rappresentanti delle correnti. Glielo fa capire persino Luigi Zanda: “Non sarà la direzione a decidere sulle capigruppo parlamentari, ma i gruppi stessi”. Il caso della presidente, Valentina Cuppi, non eletta perché candidata in posizione ineleggibile, è lampante. Quando non sei in una corrente, sei meno donna.
LA LOTTA ALLE CORRENTI
Il dibattito è condizionato dal tatticismo. La presidente della conferenza delle donne, Cecilia D’Elia, vede “un copione correntizio già visto. Ma siamo tutti coinvolti”. Brando Benifei, capogruppo a Bruxelles, è il più esplicito: “Questa classe dirigente è screditata di fronte agli italiani. Ora basta”. Alessia Morani parla di una “catastrofica campagna elettorale”.
Negli interventi c’è poco Paese reale. Letta difende il programma elettorale. Nella sua valutazione il governo del centrodestra andrà presto in crisi, la luna di miele tra Meloni e il Paese è già incrinata. Al Pd servirà presto un anti-Meloni. “Garantirò io l’opposizione e l’alternativa“, promette Letta