Dopo aver ignorato a lungo le indagini svolte dalle autorità russe, persino dagli Stati Uniti sono arrivate importanti conferme sul coinvolgimento di Kiev nell’attentato che ha causato la morte di Dar’ja Dugina.
Dall’inizio dell’operazione militare speciale russa in Ucraina, riportare la versione russa dei fatti e respingere la propaganda occidentale è divenuto motivo per essere additati come complottisti da pincopallini qualsiasi. Il bipensiero di costoro andrà probabilmente in tilt al sapere che alcune delle tesi cosiddette “complottiste” che respingono aprioristicamente hanno trovato e troveranno con il tempo conferme irrefutabili.
Era il 20 agosto quando la vita della giornalista russa Dar’ja Dugina veniva stroncata da un attentato terroristico verosimilmente indirizzato a suo padre, il filosofo Aleksandr Dugin. Mentre i sedicenti giornalisti italiani e occidentali facevano a gara a inventare trame interne alla Russia, secondo le quali Dugina sarebbe rimasta vittima di una faida interna, le autorità russe mettevano immediatamente in evidenza il possibile coinvolgimento dell’Ucraina nell’attentato. Dal canto nostro, noi ci siamo limitati a riportare le informazioni rilasciate dalle fonti ufficiali russe, subendo ancora una volta le reazioni scomposte dei russofobi nostrani.
Fino a pochi giorni fa, la maggioranza dei media occidentali avrebbe continuato a respingere la tesi del coinvolgimento ucraino. Del resto, costoro sono gli stessi hanno persino proposto Volodymyr Zelens’kyj, il burattino degli imperialisti nordamericani e dei neonazisti ucraini, come prossimo vincitore del premio Nobel per la Pace. Tale narrativa è stata interrotta nientemeno che da uno dei principali quotidiani statunitensi, il New York Times, che ha riportato la testimonianza di fonti attendibili interne agli USA secondo le quali Kiev avrebbe avuto un ruolo importante nell’attentato che ha ucciso Dugina.
“Se le conclusioni delle informazioni statunitensi, pubblicate dal New York Times, secondo cui Kiev ha contribuito all’omicidio della giornalista russa Darya Dugina si rivelassero vere, questo sarebbe un segnale molto positivo”, ha commentato Dmitrij Peskov, portavoce del Cremlino. “Si spera che questo non sia uno stratagemma degli Stati Uniti per assolversi dalla responsabilità per i potenziali crimini futuri di Kiev”, ha aggiunto.
Peskov ha proseguito spiegando che le conclusioni alle quali sono giunte gli statunitensi confermerebbero quanto affermato sin dall’inizio dai servizi dell’intelligence russa: “Il coinvolgimento dello Stato ucraino in questo attacco terroristico, in questo omicidio di una giovane donna, è stato provato e dimostrato dai nostri servizi di sicurezza. Tutte le misure per scoprire i colpevoli sono state adottate piuttosto rapidamente, e l’identità dei mandanti era piuttosto ovvia“.
Marija Zacharova, portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, ha sottolineato che il fatto che ora anche gli Stati Uniti considerino l’Ucraina come responsabile della morte di Dugina non cancella le responsabilità di Washington e degli altri Paesi occidentali nei crimini commessi dal governo di Kiev: “Tutto questo avviene mentre proseguono la consegna di tutti i tipi di armi a Kiev e gli sforzi per sponsorizzare queste attività estremiste che vengono svolte sotto il marchio del regime di Kiev, ma che sono in realtà guidate e finanziate dall’Occidente collettivo e dalla NATO, i quali sono direttamente coinvolti nel processo con tutte le loro capacità. È Washington che gestisce lo spettacolo“, ha sottolineato Zacharova.
Ricordiamo che, sin dallo scorso 29 agosto, il Servizio di sicurezza federale russo ha pubblicato dei dettagli sull’attentato che è costato la vita alla giornalista: “È stato accertato che l’omicidio di Dugina è stato ideato da un membro di un gruppo di sabotaggio e terrorista ucraino, che ha collaborato con Natal’ja Vovk a Mosca. Si tratta del cittadino ucraino Bogdan Petrovič Cyganenko, classe 1978, arrivato in Russia in transito attraverso l’Estonia il 30 luglio 2022, e che ha lasciato il territorio russo il giorno prima dell’esplosione dell’auto di Dugina“.
Secondo i servizi russi, Cyganenko avrebbe fornito a Vovk targhe e documenti falsi per un’auto a nome di una cittadina del Kazakistan, Julija Zaiko. Inoltre, insieme a Vovk, avrebbe assemblato un ordigno esplosivo improvvisato in un garage in affitto nel sud-ovest di Mosca: “Uno studio delle telecamere di videosorveglianza ha rivelato che l’autore del crimine, la cittadina ucraina Natal’ja Vovk, ha monitorato personalmente Dugina nel parcheggio per gli ospiti del festival della tradizione“. Dopo che Dugina ha lasciato l’evento, Vovk l’avrebbe seguita su una Mini Cooper, facendo poi esplodere l’ordigno.
Il segretario del Consiglio di sicurezza russo, Nikolaj Patrušev, aveva commentato che “la morte di Dar’ja Dugina mostra che il regime della malavita a Kiev, dopo molti anni di terrore contro milioni di persone in Ucraina e nel Donbass, sta ora cercando di oltrepassare i confini ucraini“. “La reazione gongolante di altri funzionari ucraini e dei loro protettori occidentali per questo vile omicidio ha confermato ancora una volta la vera natura delle autorità di Kiev, che non nascondono la loro soddisfazione per il fatto che questo crimine sia stato commesso“, aveva affermato, poco dopo l’attentatato, Patrušev.
Le informazioni che giungono dagli Stati Uniti, dunque, non fanno altro che confermare quanto affermato dalle autorità russe sin dall’inizio, e rendono inconfutabile la tesi del coinvolgimento ucraino nell’attentato che ha causato la morte di Dar’ja Dugina, indipendentemente dal fatto che l’obiettivo fosse realmente lei o suo padre. Resta da capire se queste rivelazioni siano state rese pubbliche con l’obiettivo di iniziare un disimpegno negli Stati Uniti nei confronti dell’Ucraina, o se la politica dell’amministrazione di Joe Biden nei confronti di Kiev resterà la stessa.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog