Con l’elezione di Ignazio Benito Maria La Russa alla presidenza del Senato e quella odierna del leghista Lorenzo Fontana per la Camera, si è portata a termine l’occupazione da parte della destra italiana della seconda e terza carica dello Stato.

Un’operazione subita dalla stessa Forza Italia, il partito di un imbufalito Berlusconi, che sulla carta doveva essere la forza moderata in grado di arginare una coalizione con decisa trazione sovranista e che invece si è trovata messa fuori gioco dai 17 voti arrivati dai banchi delle opposizioni (in molti hanno puntato il dito verso il terzo polo di Renzi e Calenda, ma loro negano e lo scrutinio segreto rende impossibile appurare la verità).

La stessa elezione di Lorenzo Fontana alla presidenza della Camera ha visto stamattina mancare all’appello 15 voti del centro-destra, con molta probabilità provenienti dai banchi di Forza Italia ma anche questa volta irrilevanti ai fini della sua elezione, dal momento che nel ramo basso del parlamento il tandem sovranista FDI-Lega gode di un’ampia maggioranza anche senza l’aiuto dei forzisti.

Quello che è arrivato tra ieri e oggi è il segnale forte, fortissimo proveniente dalla meloni e rivolto alla componente liberale della coalizione di governo: qui comandiamo noi, e se da Forza Italia qualcuno si immaginava di condizionarci, sappia che abbiamo buoni amici pronti a venire in soccorso anche dai banchi delle opposizioni.

Un dato di fatto che però non fa passare in secondo piano l’altro dato politico che emerge dai due discorsi di insediamento rispettivamente della seconda e terza carica dello Stato, con La Russa che invocava ieri il giorno della proclamazione del Regno d’Italia come festa nazionale, mentre il leghista Fontana risponde oggi sottolineando il ruolo determinante delle autonomie locali.

Le due anime della destra italiana si lanciano quindi segnali di sfida, una sfida alla quale assistono frastornate e senza un briciolo di pianificazione tattica tutte le forze di opposizione. Una sfida che potrebbe riguardare non solo il futuro assetto costituzionale del nostro Paese, ma anche il ruolo svolto dall’Italia sullo scacchiere internazionale dal momento che la Lega continua ad avere una posizione decisamente più ambigua sulla Russia.

Alle frizioni interne al campo della destra fanno da semplici spettatori (almeno ufficialmente) le opposizioni parlamentari, con scambi di accuse reciproche su chi sia ad essere andato in soccorso della destra: i soli senatori del terzo polo non bastavano per l’elezione di La Russa (Calenda e Renzi ne contano 9 al Senato) e sul banco degli imputati sono finiti anche eventuali franchi tiratori nel Movimento 5 Stelle e nella componente franceschiniana del Partito democratico. Voci, scambi di accuse che rendono però evidente come, almeno nel breve periodo, non ci sarà nessuno pronto a sfruttare eventuali crisi parlamentari in seno alla maggioranza di governo più a destra della storia repubblicana.

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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